lunedì 26 ottobre 2009

Pd, Bersani è il nuovo segretario. "Siamo un partito senza padrone"


di MATTEO TONELLI


Nessun tempo supplementare. Le primarie lasciano sul campo un verdetto inequivocabile: Pierluigi Bersani è il nuovo segretario del Pd. E' lo stesso Dario Franceschini, quando non sono stati ancora diffusi i dati ufficiali, a riconoscere la vittoria dello sfidante. Una vittoria che conferma il verdetto degli iscritti ("Non sono marziani", commenta D'Alema) e che vede l'ex ministro dell'Economia assumersi la guida del più grande partito d'opposizione. Con un vantaggio in più: non essere solo il segretario degli iscritti. Ma aver saputo mietere consensi anche tra i semplici simpatizzanti del Pd.

"Farò il leader a modo mio. Sarà partito senza padroni, non di un uomo solo, ma un collettivo di protagonisti. E sarà un partito dell'alternativa". Così dice il nuovo leader a giochi fatti. Senza enfasi, come nel suo stile. Aggiungendo (e riconfermando) la sua volontà di aprire "una linea di collaborazione con tutte le opposizioni" e spendendo parole di unità sul futuro: "Con Dario e Ignazio lavoreremo assieme. Sono orgoglioso per i tre milioni di elettori a queste primarie".

Sono quasi le 22 quando il responsabile dell'organizzazione Miglivacca comincia a snocciolare i dati nella sede del Pd a Roma. Lo fa con cautela, sottolineando come l'affluenza, sopra le previsioni, abbia rallentato la macchina organizzativa. I numeri, però, non lasciano spazio al dubbio. E' stato un successo: "Hanno votato più di 2 milioni e mezzo di persone" dice Migliavacca. Che minimizza le voci che rilanciano un calo dei votati nel Lazio, legato all'effetto Marrazzo. "Non ci risulta, anzi, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni in cui si è votato di più". Per i dati ufficiali bisognerà attendere ancora. "Ci sono ritardi, ci vediamo verso mezzanotte" taglia corto Migliavacca. Le indiscrezioni, però, si rincorrono. Come quella che parla di un buon risultato di Marino e di un Bersani sopra il 50%. Sul sito di Repubblica, i primi dati da Puglia, Emilia confermano il successo dell'ex ministro dell'Economia. E dal suo quartier generale arriva la conferma: "Siano ampiamente sopra il 50%".

Una tendenza che, con il passare dei minuti, diventa certezza. Niente assemblea e niente ballottaggio. Il responso delle primarie basta per decidere che guiderà il Pd. Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani attende le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta, Rosy Bindi. E quando i dati chiudono la partita, si lascia andare ad un brindisi, affidando a twitter la sua soddisfazione: "E' la vittoria di tutti, anche la mia".

Si apre così lo scenario previsto dai più. Quello di un Pd guidato dall'ex ministro dell'Economia che punti ad un partito "popolare", fortemente radicato sul territorio, che coltivi una politica delle alleanze e metta nel dimenticatoio la vocazione maggioritaria di veltroniana memoria. E' una sfida non facile quella che si apre davanti al nuovo leader del Pd. Quella di dare identità ad un partito che, negli ultimi mesi, è sembrato smarrirla più volte. Un partito che potrebbe perdere pezzi, a partire dai teocon che non hanno fatto mistero di non voler stare in una formazione "socialdemocratica". Potrebbero fare le valigie la Binetti, Fioroni, lo stesso Rutelli. Uscite eventuali che, però, non sembrano levare il sonno al neosegretario.

A Bersani, che può contare sul sostegno di un Massimo D'Alema che continua a pesare moltissimo negli equlibri interni del partito, toccherà trovare la strada per creare un'alternativa credibile a Berlusconi. Facendo un'opposizione che, come ricorda D'Alema, "non si limiti all'antiberlusconismo". Creando un partito "dell'alternativa più che dell'opposizione"

La prima sfida, per Bersani, saranno le Regionali di marzo. Banco di prova per testare quando, quella "ditta" (così il neosegretario definisce bonariamente il partito), avrà messo radici in una società che il riformismo emiliano di Bersani si prefigge di cambiare.

(25 ottobre 2009)

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