martedì 24 novembre 2009

Berlusconi tentato dal messaggio tv



di LIANA MILELLA


Vuole imitare lo Scalfaro del 3 novembre 1993, quello dell'"io non ci sto". E si augura pure che l'effetto sia lo stesso. Parlare al popolo a reti unificate contro le toghe che lo perseguitano. L'ex presidente della Repubblica ce l'aveva con gli "spioni" del Sisde che tentavano di infangarlo, il Cavaliere vuole scatenarsi contro i pm di Firenze, Caltanissetta e Palermo qualora questi "abbiamo il coraggio" di spedirgli un avviso di garanzia per mafia. A quel punto Berlusconi, per evitare le elezioni anticipate, pensa di giocare la carta del consenso. Su questo, ormai, ragiona da giorni, con un occhio ossessivo al calendario dove è cerchiata la data del 4 dicembre, quando il pentito Gaspare Spatuzza deporrà nel processo Dell'Utri a Palermo.

Le sorti parlamentari del processo breve e quella che lui considera "l'aggressione delle procure" s'intrecciano. Prima di partire per l'ultimo viaggio nella penisola arabica ha continuato a dire ai suoi: "Questa volta non farò come nel '94, non mi farò disarcionare. Lotterò fino all'ultimo per rimanere al mio posto". La strategia mediatica gli pare l'arma migliore. Anche se Gianni Letta, in veste di colomba, non è convinto e lo frena. Tant'è che ieri, subito dopo la sortita di Berlusconi, è arrivata una smentita da palazzo Chigi ("Interventi del premier? Solo illazioni"). Un modo per prendere tempo. Il braccio di ferro è ancora in corso.
La strada alternativa - un discorso di fronte al Parlamento per rivendicare, al contempo, la sua completa estraneità dai fatti che gli addebiterebbero e la necessità di approvare subito non solo il processo breve, ma anche una norma chiarimento sulla prescrizione - non lo convince fino in fondo. Ci ha pensato e ripensato, ma ne vede tutti i possibili rischi. Il principale è quello di ottenere sì un palcoscenico, ma al prezzo di garantirlo anche all'opposizione. Già s'immagina la performance di Di Pietro, per non parlare di quella di Bersani. Alla fine, ragiona, "per via dei giornali in mano alla sinistra, finirebbero per avere loro la meglio e io risulterei oscurato".

Dunque il messaggio in tv è la strada che lo convince. Lì Berlusconi, come fece nella lettera al presidente Schifani del giugno 2008 per rivendicare l'opportunità della norma blocca processi ("perché i magistrati comunisti mi perseguitano"), spiegherebbe alla gente che la legge sul processo breve serve a tutti i cittadini vittime dei tempi lunghi della giustizia ed è indispensabile per un premier privato, "da una Consulta piena di comunisti", dello scudo per adempiere al mandato che gli elettori gli hanno affidato. "All'emergenza bisogna rispondere con l'emergenza" continua a ripetete anche a chi cerca in tutti i modi di frenarlo.

Il presidente del Consiglio teme Napolitano. E ieri si è adombrato subito quando ha saputo i risultati del colloquio tra il capo dello Stato e il presidente del Senato Schifani. Lo ha messo in allarme un puntuale riferimento del Colle alla legge sul processo breve. Su cui Napolitano ha detto a Schifani: "Mi riservo di valutarlo alla fine del suo percorso in Parlamento". Una frase che suona alle orecchie del Cavaliere come un campanello d'allarme: Napolitano potrebbe non firmare il testo e rinviarlo alle Camere e i tempi si allungherebbero.

Ecco perché, tra i tecnici del Pdl, prende piede un'altra leggina salva premier, proprio cucita addosso al processo Mills. Una norma interpretativa per chiarire una volta per tutte il sistema per datare il reato e da cui, quindi, comincia a decorrere la prescrizione. Per intenderci: nel processo Mills la data non sarebbe più quella in cui l'avvocato londinese si rende conto dei soldi che gli ha versato il premier e li utilizza (2000), ma quella in cui il denaro stesso viene versato (1999). Uno spostamento che, con una norma più favorevole, farebbe morire subito il dibattimento milanese. I giudici non potrebbero che dire: "Il reato è prescritto". Della norma si parla da tempo, doveva finire nel ddl sul processo penale, poi hanno pensato di metterla nel processo breve, adesso hanno deciso che deve avere vita autonoma per evitare che finisca anche lei "vittima" delle (eventuali) incostituzionalità del processo breve e della (possibile) mannaia del Colle.

(24 novembre 2009)

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