Se Silvio Berlusconi pensa di vincere facilmente la guerra con Sky, sta sottovalutando la squadra di Rupert Murdoch. L’ultima mossa della televisione satellitare, oltre ad avere obiettivi commerciali, si annuncia politicamente fastidiosa: Sky ha lanciato una campagna per chiedere un confronto televisivo tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che si è già detto disponibile, e Berlusconi. L’idea è del direttore di Sky Tg24, Emilio Carelli, ma è stata caldeggiata anche dall’amministratore delegato Tom Mockridge. Negli spot che passano in questi giorni si chiede ai leader di confrontarsi su lavoro, economia e sicurezza. Scorrono le immagini dei grandi duelli televisivi che in tutti i paesi europei e negli Stati Uniti sono abituali, come dire: se davvero si vuole una politica che parli di politica (e non di “gossip”), ecco il microfono. Berlusconi, che non ama i dibattiti su cui può esercitare poco controllo, non gradirà l’offerta. Tanto più se si pensa che dall’ultimo confronto con Romano Prodi, a “Matrix” di Enrico Mentana, era uscito sconfitto.
L’iniziativa, che ha un evidente risvolto politico, in azienda viene motivata anche con logiche commerciali: in Italia manca l’offerta di questo tipo di dibattiti e Sky ne approfitta.
L’idea è di creare un evento mediatico e far salire gli ascolti. La tecnica è la stessa sin dall’inizio: manca un telegiornale fuori dall’influenza della politica? Nasce Sky Tg24. Non perché a Murdoch interessi l’imparzialità (la sua Fox americana è considerata il più fazioso dei canali), ma perché in Italia non c’è nessun altro che la offra. Questo, in termini di abbonamenti, premia. E Sky, oggi, ne ha bisogno. Perché da quando è cominciata quella che anche Pier Silvio Berlusconi, numero due di Mediaset, ha definito “quasi una guerra”, gli abbonamenti sul satellite, che prima erano in crescita stabile, si sono bloccati a quota 4 milioni e 800 mila. A beneficiarne, soprattutto, è Mediaset, che offre sul mercato la principale alternativa alla tv satellitare, cioè le carte prepagate Premium. Ma Sky conta di chiudere il 2010 raggiungendo i 5 milioni di abbonati, grazie alle Olimpiadi invernali e ai Mondiali di calcio che si è assicurato in esclusiva.
Tutto è cominciato nel novembre di un anno fa, quando il governo, adeguandosi alla normativa europea, ha deciso il raddoppio dell’Iva sugli abbonamenti alla pay tv dal 10 al 20 per cento. Da quel giorno, dicono a Sky, “abbiamo indossato l’elmetto”. E la guerra, infatti, è continuata: Mediaset si è rifiutata di trasmettere gli spot Sky comportandosi, secondo la pronuncia (del 26 ottobre) della prima sezione civile del tribunale di Milano, in maniera anticoncorrenziale. Poi c’è il problema strutturale dell’Auditel, su cui si è duramente espresso, sei mesi fa, Mockridge, denunciando che il termometro degli ascolti è un monopolista in mano ai suoi concorrenti: “Per garantire al mercato un arbitro affidabile è fondamentale che tutte le emittenti insieme scendano sotto il 50 per cento di Auditel”, mentre ora ne controllano i due terzi. In base agli ascolti, vengono investiti ogni anno miliardi di euro in pubblicità, ma la rilevazione dello share è gestita da chi vende spazi pubblicitari e non dagli inserzionisti che li comprano, cioè i soggetti più interessati all’accuratezza della misurazione. Se quello sull’Auditel è un conflitto latente, la battaglia sul digitale terrestre è in pieno svolgimento: ora Mediaset può veramente competere col satellite, mettendo a disposizione un’ampia offerta di canali mirati sugli interessi del singolo spettatore, cosa che prima riusciva a fare solo Sky. Subito è arrivata la risposta del gruppo di Murdoch, la digital key: una chiavetta Usb che permetterà di vedere tutti i canali non a pagamento trasmessi sul digitale terrestre usando il decoder Sky. Controffensiva di Fedele Confalonieri, presidente Mediaset: un esposto all’Antitrust per bloccarla.
Tutto è cominciato nel novembre di un anno fa, quando il governo, adeguandosi alla normativa europea, ha deciso il raddoppio dell’Iva sugli abbonamenti alla pay tv dal 10 al 20 per cento. Da quel giorno, dicono a Sky, “abbiamo indossato l’elmetto”. E la guerra, infatti, è continuata: Mediaset si è rifiutata di trasmettere gli spot Sky comportandosi, secondo la pronuncia (del 26 ottobre) della prima sezione civile del tribunale di Milano, in maniera anticoncorrenziale. Poi c’è il problema strutturale dell’Auditel, su cui si è duramente espresso, sei mesi fa, Mockridge, denunciando che il termometro degli ascolti è un monopolista in mano ai suoi concorrenti: “Per garantire al mercato un arbitro affidabile è fondamentale che tutte le emittenti insieme scendano sotto il 50 per cento di Auditel”, mentre ora ne controllano i due terzi. In base agli ascolti, vengono investiti ogni anno miliardi di euro in pubblicità, ma la rilevazione dello share è gestita da chi vende spazi pubblicitari e non dagli inserzionisti che li comprano, cioè i soggetti più interessati all’accuratezza della misurazione. Se quello sull’Auditel è un conflitto latente, la battaglia sul digitale terrestre è in pieno svolgimento: ora Mediaset può veramente competere col satellite, mettendo a disposizione un’ampia offerta di canali mirati sugli interessi del singolo spettatore, cosa che prima riusciva a fare solo Sky. Subito è arrivata la risposta del gruppo di Murdoch, la digital key: una chiavetta Usb che permetterà di vedere tutti i canali non a pagamento trasmessi sul digitale terrestre usando il decoder Sky. Controffensiva di Fedele Confalonieri, presidente Mediaset: un esposto all’Antitrust per bloccarla.
Mediaset, come la Rai, ha cominciato da mesi a criptare i suoi programmi sul satellite in vista del passaggio a Tivù-Sat (piattaforma satellitare alternativa dei canali generalisti), più per spingere gli abbonati Sky a lasciare il satellite che per ragioni strettamente economiche. I fedelissimi di Murdoch parlano di una “concorrenza sleale che non ha pari all’estero”, di un “nemico comune composto dal governo, da Mediaset e dalla Rai” che il gruppo australiano è intenzionato a fronteggiare. Anche se ufficialmente James Murdoch e Pier Silvio Berlusconi comunicano solo a cannonate, proseguono sottobanco le trattative nell’ufficio del vero “ministro dei media italiani”, come è chiamato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Sky, infatti, è pronto a mediare e a chiudere le ostilità. Ma non certo a cedere per primo.
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