venerdì 27 novembre 2009

Dietro la Standa spuntano i Graviano


Palermo, tre sedi facevano capo ai boss. “Sostenevano Forza Italia”
di Peter Gomez

Il problema è la Standa. I grandi magazzini che dal finire degli anni ‘80 e sino al 1995 sono stati di proprietà di Silvio Berlusconi. Una parte importante delle indagini sui mandanti occulti delle stragi e sulla seconda trattativa tra Stato e mafia passa infatti attraverso la storia delle sedi palermitane dei megastore targati Fininvest. Mentre a Firenze il gip Anna Favi ha detto sì alla riapertura della vecchio fascicolo, archiviato nel ‘98, in cui Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri erano stati indagati per concorso negli attentati ai monumenti della primavera estate ‘93, gli investigatori vanno a caccia d’indizi per capire come è nato il presunto rapporto tra il premier, il suo braccio destro Dell’Utri, e i boss di Brancaccio, Filippo e Giuseppe Graviano. Gaspare Spatuzza, il superpentito che ha parlato di una sorta di patto politico siglato intorno al Natale del ‘93 dai due capimafia con i vertici della nascente Forza Italia, non lo sa. Spatuzza sa invece che a Palermo, nei primissimi anni Novanta, furono aperte tre sedi Standa in immobili controllati dalla famiglia di Gaspare Finocchio: un costruttore multimiliardario, considerato un prestanome dei Graviano, e già arrestato nel 1985 dal giudice Giovanni Falcone, ma poi assolto al termine del maxi-processo. Dice Spatuzza: “Ricordo che le Standa aperte in quel periodo erano tre e che facevano tutte capo a Michele Finocchio (il figlio di Gaspare ndr) o alla sua famiglia. Michele era una persona vicinissima ai Graviano, così come lo era stato suo padre Gaspare, molto legato a Michele Graviano, il genitore di Filippo e Giuseppe. Di queste tre Standa una è a Brancaccio, in via Azzolino Hazon, una in via Duca della Verdura, mentre la terza è in corso Calatafimi, che mi pare far parte, così come la seconda, del mandamento mafioso di Porta Nuova”. Il particolare, per chi conosce le cose di Cosa Nostra, è tutt’altro che secondario.
Stando alla sentenza di condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa contro Marcello Dell’Utri, chi solitamente si occupava di trovare i locali dove piazzare le nuove sedi dei grandi magazzini Fininvest a Palermo era proprio l’ex manager di Publitalia. Nella sua agenda ci sono molti appunti riguardanti edifici a volte proposti da altri personaggi ritenuti vicini a Graviano. Alcuni collaboratori di giustizia, considerati attendibili dal tribunale, hanno poi spiegato che nel caso dei Molini Virga (un grande opificio che sembrava essere destinato ad ospitare una Standa-Euromercato) era stato Giuseppe Graviano in persona a seguire le procedure d’acquisto da parte della famiglia di costruttori, poi condannati per fatti di mafia: i Piazza-Zummo. Adesso spuntano invece i Finocchio, di nuovo arrestati nel 2003 perché ritenuti teste di legno di Cosa Nostra e delle famiglie mafiose di Brancaccio e Roccella.
Insomma agli investigatori pare sempre più credibile che davvero gli affari palermitani della Standa venissero mediati dai Graviano. E che il legame poi sfociato, secondo Spatuzza, nell’accordo politico, sia nato nell’ambito di quel rapporto. In una relazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) di Milano inviata alla procura di Firenze nel 1996 e depositata ieri al processo contro Dell’Utri, si parla di una fonte confidenziale (un indagato per mafia) che “nella primavera del ‘92 o del ‘93 aveva accompagnato Giuseppe e Filippo Graviano al ristorante “L’Assassino” di Milano, dove i due avrebbero dovuto incontrare Dell’Utri”. La fonte, che non ha però assistito all’incontro, ricorda anche di una o due conversazioni telefoniche tra Giuseppe Graviano e l’attuale senatore. Telefonate fatte da casa dell’informatore tra il ‘91 e il ‘92 in cui si parlava di affari immobiliari in Lombardia e in Sardegna. Ovvero d’investimenti nelle due regioni dove i fratelli terribili hanno trascorso la loro latitanza durante i mesi delle stragi. Dell’Utri anzi, secondo la fonte, avrebbe ricevuto molti capitali dai Graviano attraverso un parente dell’eurodepuato Dc, Salvo Lima (ucciso nel ‘92). Mentre i boss di Brancaccio sarebbero stati interessati “a finanziare il nascente movimento politico Forza Italia che avrebbe dovuto garantire gli interessi dei boss al posto della Dc”.
Gli informatori, ovviamente, non hanno valore di prova, ma le dichiarazioni della fonte sono molto simili nella parte riguardante i finanziamenti politici) a quelle fatte da un amico di Dell’Utri: il finanziere siciliano Filippo Alberto Rapisarda, fondatore a Milano di uno dei primi club di Forza Italia. Se tutto questo è vero resta un dato. I Graviano e i vertici Finivesti dialogavano già prima dell’inizio della campagna stragista. E così le parole del pentito Spatuzza diventano davvero inquietanti. Dice il collaboratore: “Io penso che chi stava gestendo la trattativa aveva bisogno di accreditarsi come la persona che poteva mettere fine alle stragi. (Insomma) prima ti faccio fare le stragi e poi vado a cercare l’interlocutore per dire ‘vedi che ho la possibilità di far finire tutto’”. Quella di Spatuzza è solo una deduzione, ma fa lo stesso paura.

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