mercoledì 25 novembre 2009

Chi vende e chi guida


24/11/2009


La deprimente guerra delle cifre, neanche fosse una manifestazione a San Giovanni, su quanti processi salterebbero in caso di approvazione del progettino (una paginetta scarsa) messo su per evitare al premier di andare in tribunale vede in modo irreversibile su fronti opposti quello che dovrebbe essere il supremo rappresentante del buon funzionamento della Giustizia, un ministro di questo incaricato in nome del popolo, e migliaia di pubblici dipendenti che ogni giorno alla macchina della giustizia lavorano. Lo scontro fra i magistrati e il "loro" ministro è di per se un non senso da crisi di sistema: come può funzionare un'azienda dove chi lavora va in una direzione e chi dirige il lavoro nella direzione opposta? Naturalmente non succede niente, in Italia, normale dialettica.

Alfano dice che salta un processo su cento, il Consiglio superiore da dieci a quaranta, dipende dai casi. L'Associazione magistrati dice cinquanta su cento. Anche fossero solo tre o quattromila: mettetevi nei panni di quelli che aspettano giustizia. E comunque. Fra chi deve vendervi una macchina e chi ogni giorno la guida di chi vi fidereste, per sapere come va? Alfano deve vendere il suo processo breve. Meno facile del previsto. Al no, dall'opposizione, di Bersani si aggiunge ora quello di Fini: un no di governo. In un paese normale anche questo sarebbe motivo di crisi: il principale alleato di Berlusconi, con lui di recente confluito in un partito unico, anziché sottoscrivere il compitino scritto da Ghedini - la toppa alla bocciatura del lodo Alfano, da mesi l'attività di governo è paralizzata qui - dice che «quella non è una riforma», non va bene, «meglio la bozza Violante». Dire «ripartiamo dalla proposta Violante» suona più o meno come un insulto ma non è detto che non ci sia margine, invece. Gli sherpa della trattativa sono al lavoro, meglio una legge condivisa che una imposta - dicono. Anche Armando Spataro ci aveva detto: è difficile discutere con chi dice «parliamone, poi se non si trova l'accordo si fa come diciamo noi». Ecco, il no di Fini toglie a Berlusconi la possibilità di «fare da solo», almeno in teoria, e ancora in teoria apre la possibilità di discutere senza che si sappia come andrà a finire. Che poi la trattativa non ricada in antichi errori, che non sia uno specchio per le allodole, che non nasconda altra merce di scambio e se la nasconde che sia respinta: di tutto questo chi si dovesse sedere al tavolo dovrà occuparsi, gli altri vigilare.

Intanto altre cose accadono. Come amplissimamente previsto Casini e Rutelli hanno annunciato, Vespa officiante, il loro prossimo matrimonio: un partito di Centro che punta al 15 per cento. Bersani ha varato la segreteria del Pd, età media quarant'anni, una squadra di «giovani di esperienza»: primo impegno pubblico le imminenti manifestazioni di dicembre. Crescono in rete gli appelli e le raccolte di firme, cresce l'attesa per la piazza. Anche i poeti si mobilitano, racconta Pietro Spataro: «poesia civile». Tutto questo mentre gli operai continuano a salire sulle gru per farsi sentire, scrivono al Gabibbo. Stasera un concerto fuori dalla Eutelia. Un attimo, ragazzi. Lasciate che il governo chiuda la partita sui processi del premier poi di certo si volta, si accorge che ci siete e sistema tutto.

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