Sin dagli anni 70 il CSM si è auto-attribuito la competenza di esprimere formali, pubbliche censure nei confronti di uomini politici che esprimono valutazioni fortemente irriguardose su decisioni e attività giudiziarie dei magistrati. Diversi sono stati gli orientamenti dei Presidenti del CSM (e della Repubblica) nel valutare tali iniziative. Francesco Cossiga le riteneva illegittime ed impedì che il CSM censurasse il Presidente del Consiglio che aveva espresso aspre critiche sull’operato di un magistrato. I suoi successori, Scalfaro e Ciampi, non hanno mai apertamente sollevato obiezioni a che quelle censure fossero discusse e deliberate. Il Presidente Napolitano, con l’evidente intento di limitare l’uso di quelle censure, si è fatto esplicito portatore della “esigenza di farne responsabile e prudente uso”. Ha quindi preteso che se ne disciplinasse l’uso limitandole ai soli casi “..di attacchi così denigratori da mettere in dubbio l’imparziale esercizio della funzione giudiziaria e da far ritenere la sua soggezione a gravi condizionamenti”, ed escludendo rigorosamente i casi in cui si tratta di “garantire la reputazione” dei singoli magistrati, poiché in tali casi essi -come ogni altro cittadino- possono rivalersi di propria iniziativa. Solo dopo la introduzione nel regolamento del CSM di una norma che disciplina la materia seguendo gli indirizzi da lui indicati, il presidente Napoletano ha quindi autorizzato la discussione di ben sette pratiche da tempo pendenti, il che è avvenuto giovedì scorso con l’adozione di sette censure nei confronti di uomini politici. In più delibere sono stati censurati Il Presidente Emerito della Repubblica Cossiga ed il Presidente del Consiglio Berlusconi; sono stati censurati anche l’ex Ministro della Giustizia Castelli, l’On La Loggia e persino un magistrato parlamentare, l’On Mantovano.
Di queste censure i giornali hanno dato puntuale notizia senza tuttavia notare che la discussione avvenuta in Consiglio sull’uso dei nuovi criteri non offre di per sé garanzie di un uso futuro di quell’istituto che si conformi ai criteri di rigore e moderazione auspicate dal Presidente Napolitano. Basti a riguardo ricordare gli interventi di due dei consiglieri eletti dai magistrati, Antonio Patrono (rappresentante di Magistratura Indipendente) e Livio Pepino (rappresentante di Magistratura Democratica). Il primo ha correttamente evidenziato, è cosa ovvia, che anche con la nuova normativa la decisione di stabilire nei singoli casi se le offese ai magistrati richiedano o meno la tutela del CSM dipenderà anche per il futuro, da un apprezzamento discrezionale del CSM. Meno ovvio e più significativo per il destino della innovazione normativa voluta dal Presidente Napolitano è stato l’intervento del consigliere Pepino. Ha ringraziato il Presidente per aver promosso l’introduzione della nuova normativa, ma ha anche voluto affermare che essa non fa altro che mettere in forma scritta i criteri di scelta e le prassi sempre seguite in materia dal CSM in passato. In altre parole il Consigliere Pepino afferma che anche in passato il CSM ha sempre espresso le sue censure nei confronti dei politici e rappresentanti delle istituzioni seguendo quei criteri di prudenza e rigore voluti dal Presidente Napolitano, e che quindi seguiterà anche per il futuro ad utilizzare gli stessi criteri che emergono dalle passate prassi.
La norma voluta dal Presidente Napolitano non presenta quindi alcuna novità? Non del tutto, anche se non si tratta di innovazioni nel senso da Lui auspicato. La nuova disciplina in materia di censure a politici ed istituzioni che “denigrano” la magistratura è tuttavia ben venuta perché riconosce formalmente al CSM, con apposita norma, quel potere di censura che sinora aveva esercitato di fatto, di sua propria iniziativa.
Si potrà dire che quanto detto nell’intervento del Consigliere Pepino non rappresenta necessariamente un orientamento maggioritario in Consiglio e che si può al massimo pensare che sia condiviso dalle correnti di sinistra (cioé dagli altri sette consiglieri di Magistratura Democratica e Movimenti Riuniti). E’ tuttavia molto improbabile che sia così per chi conosce analiticamente, come me, la storia del CSM e sa con quanto successo i magistrati siano riusciti ad ampliare i suoi poteri e a difenderli dai condizionamenti provenienti dall’esterno (anche di quelli, come più volte accaduto, provenienti dal suo Presidente). Non posso certo qui ricordare i più pertinenti esempi di quella storia. Mi limiterò quindi a segnalare che la quasi totalità delle censure emesse dal CSM nei confronti di uomini politici e rappresentanti istituzionali è avvenuta a seguito di analoghe censure già espresse dal sindacato dei magistrati, cioè dall’Associazione Nazionale Magistrati. E’ possibile immaginare che i magistrati del CSM (cioè la sua stragrande maggioranza) prenderanno le distanze, sconfessandoli, dai diffusi orientamenti censori del loro sindacato, cioè dal sindacato di cui sono i rappresentanti in Consiglio (di fatto i magistrati possono essere eletti al Consiglio solo se candidati da una delle correnti del loro sindacato)?.
Una postilla. Per chi abbia dubbi sull’ampiezza con cui il CSM interpreta il suo dovere di censura nei confronti delle istituzioni che a suo avviso minacciano l’indipendenza dei magistrati basti ricordare che a volte esso ha persino travalicato i confini nazionali. Nella seduta del CSM del 23 febbraio 2006 vennero infatti espresse severe critiche al Parlamento francese per aver violato i principi di indipendenza e di divisione dei poteri in quanto aveva convocato ed interrogato un giudice istruttore con riferimento ad un caso giudiziario in cui 13 cittadini innocenti erano stati ingiustamente incarcerati per una falsa accusa di pedofilia.
Giuseppe Di Federico
www.difederico-giustizia.it
Si potrà dire che quanto detto nell’intervento del Consigliere Pepino non rappresenta necessariamente un orientamento maggioritario in Consiglio e che si può al massimo pensare che sia condiviso dalle correnti di sinistra (cioé dagli altri sette consiglieri di Magistratura Democratica e Movimenti Riuniti). E’ tuttavia molto improbabile che sia così per chi conosce analiticamente, come me, la storia del CSM e sa con quanto successo i magistrati siano riusciti ad ampliare i suoi poteri e a difenderli dai condizionamenti provenienti dall’esterno (anche di quelli, come più volte accaduto, provenienti dal suo Presidente). Non posso certo qui ricordare i più pertinenti esempi di quella storia. Mi limiterò quindi a segnalare che la quasi totalità delle censure emesse dal CSM nei confronti di uomini politici e rappresentanti istituzionali è avvenuta a seguito di analoghe censure già espresse dal sindacato dei magistrati, cioè dall’Associazione Nazionale Magistrati. E’ possibile immaginare che i magistrati del CSM (cioè la sua stragrande maggioranza) prenderanno le distanze, sconfessandoli, dai diffusi orientamenti censori del loro sindacato, cioè dal sindacato di cui sono i rappresentanti in Consiglio (di fatto i magistrati possono essere eletti al Consiglio solo se candidati da una delle correnti del loro sindacato)?.
Una postilla. Per chi abbia dubbi sull’ampiezza con cui il CSM interpreta il suo dovere di censura nei confronti delle istituzioni che a suo avviso minacciano l’indipendenza dei magistrati basti ricordare che a volte esso ha persino travalicato i confini nazionali. Nella seduta del CSM del 23 febbraio 2006 vennero infatti espresse severe critiche al Parlamento francese per aver violato i principi di indipendenza e di divisione dei poteri in quanto aveva convocato ed interrogato un giudice istruttore con riferimento ad un caso giudiziario in cui 13 cittadini innocenti erano stati ingiustamente incarcerati per una falsa accusa di pedofilia.
Giuseppe Di Federico
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