sabato 28 novembre 2009

Cucchi, la guerra dei testimoni, nuove accuse a carabinieri e agenti

ILARIA E STEFANO CUCCHI
di MARINO BISSO e CARLO PICOZZA


"Mi hanno ammazzato di botte i carabinieri: me le hanno date tutta la notte". Lo avrebbe confidato Stefano Cucchi al suo compagno di cella, la numero 6, nella medicheria di Regina Coeli, la notte del 16 ottobre, 24 ore dopo il suo arresto. Finora è l'unica accusa agli uomini dell'Arma per il pestaggio del trentunenne arrestato e morto, dopo una settimana, con due vertebre rotte, traumi al viso e alla testa e il corpo segnato da sospette bruciature di sigaretta. Arriva dal carcere sotto forma di lettera. Tre pagine scritte a mano, in maiuscolo, da un tunisino e indirizzate al senatore Stefano Pedica che le ha consegnate ieri in Procura. Sulla morte di Cucchi calano così altre ombre ed è battaglia tra testimoni.

I magistrati, che hanno già sentito il tunisino, danno poco credito alla sua lettera. Lo scenario fin qui disegnato dalle indagini, insomma, non cambierebbe: il pestaggio si sarebbe consumato nel sotterraneo del tribunale e gli autori sarebbero i tre agenti penitenziari indagati per omicidio preterintenzionale (omicidio colposo è invece l'accusa a tre medici del reparto carcerario dell'ospedale Sandro Pertini dove Cucchi è morto denutrito e disidratato). Gli inquirenti diffidano del nuovo racconto del tunisino perché il primo era molto più vago. E poi, gli altri tre detenuti nella medicheria di Regina Coeli non hanno puntato il dito contro i carabinieri. Come il supertestimone africano la cui deposizione esce ora confermata da un albanese e due italiani che udirono le urla e il pianto di Cucchi dalle loro celle nel sotterraneo del tribunale, mentre aspettavano di essere chiamati per il processo.

Ed è stata ritrattata la dichiarazione contro i carabinieri fatta in tv da un agente carcerario. A scagionare l'Arma ci sarebbe anche la mancata segnalazione delle lesioni da parte degli agenti carcerari, all'arrivo di Cucchi in tribunale. Ma il detenuto, autore della lettera, sarà convocato di nuovo in Procura.

"Nella notte Stefano è arrivato in barella", scrive il tunisino, "faceva tanta fatica a camminare e sentiva molto freddo. Gli ho dato una coperta, tre biscotti, una sigaretta. Aveva il viso rosso-viola e gli ho chiesto: "Chi ti ha picchiato?". E lui, in romano: "Mi hanno ammazzato di botte i carabinieri"". "Nella notte", continua la lettera, "si sentivano urla forti, mi sono avvicinato a Stefano: "Sto male, ma non chiamare nessuno", mi ha detto. Era molto impaurito". La mattina dopo Cucchi si contorce ancora per i dolori: "Gli ho chiesto di nuovo: "Chi ti ha picchiato?" e lui, per due volte: "I carabinieri". Stava male, ho chiamato il medico che toccandolo e sentendolo urlare ha indicato subito l'ospedale. Lui non voleva andare ma l'ho convinto. Poi, con un altro detenuto, in arabo, ci siamo detti: non si può fare questo a una persona, Dio non lo vuole. Gesù vede tutto e quanti hanno fatto male a Stefano pagheranno sette volte. Stefano, ora stai nelle mani di Dio, sei al sicuro. Pace amico mio".

Gli accertamenti medico-legali sulla salma riesumata sembrerebbero confermare le responsabilità dei sanitari del Pertini: il blocco della vescica sarebbe compatibile con la paralisi dell'ultimo tratto della colonna e le lesioni alla schiena e alla testa, pur gravi, non sarebbero state letali se curate adeguatamente. Intanto a Regina Coeli è cominciata la protesta contro le morti in carcere.

(28 novembre 2009)

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E' doveroso notare l'affermazione che il Cucchi era molto impaurito.
Tant'è che la prima volta non ha coraggio di dire chi lo aveva picchiato.
Solo il mattino dopo ha raggranellato il coraggio per accusare, non i poliziotti penitenziari ma i carabinieri.
Se l'ho notato io, confido che i PP.MM. della Procura della Repubblica di Roma facciano una riflessione analoga.
Con questo non voglio dire che la polizia penitenziaria non picchia, ma solo che questa volta sembrerebbe non essere stata lei.

Chica ha detto...

...a me vien da pensare che l'abbian picchiato tutti..prima i carabinieri..poi la polizia penitenziaria...la ciliegina sulla torta l'han messa quei medici che han pure fatto il "giuramento da Ipocriti"!!!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Può essere Chica, ma il contesto depone a favore della autenticità della lettera del detenuto tunisino, che credo avrebbe più paura dei carabinieri in futuro che della polizia penitenziaria oggi che l'ha in custodia e che è sotto la lente d'ingrandimento della magistratura.
Ne deduco che se il tunisino ha ricevuto pressioni per dichiarare il falso, chi queste pressioni le ha esercitate deve essere cretino integrale per subornare un teste.
Se i PP.MM. affondano le domande senza che il tunisino ritratti, allora la vicenda cambia colore, dall'azzurro della polizia penitenziaria al nero dei carabinieri.
Concludo che chi è senza peccati scagli la prima pietra.