di LIANA MILELLA
Una cosa per volta. Perché due leggi ad personam contemporanee sono un'esagerazione, sono "troppo" perfino per il Cavaliere. Soprattutto per evitare il moltiplicarsi degli attacchi e per dosare bene mosse e tempi. Il calendario era questo: prima il processo breve, per fulminare i due dibattimenti milanesi del Cavaliere, Mills e Mediaset, poi il concorso esterno in associazione mafiosa per chiudere i conti in anticipo con eventuali imputazioni di quel genere. E per fare un regalo a Dell'Utri, che non ha mai goduto di una legge cucita addosso a lui, e ai Consentino, ai tanti politici e imprenditori locali cui pende addosso un'inchiesta per un simile delitto. Mai, comunque, un intervento del governo, proprio com'è avvenuto per il processo breve, ma sempre un'iniziativa di qualche deputato o senatore della maggioranza.
Quella sul concorso esterno doveva essere la carta segreta da giocare subito dopo aver chiuso la partita del processo breve. Il tam tam di una possibile incriminazione per Berlusconi e Dell'Utri ha rivoluzionato i giochi. In ogni numero il Foglio martella su quello che Giuliano Ferrara, nelle vesti dell'elefantino, ancora sabato ha definito "il reato chiacchiera". Da giorni se ne parla con insistenza tra i berluscones. Mercoledì 25 novembre Repubblica scrive che è allo studio l'ipotesi di "normare" l'imputazione di aiuto esterno alla mafia, inventata da Giovanni Falcone e usata tante volte negli ultimi 15 anni, con l'obiettivo di creare un vero e proprio reato rispetto alla costruzione giurisprudenziale di oggi. Nulla di offensivo nei confronti del governo, visto che la Cassazione nel '94 ha pronunciato la prima sentenza importante sulla questione e le riviste giuridiche traboccano di decine e decine di dotte esercitazioni in materia. Nel codice penale non esiste un articolo sul concorso esterno in associazione mafiosa. Nella maggioranza c'è chi pensa di mettercelo ma con paletti ben precisi. Tutto qui. Certo, poi bisogna vedere gli effetti sui processi in corso perché il nuovo reato, di certo più favorevole, si applica subito.
Palazzo Chigi reagisce inviperito, smentisce drasticamente che "il presidente del Consiglio" stia pensando a "modificare" la norma, che in realtà non esiste e quindi non può essere modificata. Forse temono che una simile iniziativa, anche solo ventilata, possa accelerare gli eventuali passi delle procure. Il Guardasigilli Angelino Alfano, quando gli chiedono se è vero che il governo vuole modificare il 416bis o se c'è l'intenzione di sganciare il reato di concorso (articolo 110 del codice) da quello di associazione mafiosa (416bis), nega e vanta le sue battaglie legislative contro la mafia a partire dal carcere duro, il 41 bis. Ma lo scenario non è questo, che ben può essere negato, ma tutt'altro.
È quello che, dopo l'uscita in tv di Dell'Utri, spiega Piero Longo, senatore del Pdl, avvocato di Berlusconi con Niccolò Ghedini, che a Padova condivide con lui lo studio e che gli è "padre" nel mestiere. Quindi non una voce "qualsiasi" nella maggioranza. Longo parla di due strade. La prima, quella "politica", è "l'interpretazione autentica del 416bis in cui si precisa che non è possibile il concorso esterno perché già esiste il reato di assistenza agli associati, il 418 del codice penale". La seconda strada, che Longo definisce "un ripiego", "una resa": "Si regolamenta il concorso esterno".
E questo è il compromesso che i berluscones vogliono raggiungere. L'obiettivo, come confermano a Repubblica autorevoli fonti del Pdl, è "palettare" il reato, stabilire cosa può essere concorso e cosa non può esserlo, costringendo i magistrati a muoversi in un percorso giuridico più stretto e non più passibile di ulteriori interpretazioni giuridiche che possono allargare o restringere la figura del concorso medesimo. Per usare le parole di Dell'Utri, evitare "di incriminare chiunque non sia criminale". Ma tutto questo a tempo debito. Prima il processo breve, poi il lodo Alfano in veste costituzionale, infine il concorso esterno tipizzato.
Tutto con le modalità d'intervento già rodate - le leggi ad personam non arrivano direttamente dal governo ma da singoli parlamentari - che hanno il vantaggio di consentire a palazzo Chigi di smentire quello che in realtà, nel frattempo, viene fatto. È il caso della prescrizione: mentre Alfano la smentiva, Ghedini la studiava, ed ecco saltar fuori la prescrizione del processo. Per lo scudo congela processi e per il concorso esterno non sarà il governo a muoversi ma singoli parlamentari. Tutto, a questo punto, a brevissima scadenza.
(30 novembre 2009)
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