sabato 21 novembre 2009

«Io, i Graviano e i politici»


Il pentito Ga­spare Spatuzza non ha dubbi: quando fece l’accordo politi­co con chi doveva risolvere i problemi della mafia — Sil­vio Berlusconi e Marcello Del­l’Utri, a suo dire — il boss Giuseppe Graviano li contat­tò direttamente. «Ritengo di poter escludere categorica­mente — spiega l’ex uomo d’onore —, conoscendoli as­sai bene, che i Graviano si sia­no mossi nei confronti di Ber­lusconi e Dell’Utri attraverso altre persone. Non prendo in considerazione la possibilità che Graviano abbia stretto un patto politico con costoro senza averne personalmente parlato». Che avevano chiuso l’accor­do, ha raccontato Spatuzza, glielo spiegò lo stesso Giusep­pe Graviano, facendogli i no­mi dell’attuale capo del gover­no e del suo principale colla­boratore in Sicilia. Ma quan­do un pm gli chiede se Gravia­no potesse essere arrivato a quei due «attraverso un’altra persona, senza conoscere lo­ro », Spatuzza reagisce deciso: «No, no! Non esiste! Non trat­tano con le mezze carte. Han­no avuto sempre nella vita i contatti diretti». E parlando­gli di Dell’Utri come «un pae­sano », il capomafia intende­va «qualcosa di più di Berlu­sconi... Paesano lo posso con­siderare come una persona vi­cinissima a noi».

Nell’interrogatorio reso ai magistrati di Firenze che in­dagano sulle stragi mafiose del 1993, depositato ieri al processo d’appello contro il senatore del Pdl Marcello Del­l’Utri (condannato in primo grado a 9 anni di carcere per concorso in associazione ma­fiosa) il neo-pentito Spatuz­za, che deporrà in aula il 4 di­cembre, spiega che lui con i Graviano e gli altri boss parla­va «a mezze frasi», ma poi precisa: «Sono le abitudini di Cosa nostra, nella quale con le mezze frasi si fanno i palaz­zi ». E aggiunge la «deduzio­ne », come la definisce lui stes­so, maturata sulla base della sua «disgraziata esperienza», che Berlusconi e Dell’Utri, «in un un primo momento han­no fatto fare le stragi a Cosa nostra, e poi si volevano ac­creditare all’esterno come co­loro che erano stati in grado di farle cessare».

Accuse pesanti, entrate ora anche nell’indagine palermi­tana sulla presunta trattativa tra mafia e Stato nel cui ambi­to ieri è stato nuovamente in­terrogato Massimo Ciancimi­no, figlio dell’ex sindaco ma­fioso di Palermo. A Firenze in­vece, dov’è stata riaperta l’in­chiesta sulle bombe del ’93, Spatuzza è stato messo a con­fronto con i due fratelli Gra­viano, condannati all’ergasto­lo per l’omicidio di don padre Puglisi, il parroco del quartie­re palermitano Brancaccio, e per le stragi organizzate nel continente. Davanti al mag­giore, Giuseppe, il pentito s’è presentato con una lettera in cui lo invita a muovere il suo stesso passo. «Mi rendo con­to quanto sia difficile passare dalla parte dello Stato — scri­ve Spatuzza al suo ex capoma­fia — ma una volta fatto il pri­mo passo tutto diventa più bello... Si deve avere la capaci­tà di rompere questo schema terroristico mafioso che è pro­fondamente radicato nella no­stra cultura...». All’esortazio­ne Giuseppe Graviano ha ri­sposto con un secco: «Non ho niente da dire».

Ha parlato, invece, Filippo. Senza confessare nulla e anzi smentendo le accuse e i ricor­di di Spatuzza. Ma ripetendo sempre, come un ritornello: «Mi dispiace...». Quarantotto anni, laureando in Economia e commercio attraverso esa­mi sostenuti in carcere con ot­timi risultati, Filippo Gravia­no dice che lui dai politici non s’è mai aspettato nulla, né di aver mai confidato a Spatuzza che se i politici non avessero rispettato le promes­se fatte a Cosa nostra si pote­va cominciare a parlare coi magistrati. Ma ad ogni occa­sione il giovane Graviano ri­badisce al suo ex amico frater­no: «Mi dispiace dovermi tro­vare in contraddizione con te. Io non ho motivo di con­traddire quello che tu hai det­to ». Atteggiamento insolito per un mafioso davanti a un pentito, solitamente oggetto di contumelie e controaccuse di «infamità». Niente di tutto questo, anzi: «Ti auguro tutto il bene del mondo, non ho niente contro le tue scelte. So­no contento che tu abbia ri­trovato la pace interiore».

Nel faccia a faccia Spatuzza mostra a Graviano jr la famo­sa foto del bambino ebreo al cospetto dei nazisti. «Te l’ho fatta vedere nel 2000», gli ri­corda: «Rappresenta padre Puglisi, Giuseppe di Matteo (il figlio del pentito sciolto nell’acido, ndr )... tutte le vitti­me che abbiamo fatto». Filip­po Graviano nega: «Non ricor­do di averla mai vista». Ma ancora una volta, rivolto al pentito: «Non ho nulla con­tro di te, né contro la tua col­laborazione ».

Giovanni Bianconi
21 novembre 2009

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