Stop ai «comportamenti anarchici» della magistratura. Lo sottolinea la Cassazione nell'occuparsi del ricorso di un pm che aveva ricevuto la sanzione dell'ammonimento del Csm per aver trattato il caso di un minore con «negligenza grave e inescusabile».
Prendendo spunto da questo caso, i giudici delle Sezioni unite civili hanno messo in chiaro che «l'interpretazione delle norme non può costituire un alibi» da parte delle toghe «per tenere comportamenti anarchici». In altri termini, sottolineano gli ermellini, «il magistrato è libero di interpretare le norme di diritto, ma deve farlo nel rispetto dei ruoli e dell'organizzazione dell'ufficio di appartenenza, oltre che delle più elementari regole di procedura, che servono a garantire una gestione trasparente del ruolo di ciascuno senza invasioni di campo».
Nel dettaglio, la suprema Corte (sentenza 23668) ha confermato la sanzione disciplinare dell'ammonimento inflitta nel febbraio scorso dal Csm a un sostituto procuratore del Tribunale dei minorenni di Roma, R.T. per avere violato «il dovere di esercitare le fuzioni con imparzialità, diligenza ed equilibrio nel rispetto della dignità delle persone», in relazione ad una serie di episodi che si erano verificati tra la fine del 2006 e la fine del 2007.
In particolare, il pm è stato incolpato «di avere adottato, nel giorno di Natale del 2006, un provvedimento abnorme con il quale ordinava ai carabinieri del pronto intervento di recarsi immediatamente presso l'abitazione della madre di due minorenni di 11 e 10 anni, e di prelevare forzosamente gli stessi consegnandoli al padre». Una iniziativa che, come ricostruisce piazza Cavour, è stata assunta «al di fuori di qualsiasi potere attribuito dalla legge al pm e nonostante la pendenza presso il Tribunale per i minorenni di un regolare procedimento nel corso del quale il giudice aveva disposto l'affidamento dei minori al servizio sociale».
Insomma, nel respingere il ricorso del pm la Cassazione ha concluso che il magistrato «è intervenuto illegittimamente, trasferendo manu militari i minori da un genitore all'altro» con un comportamento "anarchico".
Prendendo spunto da questo caso, i giudici delle Sezioni unite civili hanno messo in chiaro che «l'interpretazione delle norme non può costituire un alibi» da parte delle toghe «per tenere comportamenti anarchici». In altri termini, sottolineano gli ermellini, «il magistrato è libero di interpretare le norme di diritto, ma deve farlo nel rispetto dei ruoli e dell'organizzazione dell'ufficio di appartenenza, oltre che delle più elementari regole di procedura, che servono a garantire una gestione trasparente del ruolo di ciascuno senza invasioni di campo».
Nel dettaglio, la suprema Corte (sentenza 23668) ha confermato la sanzione disciplinare dell'ammonimento inflitta nel febbraio scorso dal Csm a un sostituto procuratore del Tribunale dei minorenni di Roma, R.T. per avere violato «il dovere di esercitare le fuzioni con imparzialità, diligenza ed equilibrio nel rispetto della dignità delle persone», in relazione ad una serie di episodi che si erano verificati tra la fine del 2006 e la fine del 2007.
In particolare, il pm è stato incolpato «di avere adottato, nel giorno di Natale del 2006, un provvedimento abnorme con il quale ordinava ai carabinieri del pronto intervento di recarsi immediatamente presso l'abitazione della madre di due minorenni di 11 e 10 anni, e di prelevare forzosamente gli stessi consegnandoli al padre». Una iniziativa che, come ricostruisce piazza Cavour, è stata assunta «al di fuori di qualsiasi potere attribuito dalla legge al pm e nonostante la pendenza presso il Tribunale per i minorenni di un regolare procedimento nel corso del quale il giudice aveva disposto l'affidamento dei minori al servizio sociale».
Insomma, nel respingere il ricorso del pm la Cassazione ha concluso che il magistrato «è intervenuto illegittimamente, trasferendo manu militari i minori da un genitore all'altro» con un comportamento "anarchico".
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