giovedì 19 novembre 2009

LA FUGA DEI PM: IL FRUTTO AVVELENATO DI CASTELLI & MASTELLA


di Eleonora Bujatti


Per comprendere la truffa del “processo breve”, e per smentire i luoghi comuni sulla giustizia lenta e sulle montagne di prescrizioni a causa dei giudici “fannulloni”, basta raccontare gli effetti semisconosciuti dell’ultima cosiddetta “riforma della giustizia”. Prendiamo ad esempio l’articolo 13 comma 2 del decreto legislativo n. 160/2006, la riforma dell’Ordinamento promulgata quando Mastella era Guardasigilli, scopiazzando quella lasciata in eredità dal predecessore Roberto Castelli. È l’articolo che impedisce ai magistrati di prima nomina di fare i pm, consentendo ai neovincitori del concorso di chiedere il passaggio da funzione giudicante a requirente non prima di due anni di attività e attraverso complesse procedure. Conseguenza: gli organici degli uffici giudiziari requirenti si andranno azzerando, e presto non ci sarà più un numero di posti giudicanti pari a quello dei magistrati da collocare.
Ecco cosa sta succedendo.
Nell’ultimo concorso bandito per la copertura di 197 posti in 96 procure – dati diffusi martedì dal Csm – ben 112 (oltre il 60%) sono rimasti vacanti.
Con situazioni molto critiche soprattutto al sud. Perché? Forse perché quello del pubblico ministero è un lavoro troppo difficile? E l’attività di chi giudica non è forse altrettanto importante? E allora perché, sotto il bel viso di una riforma che tutela i giovani, c’è un cattivo gioco che fa sì che al Sud i posti negli uffici requirenti siano gravemente vacanti? Non si poteva immaginare che, lasciando le procure scoperte, si sarebbero legittimati i reati e favorite le mafie?
La copertura dei posti vacanti è stata per anni risolta dagli uditori, con l’ulteriore vantaggio che i giovani erano pieni di entusiasmo ed energia e i più esperti potevano occuparsi delle investigazioni più complesse.
Era proprio necessario mettere mano a un sistema che funzionava?
La preoccupazione se l’è posta il nuovo governo, rispondendo con un decreto legge, il 143/2008, che è la più classica delle pezze peggiori del buco. Si prevedono infatti per le sedi disagiate e le sedi a copertura necessaria con oltre il 20% di scopertura di organico, degli incentivi di tipo economico e di carriera, che dovrebbero spingere i magistrati a chiedere il trasferimento.
Il problema naturalmente non si è risolto: pochi fanno richiesta, quelli che la fanno dopo due anni hanno diritto a spostarsi nuovamente, e i flussi di mobilità sono in questo senso molto eloquenti nel prevedere a breve il totale sfascio delle procure. Insomma, non si fa altro che tirare da nord a sud una coperta troppo corta.
Grazie alla riforma di verticizzazione delle procure, infatti, i pm sono già stati resi meno indipendenti. Per non parlare della cancellazione di qualche parola in due articoli del C.p.p. al vaglio del Parlamento, che, nel silenzio delle piazze, sancirebbe l’immediata sottrazione al pm del potere di acquisizione delle notizie di reato e del controllo diretto della polizia giudiziaria, per legarli direttamente all’esecutivo.
Inoltre lo Stato spende 1 milione di euro in più all’anno, le sedi rimangono vacanti, i fascicoli continuano ad accumularsi.
Non è che continuando a unire i puntini apparirà un’indispensabile separazione delle carriere con nomine di pm “graditi”?

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