mercoledì 25 novembre 2009

Le prime collisioni, finalmente


Davanti agli oc­chi degli scienziati del Cern ci so­no finalmente le tanto attese pri­me collisioni fra le nuvole di pro­toni che corrono nel superaccele­ratore Lhc. Dopo la sua accensio­ne venerdì notte, il passo fatidi­co era proprio questo: scontrare i due fasci di particelle che corro­no in direzione contraria per ge­nerare qualcosa di nuovo e di di­verso. I quattro esprimenti intor­no all'anello sotterraneo hanno registrato gli «eventi» come li chiamano i ricercatori, a partire dalle 14.22, prima nei rivelatori di Atlas, poi di Cms e quindi di Alice e Lhcb. Così inizia la storia della più potente macchina del mondo costruita per scoprire i primi momenti, le prime frazioni di secondo, dopo il Big Bang da cui è nato l'Universo.

Varcando la soglia delle sale di controllo sembra di entrare in uno straordinario, gigantesco vi­deogioco e quasi ci si sente sma­terializzare. Sulle pareti, a tutta grandezza, appaiono in succes­sione animata spaccati di fanta­scientifici strumenti, linee che sa­ettano dal pavimento al soffitto, brillamenti improvvisi, cifre in continua mutazione. Al di là di una grande vetrata gli spettatori osservano ammirati ciò che suc­cede in questi silenziosi acquari di colori e numeri con gli scien­ziati chini davanti ai monitor co­me pregassero. Tutto arriva dalle viscere della Terra dove Lhc, a 100 metri di pro­fondità e ormai impenetrabile, esprime le sue iniziali capacità. «Siamo al primo passo con un'energia di mezzo Tev - dice Sergio Bertolucci, direttore della ricerca al Cern - ma gli eventi raccolti mo­strano il buon funzionamento del­la macchina: ieri volevamo far gira­re solo i due fasci in parallelo e in­vece siamo già agli scontri».

I diecimila fisici che dentro e fuori il Cern lavorano al superacce­leratore sono ora mobilitati anche se Bertolucci manda a tutti un se­gnale ripescato dalla sapienza lati­na: «Affrettiamoci con calma». I guai del passato insegnano. Dalle collisioni ottenute, ovviamente, non sono zampillate scoperte per­ché tutto ciò serve per il rodaggio dei mille marchingegni che le ge­nerano. Alla guida dei due più grandi esperimenti ci sono, tra l'al­tro, scienziati italiani dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: Fa­biola Gianotti (Atlas) e Guido To­nelli (Cms). La buona risposta del­le ultime ore promette comunque un'accelerata. «Entro novembre ­- ipotizza fiducioso Lucio Rossi re­sponsabile dell'anello supercon­duttore che lavora alla temperatu­ra di 271 gradi sotto zero - riuscire­mo ad anticipare quanto pensava­mo di completare per dicembre e cioè conquistare i 2,4 Tev. In que­sto modo supereremo la potenza del Tevatron di Chicago». Con il centro americano c'è la gara per la cattura del bosone di Higgs, la «particella di Dio», ma il loro acce­leratore non va oltre i 2 Tev. «Il passo successivo - continua Bertolucci - sarà portare l'Lhc a 7 Tev complessivi, cioè 3,5 per fa­scio, per giungere in primavera ai 10 Tev. Ma già dalle prossime set­timane gli scienziati potranno la­vorare seriamente». A quel punto rimane l'ultimo balzo fino a 14 Tev con 40 milioni di scontri al se­condo fra i protoni e un'energia mai raggiunta. I tempi esatti di­penderanno dai prossimi mesi e dalle verifiche intermedie. Lungo la salita, tuttavia, i fisici scruteran­no nel nuovo mondo delle parti­celle che loro stessi hanno creato cercando indizi della particella di Dio, della supersimmetria e di al­tre meraviglie che nemmeno loro sono riusciti ad immaginare. Una nuova fisica, forse, è alle porte. E tacciono, finalmente, i siti Inter­net che avevano preconizzato la fi­ne del mondo scatenata dai buchi neri generati dall'acceleratore.

Giovanni Caprara
23 novembre 2009

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