Quando gli hanno portato i primi lanci di agenzia, Gianfranco Fini è rimasto impassibile. Rapporti tra politica e magistratura sull’orlo di «una guerra civile». Parole grosse, eccessive, che l’ufficio stampa del Pdl ha cercato di rettificare. Ma la frittata era fatta. E’ comprensibile che il premier abbia i nervi a fior di pelle soprattutto per i boatos su presunti avvisi di garanzia in arrivo da Palermo.
Fini aveva dato ai suoi fedelissimi il via libera per votare a favore del ddl sul processo breve. «Non saremo noi a metterci di traverso». Ma quei lanci di agenzia dal conclave del Pdl riportavano altro: «Chi non è d’accordo sulle decisioni prese a maggioranza è fuori dal partito». A quel punto Fini è sbottato: «Alla faccia del Popolo della libertà...». Insomma, il solito concetto della «caserma» dove chi non è d’accordo e dissente deve essere messo alla gogna. La minoranza deve adeguarsi e in Parlamento votare quanto è stato deciso dalla maggioranza.
Fini non ci sta, in particolare se si tratta di temi che non fanno parte del programma di governo, come la cittadinanza. Proprio ieri il presidente della Camera, su richiesta del Pd, ha inserito nel calendario d’aula le norme sulla cittadinanza sulle quali da mesi la commissione Affari costituzionali sta cercando un’intesa. Bruciando le tappe, Fini ha messo il provvedimento all’ordine del giorno a prescindere dal fatto che nel frattempo la commissione avesse prodotto un testo condiviso. «Se non si arriverà ad un accordo, in aula si voteranno le diverse proposte di legge».
Questa accelerazione ha però irritato la Lega che con il capogruppo Cota ha chiesto una riunione di tutta la maggioranza. Nell’ufficio di presidenza del Pdl i finiani Urso, Bocchino e Viespoli si sono pronunciati a favore della proposta di legge bipartisan che riconosce la cittadinanza agli immigrati regolari dopo 5 anni di permanenza in Italia. Si è votato e, come ha spiegato La Russa, si è deciso di avviare il dibattito. Niente da fare invece sul voto alle amministrative agli stranieri, anche se regolari. «Non è nel nostro programma», ha tagliato corto La Russa.
Per i finiani dunque siamo al «centralismo democratico». Lo scrive il direttore di Farefuturo Filippo Rossi: «Prima di ogni altra cosa un uomo deve scegliere la propria coscienza» rispetto alla linea del partito. «E questo è ancora più vero se non si fa parte di un partito ma di un “Popolo”. Di un popolo della libertà». L’Occidentale, quotidiano on line di area Pdl che fa capo al vicecapogruppo Pdl Quagliariello, ha risposto per le rime: «Appartenere a un popolo, prendervi parte, vuol dire anche rimettere consapevolmente parte della propria libertà per amore nei confronti della comunità. Non vorremmo che gli amici di Farefuturo, dopo aver fatto le barricate per dar vita a un partito in cui si discute, una volta raggiunto il risultato abbiamo cambiato idea per il solo fatto d’aver constatato di essere in minoranza».
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