venerdì 27 novembre 2009

Gli ex di An furibondi: "Dobbiamo reagire"


di Maria Zegarelli


Gianfranco Fini è furibondo. Ma non risponde in serata a Silvio Berlusconi. Stavolta la presa di posizione dovrà essere degli ex An. «È una situazione straordinaria, non può esserci una reazione individuale», dice uno dei suoi collaboratori più vicini. «Quello che ha detto Berlusconi è gravissimo, noi siamo cofondatori di un partito, come si può pensare di dire che chi non la pensa come la maggioranza può andarsene?».
E' scontro frontale, il premier forte del suo consenso popolare - che dice essere ancora ben saldo - lancia l’ultimatum ai suoi alleati di governo e ai suoi coinquilini di partito. Soprattutto al presidente della Camera che mentre l’ufficio di presidenza è in corso siede affianco a Pierluigi Bersani alla presentazione del libro intervista di Giovanna Casadio a Rosy Bindi «Quello che è di Cesare». È lì che Fini rilancia sulla cittadinanza agli immigrati: «Bisogna fare di tutto perché i nuovi cittadini o quelli che qui sono nati si riconoscano nella società e nello stato». Fini accogliendo una richiesta del Pd ha messo all’ordine del giorno la calendarizzazione della discussione in Aula sulla cittadinanza. «Mi auguro - dice - che la discussione possa avvenire sul testo della commissione; se non si giungerà ad un accordo, in Aula si voteranno le diverse proposte di legge». Mossa non gradita alla Lega che ha chiede un vertice di maggioranza, mentre il Pd accoglie con favore l’accelerazione. «Aspetto Fini al varco», scrive Bindi nel libro, ma non è il Pd che deve temere il presidente della Camera. È dai suoi che deve guardarsi. A dargli il colpo è proprio Ignazio La Russa, coordinatore nazionale del Pdl, che uscendo dall’ufficio di presidenza annuncia: «Abbiamo deciso di avviare il dibattito sulla riforma della cittadinanza. Un tema da affidare alla consulta competente. L'ipotesi di dare il voto a persone non italiane non rientra nel programma del Pdl». Uno schiaffo che i finiani non sono disposti ad incassare. È Fabio Granata a schierarsi ancora una volta apertamente con Fini: «Esprimo grande soddisfazione per la volontà politica dimostrata dal presidente Fini nell'affrontare in maniera innovativa il tema della cittadinanza, contribuendo, in maniera determinante, all'approdo in Aula del ddl di riforma». E il presidente della Camera rilancia anche sul testamento biologico. Se Berlusconi riteneva Eluana Englaro - in stato vegetativo permanente - in grado di fare figli e quindi doveva restare attaccata a un sondino, Fini si sarebbe comportato come la famiglia della povera donna. «Ci vuole grande rispetto per quella famiglia». Ormai tra i due cofondatori si delineano distanze siderali e l’aut aut su giustizia, immigrazione e riforme lanciato ieri dal leader non sarà senza conseguenze.
Il telefono del ministro della Difesa diventa bollente in serata. «Cosa dice La Russa, capodelegazione di An, sulle decisioni prese a maggioranza?», chiede provocatoriamente un finiano doc. Dice, con un po’ di imbarazzo, questo: «Oggi eravamo tutti d'accordo che in un partito esiste la maggioranza; ma non è detto che chi non fa parte della tesi che in quel momento è maggioranza, sia fuori dal partito, anzi...». Oggi ci sarà un incontro tra il presidente della Camera e i suoi. Il rischio, dicono, è «il cesarismo moderno», più volte evocato anche durante la presentazione del libro. Cesare, mai citato direttamente, è lui, Berlusconi.

27 novembre 2009

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