Due indagati nell’inchiesta su Sami Mbarca, il detenuto morto a Torre del Gallo dopo 45 giorni di sciopero della fame. La Procura ha iscritto nel registro il direttore del carcere, Jolanda Vitale, e Pasquale Alecci, il direttore sanitario.
Un atto dovuto, per chiarire le responsabilità e garantire la difesa a coloro che risultano coinvolti nelle indagini. Sulla morte del detenuto, che aveva ingaggiato uno sciopero della fame come protesta estrema contro una condanna per violenza sessuale ritenuta ingiusta, la Procura di Pavia aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti. Alle carte dell’inchiesta, che tra pochi giorni saranno alimentate dai risultati della perizia disposta dal magistrato Roberto Valli, si era aggiunto l’e sposto-denuncia presentato dall’avvocato del tunisino, Aldo Egidi di Milano. L’esposto conteneva accuse verso la direttrice del carcere, il direttore sanitario e il medico psichiatra del San Matteo che aveva ritardato il trattamento sanitario obbligatorio. «Secondo quel medico non c’erano i presupposti per un Tso - commenta l’avvocato Egidi -. Noi siamo convinti che così è andata perduta la possibilità di salvare la vita al detenuto».
Il medico psichiatra, tuttavia, non risulta indagato. «Non so come stiano davvero le cose - precisa Egidi -. Prima di esprimermi voglio capire in che direzione si sta muovendo la Procura». Le ipotesi di responsabilità su quella morte riguardano, al momento, chi aveva l’obbligo della custodia e della cura: i vertici del carcere, da un lato, e il medico che si occupò del detenuto dal 17 luglio - giorno in cui il tunisino cominciò a rifiutare cibi e bevande - fino all’ingresso in ospedale, il 3 settembre. Sami Mbarka Ben Garci era morto al San Matteo due giorni dopo.
Qualche giorno prima, alla fine di agosto, è proprio Alecci, in qualità di direttore sanitario, a segnalare la vicenda al magistrato di sorveglianza. Il detenuto non mangia cibi solidi da quasi 40 giorni. Beve solo acqua e zucchero ed è dimagrito di 21 chili. Viene chiesto, a questo punto, il ricovero in una struttura adeguata, ma in attesa di una risposta del Ministero, il primo settembre il detenuto entra in ospedale. Viene visitato da uno psichiatra, che lo trova lucido e capace di intendere e volere. Per il medico, quindi, non esistono gli estremi per un Tso. Il detenuto torna in carcere e il 2 settembre il Ministero risponde, ritenendo non necessario il trasferimento del detenuto in un centro diagnostico terapeutico dell’amministrazione.
Il Ministero invita solo a tenere sotto controllo il detenuto. A questo il punto il magistrato dispone il ricovero in una struttura esterna all’amministrazione penitenziaria. Nel caso specifico, il Policlinico San Matteo, dove il detenuto entra il 3 settembre. C’è stato un ritardo nella segnalazione al magistrato e quindi nel ricovero? E’ quanto l’inchiesta dovrà accertare.
(15 novembre 2009)
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