sabato 21 novembre 2009

Orlandi: investigatori pronti a ripartire da zero


ALL’IPOTESI DEL RICATTO AL VATICANO SI UNISCE QUELLA DI UN RAPIMENTO A SFONDO SESSUALE
di Rita Di Giovacchino


Apensarci bene se non fosse stato per Giulio Ganci, un giovane agente del Sisde amico di Monica Meneguzzi, cugina di Emanuela, nelle mani degli inquirenti ci sarebbero oggi soltanto un groviglio di ipotesi, qualche inutile verbale e nessuna possibilità di fare luce sulla saga infinita del caso Orlandi.
Fu proprio Ganci, che aveva allora 23 anni e da pochi mesi collaborava con il servizio segreto civile, a suggerire a Pietro Orlandi, l'unico fratello maschio della ragazza, l'acquisto di un registratore da collegare al telefono di casa. “Di tutte le telefonate, le decine di messaggi depistanti che hanno intasato questa indagine, soltanto i primi due erano autentici, il resto è robaccia”, ammette uno degli investigatori che hanno perso giorni e notti su questo caso. Pierluigi e Mario, tutto il resto è da buttare. Il primo telefonò quarantotto ore dopo in casa Orlandi ed era così giovane ed educato che zio Mario, il portavoce della famiglia, lo soprannominò il “pariolino”. Ma di lui si è persa ogni traccia perché telefonò di sabato mentre il registratore fu acquistato soltanto il lunedì successivo. Poche ore prima che telefonasse Mario, la cui voce è sopravvissuta così per 26 anni e conduce ora ad Enrico De Pedis e ai segreti più segreti di quegli anni. Si capisce così perché gli inquirenti si siano chiusi a riccio sui possibili sviluppi di un'indagine approdata a uno snodo delicatissimo, in bilico tra il definitivo naufragio e la verità a lungo inseguita. La cosa più facile da immaginare è che Mario sia stato già interrogato, ma la conferma non c'è. Ha negato ogni suo coinvolgimento? Difficile perché ad accusarlo c'è anche una perizia fonica. Ha minimizzato il suo ruolo, sostenendo di aver fatto soltanto quella telefonata su richiesta di De Pedis, ma di non saper nulla dell'intera vicenda? Una via d'uscita, perché il concorso in sequestro di persona è ormai un reato caduto in prescrizione, e lui potrebbe cavarsela soltanto nel ruolo del telefonista. Al momento l’unica cosa che si sa è che sarebbero almeno tre i rapitori ancora in vita legati alla banda della banda della Magliana. E per gli investigatori questa semplice ammissione basterebbe per ripartire da zero mettendo insieme i fili che già in passato conducevano alla Banda della Magliana. Pista inutilmente battuta da Nicola Cavaliere, oggi vicecapo del Sisde, che trovò davanti a sé un percorso minato da depistaggi e ipotesi minimizzanti, sostenute anche in procura.
Il pm Domenico Sica, che fu uno dei primi magistrati ad occuparsi della vicenda, ad esempio era convinto che sia Emanuela che Mirella Gregori, scomparsa 15 giorni prima, fossero cadute in un brutto giro di balletti verdi o festini, come si diceva allora. Storia sgradevole ma non tale da mettere in crisi i rapporti con lo Stato Vaticano. La tesi fu sostenuta anche da monsignor Oddi, che affidò ad alcune clamorose interviste la sua convinzione che all'origine della sparizione di Emanuela ci fosse la relazione con un prelato con la quale la giovane era stata vista allontanarsi la sera della scomparsa. Fantastica ricostruzione che negli anni ha trasformato il caso Orlandi in una soap opera che vede Emanuela, ormai adulta, ora rifugiata in un convento, ora ospite di un harem, ora sposata a Parigi con un prete spretato. In realtà la pista di un rapimento a sfondo essuale, non è mai caduta del tutto. La stessa Sabrina Minardi ha raccontato di aver reclutato ragazze giovanissime su richiesta di Marcinkus. A telefonare era però il segretario. Ed è stata lei a raccontare di aver consegnato Emanuela, drogata e confusa, a un alto prelato che l'ha caricata su una Mercedes scura.
Le auto hanno molta importanza in questa indagine. Dalla Bmw, verde tundra, che il giovane Ganci è convinto di aver rintracciato in un'officina vicina a piazza Vescovio, dove era stata portata con un vetro rotto da una donna che si prostituiva all'hotel Mallia, frequentato da boss e prelati. A quella grigia, intestata a Flavio Carboni, ritrovata l'estate scorsa nel parcheggio di Villa Borghese: era lì da 14 anni e nessuno l'aveva notata. Anche se è stata proprio Sabrina a dire che non era la stessa usata da lei per accompagnare la ragazza vicino a San Pietro: “Non era grigia, ma color melanzana”. È uno di quei dettagli che avvalorano la sua testimonianza.

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