sabato 14 novembre 2009

“Pestato in tribunale, non curato dai medici”


CUCCHI:INDAGATI TRE AGENTI DELLA PENITENZIARIA,UN PRIMARIO E DUE COLLEGHI
di Luca De Carolis


Gli agenti l’avrebbero gettato in terra e poi massacrato con calci e pugni in un corridoio del tribunale, sotto gli occhi di un altro detenuto. Ma a dargli il colpo mortale sarebbero stati i medici del Pertini, “omettendo le cure necessarie e provocandone così la morte”.
Dopo giorni di indiscrezioni, la Procura di Roma ha diffuso la sua verità sulla morte di Stefano Cucchi. Una verità contenuta negli avvisi di garanzia emessi ieri, a carico di tre agenti di polizia penitenziaria e di tre medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini. Secondo i pm Vincenzo Barba e Francesca Loj, i responsabili del pestaggio di Stefano sarebbero gli agenti Nicola Minichini, 40 anni, Corrado Santantonio, 30, e Antonio Dominici, 42, tutti accusati di omicidio preterintenzionale. Sono invece indagati per omicidio colposo il primario del reparto per i detenuti del Pertini, Aldo Fierro, 60 anni, e altri due medici: la 42enne Stefania Corbi e Rosita Caponetti, 38. Per la Procura, sono i responsabili dal calvario di Stefano, morto il 22 ottobre scorso in un letto del Pertini tra atroci sofferenze. “Non ci sono elementi concreti contro i carabinieri” scrivono invece i pm. Parole importanti, perché tra polizia penitenziaria e militari era in corso da giorni una sfida indiretta a base di comunicati, in cui si precisavano i rispettivi compiti e si respingevano i sospetti. Un confronto che, stando a quanto filtrato da piazzale Clodio, sarebbe sfociato anche in accuse reciproche. Ad accusare i tre agenti indagati, le consulenze dei medici legali che hanno compiuto l’autopsia sul corpo di Stefano, i referti medici pieni di contraddizioni e, soprattutto, un testimone: il detenuto africano che la mattina del 16 era in una cella del tribunale. Il testimone - scrivono i pm - avrebbe udito e visto agenti in divisa mentre colpivano con calci e pugni Cucchi nel corridoio davanti alle celle, dopo averlo scaraventato a terra. Dopo l’aggressione, ne raccolse le confidenze”. Stefano gli avrebbe raccontato delle botte e delle minacce sul cellulare che, poche ore dopo, li portò entrambi al carcere di Regina Coeli. Ma il detenuto, dallo spioncino dalla sua cella, aveva già visto Stefano cadere a terra, e poi subire colpi da tre agenti. Pochi istanti dopo, avrebbe sentito dei tonfi sordi: i calci che avrebbero devastato la schiena del ragazzo. Una testimonianza fondamentale, visto anche che nel corridoio delle 15 celle, tutte poste da un lato, non ci sono telecamere.
L’extracomunitario, tuttora detenuto a Regina Coeli, verrà sottoposto a incidente probatorio, esame che vale come prova in un eventuale processo. Un modo per cautelarsi da parte dei pm: l’uomo, privo del permesso di soggiorno, potrebbe essere introvabile dopo il rilascio dal carcere. Per l’extracomunitario ora scatteranno misure di protezione particolari. Per verificare la sua versione, ieri i pm hanno compiuto un sopralluogo nella sua cella a piazzale Clodio. Secondo il testimone, Stefano sarebbe stato colpito prima dell’udienza di convalida dell’arresto. Ma l’ipotesi di un secondo pestaggio non è stata scartata. Gli inquirenti hanno già ascoltato il pm Emanuele Di Salvo e il giudice unico Maria Inzitari, che quella mattina in aula si occuparono del caso di Cucchi. I due magistrati hanno spiegato di non avere notato segni di lesioni sul ragazzo e di non avere sentito lamentele o accenni alle botte subite. Lunedì la Procura affiderà l’incarico ai periti per la riesumazione della salma di Stefano, chiesta dalla famiglia. Un esame importante anche per valutare le responsabilità dei medici del Pertini. Secondo la Procura, avrebbero agito “con negligenza”, lasciando Cucchi senza cibo e acqua e favorendone così la morte. Fierro ha più volte risposto che era stato il ragazzo a rifiutare il cibo e che i medici non potevano alimentarlo contro la sua volontà. Mentre Antonio D’Urso, direttore della Asl Roma B (competente sul Pertini) aveva parlato di “scarsa collaborazione alle cure” da parte di Cucchi, difendendo i sanitari “che l’hanno curato con attenzione e professionalità”. Un intervento a cui Ilaria Cucchi aveva replicato annunciando una querela contro i medici. Raggiunti da avvisi di garanzia che pesano come macigni sul reparto per i detenuti del Pertini. “Gli avvisi rappresentano un eccesso di garanzia, per consentire ai medici di nominare periti di parte in vista della riesumazione” spiegano a piazzale Clodio. Ma l’avvocato dei Cucchi, Fabio Anselmo, è duro: “I medici hanno responsabilità precise, non si può morire come è morto Stefano”. Anselmo e l’altro legale della famiglia, Dario Piccioni, esprimono inoltre “prudente soddisfazione per i risultati delle indagini”.
Il Sappe, sindacato di polizia penitenziaria, replica: “La polizia ha fatto il proprio dovere e uscirà fuori senza addebiti dalla vicenda”. Esulta invece Ignazio La Russa: “Mi rallegro del fatto che non ci sono carabinieri indagati o imputati, feci bene a esprimere la mia stima ai militari all’inizio del caso”. Parole che hanno provocato le reazioni di Pd e l’Idv, concordi nel definire “fuori luogo” e “imbarazzante” il sollievo espresso dal ministro della Difesa.

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