domenica 1 novembre 2009

RUTELLI SE NE VA VERSO L’UDC CON LA SPINTA DI D’ALEMA


L’ex Ministro farà da ponte tra Pd e centristi.
Casini: raddoppieremo i voti
di Caterina Perniconi


Una scossa al bipartitismo o un accordo premeditato? L’abbandono del Partito democratico da parte di Francesco Rutelli scatena più di un interrogativo. Ieri, dalle colonne del Corriere della Sera l’ex leader della Margherita ha fatto sapere che è deciso a lasciare il Pd. Ma da ambienti a lui vicini si apprende che la volontà di Rutelli non era esattamente questa: avrebbe voluto aspettare, parlare con Bersani in privato per vedere cos’era pronto ad offrirgli e nel caso organizzare le forze con calma per allontanarsi dal partito dopo le regionali. E invece sarebbe stato “fregato” da Bruno Vespa. L’accelerazione è colpa delle anticipazioni del suo libro che lo hanno costretto ad allungare il passo. Il patto col lìder Maximo. A quel punto Rutelli ha deciso di aggirare Bersani incontrando direttamente D’Alema (cosa che ha fatto molto arrabbiare il neosegretario, che ha poi cancellato il successivo appuntamento con lui). Con l’ex ministro degli Esteri ha tirato le somme di una strategia favorevole per entrambi: Rutelli si pone in questo modo come il ponte tra il Pd e l’Udc per tutti gli accordi a partire dalle regionali, acquistando potere e intercettando (spera) i voti dei cattolici delusi da entrambi gli schieramenti. D’Alema si aggiudica il bottino e si fa portatore di un accordo con l’Udc di Casini, che ancora non era riuscito a nessuno nel Pd.
I sogni dell’Udc. Casini proprio ieri, partecipando ad un incontro della fondazione Liberal con Rutelli, ha espresso l’intento di realizzare un percorso comune per raddoppiare i voti e raggiungere i 5 milioni di consensi, pari circa al 14% dell’elettorato. Un progetto ambizioso, ma che Rutelli non sembra ancora in grado di sostenere: infatti i contatti presi con tutti i parlamentari a lui vicini (ma anche quelli più lontani) per costituire gruppi parlamentari autonomi alla Camera e al Senato, nel nome del “buongoverno”, sembrano non dare i risultati sperati. Dopo il no della Binetti e di Carra i nomi che si fanno sono quelli dei cattolici Bobba, Calgaro, Mosella, Lanzillotta, Vernetti, dei delusi dall’Idv Misiti e Pisicchio, dei liberaldemocratici Antonio Merlo, Melchiorre e Tanoni e di qualche “prestito” da parte dell’Udc per raggiungere i numeri necessari (20 alla Camera, 10 al Senato). Senza dimenticare le possibili deroghe alla norma: ci sono molti precedenti di gruppi formati anche con 11 deputati (deroga concessa dall’allora presidente Casini a Rifondazione comunista).
La Margherita e i suoi soldi
Ancora incerto sulla strada da percorrere il tesoriere Luigi Lusi. Ma la sua scelta potrebbe dipendere anche da questioni economiche. Perché, a norma dello statuto della Margherita, “spetta al tesoriere la rappresentanza legale e giudiziale, sia attiva che passiva” del partito. E come si fa a rimpiazzare il tesoriere, cioè Luigi Lusi qualora seguisse Rutelli? Lo spiega ancora una volta lo statuto: “L'Assemblea federale elegge il Tesoriere a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei componenti. Il Tesoriere cessa dall'incarico con la nomina del successore”. Ma Rutelli e Lusi sono davvero intenzionati a lasciare ad altri la partita relativa alla chiusura della Margherita (detentrice della sede nazionale, dei rimborsi delle politiche 2006 e del giornale di partito Europa con i relativi contributi)? Probabilmente no, quindi Lusi resterà al suo posto, a cercare di dividere tra i fondatori ciò che resta, al netto dei debiti e degli stipendi da liquidare, dei rimborsi delle elezioni (circa 24 milioni di euro) e dei contributi parlamentari che ammontano a 150 mila euro l’anno (queste le cifre del bilancio 2008). C’è poi la sede di Largo del Nazareno, proprietà della Margherita alla quale il Pd paga l’affitto. O meglio “non paga”, a giudicare dalle parole di Lusi nell’ultimo rendiconto finanziario: “Emerge l'incresciosa situazione creditoria della Margherita nei confronti del Pd”, scriveva il tesoriere, ricordando che “ogni spesa anticipata dalla Margherita nei confronti del Pd” per la sede nazionale “non è ancora stata restituita da quest’ultimo”. C’è poi la questione del simbolo della Margherita, che non servirà più a Rutelli considerando che la stagione “botanica” è ormai finita, ma potrebbe essere utile per una riconoscibilità sul territorio. Ieri Rutelli ha parlato di “sospensione” dell’attività della Margherita riferendosi al vecchio partito. Cosa che ha fatto stridere le orecchie di molti ex Dl. Significa quindi che si può riaprire? Lo statuto della Margherita parla chiaro: “Tutti gli atti che comportano modifiche di organici, nonché l'acquisizione, la cessione e l'utilizzo del simbolo Democrazia è Libertà, sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria". Quindi sempre da Lusi. Salvo, casi particolari, come questo, riconducibili al presidente della Regione Trentino Lorenzo Dellai: “La Civica per il Governo del Trentino – si legge in una modifica statutaria fatta in concomitanza con la nascita del Pd - in riferimento al patto federativo attualmente esistente con Democrazia e Libertà - La Margherita, ribadisce la volontà di rinnovare e di far salvo in futuro - anche in considerazione delle scelte che verranno definite dal Congresso nazionale del Pd - il ‘Patto di federazione’ che già riconosce alla “Civica per il Governo del Trentino” piena autonomia statutaria, finanziaria e l'utilizzo del proprio simbolo come espressione di una storia e di una presenza politica originale e territoriale”.
Guarda caso Lorenzo Dellai è il primo firmatario del Manifesto per il “Buongoverno” di Rutelli.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

ANTICO PROVERBIO MEDIRIONALE (ITALIANIZZATO): "ACQUA DAVANTI, VENTO DA DIETRO"!