Il pentito di mafia Gaspare Spatuzza ricorda di avere visto, all’inizio degli anni ’90, il boss Filippo Graviano incontrare il presidente del Senato, Renato Schifani. Lo ha messo a verbale di fronte agli investigatori della Dia di Firenze. E ora l’informativa è depositata al processo d’appello contro il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. La seconda carica dello Stato smentisce e annuncia denunce: «Non ho mai avuto rapporti con Filippo Graviano, e non l’ho mai assistito professionalmente», «ho sempre fatto della lotta alla mafia e della difesa della legalità i valori fondanti della mia vita. I valori di un uomo onesto». La notizia scatena polemiche. Il Pdl offre solidarietà a Schifani da quello che, con Fabrizio Cicchitto, definisce «pentito-kamikaze». Mentre l’opposizione, con l’Idv Antonio Di Pietro, paventa un «corto-circuito istituzionale». A difesa del presidente del Senato si schiera anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. All’epoca il boss Graviano non era ancora latitante. Mentre Schifani, era un avvocato civilista e difendeva Giuseppe Cosenza, indiziato per mafia e poi sottoposto al sequestro e alla confisca dei beni (divenuti definitivi nel 1992) e alla sorveglianza speciale per tre anni.
Gli incontri, secondo quanto ricostruito nell’informativa del 26 ottobre scorso, si sarebbero svolti nella sede della Valtras, appartenente a Cosenza che gli investigatori indicano come «notoriamente collegato ai fratelli Graviano». Di lui avevano già parlato numerosi collaboratori di giustizia, anche se non è mai stato condannato per mafia o omicidi. Gli agenti hanno svolto verifiche solo riguardo alla titolarità della ditta e ai suoi precedenti penali. Spatuzza racconta che accanto all’azienda Valtras, dove lui lavorava, utilizzata talvolta da Filippo Graviano come luogo di incontri, «c’era un capannone di cucine componibili di Pippo Cosenza, dove pure si svolgevano incontri, dove ricordo avere visto più volte la persona che poi mi è stata indicata essere l’avvocato del Cosenza », ovvero Schifani. «Incontri congiunti» che gli furono confermati anche da Filippo Graviano: «Mi diceva che l’avvocato del Cosenza, che anch’io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l’attuale presidente del Senato Renato Schifani. Preciso che anch’io, avendo in seguito visto Schifani su giornali ed in televisione, l’ho riconosciuto». «Sono indignato e addolorato » commenta Schifani «denuncerò con determinazione e fermezza chiunque, come il signor Spatuzza, intende infangare la mia dignità umana e professionale con calunnie e insinuazioni inaccettabili».
Il Guardasigilli rimarca che «il presidente Schifani si è contraddistinto per il suo impegno nella lotta alla mafia e la sua integrità è sotto gli occhi di tutti». E il presidente dei deputati pdl Cicchitto parla di «un pentito ad orologeria, versione italiana del kamikaze, istruito e utilizzato inventando circostanze molti anni dopo e secondo un piano studiato a tavolino». Per il pdl Gaetano Quagliariello è un «sottoprodotto del pentitismo» che «ribalta l’onere della prova». E Maurizio Gasparri fa notare che in questa legislatura sono state varate «dure norme antimafia » . Massima solidarietà giunge a Schifani anche dalla Lega: il capogruppo Federico Bricolo e la vicepresidente del Senato, Rosi Mauro attribuiscono gli «attacchi vergognosi» al «clima politico avvelenato». E aggiungono: «È evidente a tutti che in questo momento i pentiti vengono usati per delegittimare le istituzioni e per fermare l’azione riformatrice del governo » . Non la pensa così Antonio Di Pietro: «Di fronte a una ricostruzione così circostanziata fatta da un pentito di mafia, il presidente Schifani, seconda carica dello Stato, direttamente chiamato in causa, non può semplicemente affermare che Spatuzza è un calunniatore ma deve spiegare nel merito se conosce o ha avuto incontri con il boss Filippo Graviano». «In assenza di spiegazioni convincenti — conclude — si creerebbe un gravissimo corto circuito istituzionale che imporrebbe le dimissioni di Schifani».
Virginia Piccolillo
25 novembre 2009
Gli incontri, secondo quanto ricostruito nell’informativa del 26 ottobre scorso, si sarebbero svolti nella sede della Valtras, appartenente a Cosenza che gli investigatori indicano come «notoriamente collegato ai fratelli Graviano». Di lui avevano già parlato numerosi collaboratori di giustizia, anche se non è mai stato condannato per mafia o omicidi. Gli agenti hanno svolto verifiche solo riguardo alla titolarità della ditta e ai suoi precedenti penali. Spatuzza racconta che accanto all’azienda Valtras, dove lui lavorava, utilizzata talvolta da Filippo Graviano come luogo di incontri, «c’era un capannone di cucine componibili di Pippo Cosenza, dove pure si svolgevano incontri, dove ricordo avere visto più volte la persona che poi mi è stata indicata essere l’avvocato del Cosenza », ovvero Schifani. «Incontri congiunti» che gli furono confermati anche da Filippo Graviano: «Mi diceva che l’avvocato del Cosenza, che anch’io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l’attuale presidente del Senato Renato Schifani. Preciso che anch’io, avendo in seguito visto Schifani su giornali ed in televisione, l’ho riconosciuto». «Sono indignato e addolorato » commenta Schifani «denuncerò con determinazione e fermezza chiunque, come il signor Spatuzza, intende infangare la mia dignità umana e professionale con calunnie e insinuazioni inaccettabili».
Il Guardasigilli rimarca che «il presidente Schifani si è contraddistinto per il suo impegno nella lotta alla mafia e la sua integrità è sotto gli occhi di tutti». E il presidente dei deputati pdl Cicchitto parla di «un pentito ad orologeria, versione italiana del kamikaze, istruito e utilizzato inventando circostanze molti anni dopo e secondo un piano studiato a tavolino». Per il pdl Gaetano Quagliariello è un «sottoprodotto del pentitismo» che «ribalta l’onere della prova». E Maurizio Gasparri fa notare che in questa legislatura sono state varate «dure norme antimafia » . Massima solidarietà giunge a Schifani anche dalla Lega: il capogruppo Federico Bricolo e la vicepresidente del Senato, Rosi Mauro attribuiscono gli «attacchi vergognosi» al «clima politico avvelenato». E aggiungono: «È evidente a tutti che in questo momento i pentiti vengono usati per delegittimare le istituzioni e per fermare l’azione riformatrice del governo » . Non la pensa così Antonio Di Pietro: «Di fronte a una ricostruzione così circostanziata fatta da un pentito di mafia, il presidente Schifani, seconda carica dello Stato, direttamente chiamato in causa, non può semplicemente affermare che Spatuzza è un calunniatore ma deve spiegare nel merito se conosce o ha avuto incontri con il boss Filippo Graviano». «In assenza di spiegazioni convincenti — conclude — si creerebbe un gravissimo corto circuito istituzionale che imporrebbe le dimissioni di Schifani».
Virginia Piccolillo
25 novembre 2009
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