Non sbatte la porta solo perché il decoro istituzionale glielo impedisce. Ma quando Berlusconi si lascia alle spalle lo studio di Fini a Montecitorio il termometro della sua collera contro il primo inquilino del palazzo arriva a una tacca mai raggiunta fino ad ora nei pur difficili rapporti con l'ex leader di An.
Era entrato mal disposto alle 9 e 46, esce alle 11 e 30 che ha quasi perso la voce per i toni alti che ha dovuto usare. Al punto che l'eco di qualcuno è arrivato perfino a sentirsi nel corridoio. Al fido Gianni Letta chi gli sta accanto, e che ha cercato di evitare il peggio tra i due, sibila: "Fini è proprio un ingrato, se il clima è questo allora è meglio andare al voto".
Aveva chiesto la certezza di chiudere per sempre i processi milanesi, invece se ne va con la promessa di una legge, il processo breve, che non gli dà garanzie al cento per cento, che lo farà restare ancora sulla graticola del processo Mills, per la quale le toghe già minacciano di rivolgersi alla Corte costituzionale.
La giornata di Berlusconi è rovinata, salta il viaggio a Milano, e quando arriva a via del Plebiscito ha pure la sorpresa di vedere Fini in diretta su Sky che già "vende" i risultati del suo successo ("Prescrizione breve? Non si farà"). Il Cavaliere commenta con i suoi: "Devo dire grazie, ancora una volta, a Napolitano che si è messo di traverso, e a Fini che si è fatto portavoce delle imposizioni del Colle".
Quello che segue è il verbale di un duro faccia a faccia. Berlusconi parte all'assalto prima che Fini possa perfino parlare: "Negli ultimi mesi il tuo comportamento è stato quantomeno disdicevole. Non hai mancato occasione per prendere le distanze da me. Lo hai fatto pure in tv, dall'Annunziata prima, e ancora l'altra sera da Fazio. Ma che gioco sta facendo?". Fini replica freddo: "Silvio, calmati, tu sbagli. Io ho solo difeso principi di legalità in cui credo da sempre. Non possiamo far saltare migliaia di processi. E poi ti ho espresso pubblicamente solidarietà, ma non posso assecondare una soluzione che si risolverebbe in un'amnistia mascherata. Io devo tutelare i cittadini".
Monta la collera del Cavaliere che insiste e rimette sul tavolo la richiesta della prescrizione breve: "Solo quella soluzione mi garantisce di chiudere una volta per tutte il caso Mills. Tu non mi puoi chiedere di toglierla dalla legge perché altrimenti tutto diventa inutile. Allora tanto vale buttare a mare l'intero pacchetto". Berlusconi arringa Fini: "Se non mi appoggi lo interpreterò come un tradimento, come una mancanza di lealtà nei miei confronti".
È il momento clou dell'incontro. Quando Berlusconi s'infuria contro l'assente Giulia Bongiorno che boccia le proposte di Niccolò Ghedini ("Lei sostiene la linea dura e tu le dai retta"). E Fini, a questo punto, cala il suo asso: "Eh no, Silvio, questo non lo puoi dire anche perché le perplessità più forti sono arrivate dal Quirinale. Se tu vai avanti sulla strada della prescrizione breve io so per certo che Napolitano non firmerà la legge e andremo a uno scontro istituzionale di violenza inaudita. Ti dico subito che non sono d'accordo, è meglio che tu rinunci a questa soluzione che manderebbe al macero centinaia di processi e accetti quella del processo breve". Silvio esplode: "Ma cosa dici? I miei mi assicurano invece che di processi se ne chiuderanno pochissimi".
Interviene Letta per evitare una clamorosa rottura. Berlusconi capisce che la partita della prescrizione è persa. Sa, perché Ghedini gliel'ha spiegato, che la via del processo breve lo salva per certo dal caso Mediaset, ma è impervia e pericolosa per il dibattimento Mills dove basta una questione di legittimità costituzionale per congelare tutto e tenere aperto il fronte giudiziario. Per questo il suo avvocato continuava a ripetergli: "Quelle norme mi servono tutte e due". Ma stavolta il premier non riesce a scalare il muro frapposto da Fini. Gli chiede almeno certezze sui tempi: "Mi devi garantire che la legge venga approvata entro Natale". E l'altro di rimando: "E come faccio? Ma lo sai che in aula ho la Finanziaria?". Berlusconi: "E tu rinviala". Fini sorride sull'ipotesi assurda, ma rassicura il suo ospite: "Su questo cercherò di fare il possibile, ma tu devi garantirmi che Tremonti posterà in Finanziaria risorse sufficienti per fare in modo che il processo breve non sia solo un'imposizione dall'alto". Il premier: "Ma questo chi ce lo fa fare? La giustizia non è una priorità". Il presidente della Camera lo rimbecca: "Ma lo sai che a Caltanissetta manca perfino la carta per fare le fotocopie? Ti rendi conto che questi sono i problemi veri o pensi che lo siano solo i tuoi processi?". Berlusconi accetta pure questa condizione, chiederà a Tremonti di prevedere fondi per la giustizia.
Quando lascia Montecitorio sa che la partita del processo Mills è ancora aperta. E neppure stavolta, col processo breve, riuscirà a chiuderla. Tant'è che Ghedini già studia come trasformare in un emendamento la salvifica soluzione della prescrizione breve. Ma proprio contro Ghedini e i suoi consiglieri giuridici il premier si sfoga: "Questi qui, dopo il lodo Alfano, mi stanno portando di nuovo a sbattere". Potrebbe far sua la battuta che, nelle stesse ore, alla Camera pronuncia Gaetano Pecorella: "Ghedini? Come al solito perde i processi in tribunale e poi prova a vincerli in Parlamento. Restando sconfitto di nuovo".
(11 novembre 2009)
Nessun commento:
Posta un commento