mercoledì 25 novembre 2009

Un progetto irragionevole


25/11/2009
CARLO FEDERICO GROSSO


Ieri in materia di giustizia vi è stato ingorgo. Guardasigilli e magistrati hanno continuato a litigare sulle cifre del disastro della giustizia conseguente al «processo breve». Maggioranza e governo, ad onta di ogni critica, hanno iniziato a discutere in Senato il disegno di legge con l’intenzione di approvarlo entro Natale. Il Csm ha convocato, ed ascoltato, i capi dei maggiori uffici giudiziari d'Italia per fare chiarezza sull’impatto delle nuove norme ipotizzate. Ed, in effetti, un po’ di chiarezza è stata fatta, poiché dall’audizione è emerso che una percentuale elevata di processi in corso, con la riforma, sarebbe destinata ad estinguersi. E, fra di essi, molti processi importanti.

Una cosa è, pertanto, certa. Piaccia o non piaccia al ministro Alfano, il nuovo «processo breve» rischierà comunque di determinare uno sconquasso. Per il passato, insieme ai processi di Silvio Berlusconi, come hanno confermato al Csm i dirigenti consultati, rischieranno di essere travolti centinaia di processi in corso.

Per il futuro, non ha comunque senso imporre per legge una uguale durata massima di anni due (o se si vuole tre) per il giudizio di primo grado a tutti i processi, qualunque sia il tipo di reato trattato o la tipologia del procedimento.

Come ben sa chiunque abbia maturato un minimo d'esperienza nelle aule di giustizia, vi sono processi che possono esaurirsi in un battito d’ala, ma vi sono processi che a causa della difficoltà dell’accertamento dei fatti, per il numero dei testimoni che occorre esaminare, a cagione della necessità di esperire perizie tecniche complesse, non hanno tempi definibili a priori, dureranno in ogni caso più a lungo. Imporre una barriera fissa a pena di prescrizione processuale, significa pertanto rischiare di mandare a monte, comunque, anche nel futuro, i processi più importanti e delicati. Significa, per altro verso, trattare in modo uguale situazioni processuali che possono essere fortemente diseguali: il che comporta, sicuramente, violazione del principio costituzionale di ragionevolezza.

In questa prospettiva, qualche anno fa avevo già espresso riserve nei confronti del progetto elaborato, in casa Ds, dai senatori Finocchiaro, Calvi e Fassone, un progetto che, quantomeno, non aveva l’obbiettivo di salvare dai loro processi singole persone. A fortiori ritengo che occorra rifiutare, oggi, l’analogo progetto Pdl Gasparri, Quagliariello, Bricolo, peggiore perché costituisce, altresì, legge palesemente «ad personam». Né ci racconti il Guardasigilli che si tratta di un progetto elaborato pensando alle esigenze dei cittadini ad avere processi penali rapidi e giusti. Ben altri sarebbero, infatti, gli interventi necessari per realizzare l’obbiettivo di una giustizia a misura del cittadino: riorganizzazione degli uffici e dei servizi, potenziamento e redistribuzione delle risorse, modifiche del sistema dei reati e delle pene, interventi su taluni nodi problematici del processo, maggiore impegno coatto di tutti gli addetti ai lavori.

D'altro canto, come è emerso ieri nell’audizione organizzata dal Csm, la prospettiva del «processo breve», e dei suoi effetti «salvifici», potrebbe indurre molti imputati a rinunciare a richieste di patteggiamento, determinando così un ingolfamento ulteriore dei processi, un conseguente allungamento dei tempi complessivi della giustizia penale e pertanto, assurdamente, il moltiplicarsi delle estinzioni.

Al di là della tristezza dei nuovi contenuti legislativi, colpisce, per altro verso, il degrado del dibattito politico del momento. Non si era mai sentito un Guardasigilli che, rivolto ai magistrati, parlasse di un loro «clamoroso abbaglio» sulle cifre e li invitasse a non «giocare con i numeri». Nessun parlamentare si era permesso di affermare, come ha fatto invece l’onorevole Gasparri, che l’Associazione Nazionale Magistrati «spara fesserie». Nessuno aveva osato sostenere, come ha fatto il presidente della commissione Giustizia del Senato Berselli, che ascoltare in commissione il parere di autorevoli costituzionalisti sulla legittimità costituzionale del disegno di legge è una «inutile perdita di tempo» e che i costituzionalisti italiani vanno, comunque, «presi con le molle».

La realtà è che, al di là dell’irragionevolezza di trattare in modo eguale tutti i processi penali a prescindere dalla specifica tipologia dei reati considerati e dalle peculiarità del singolo processo, il disegno di legge sul «processo breve» presenta diversi, evidenti, profili d’illegittimità costituzionale: in primo luogo, il trattamento diseguale dei censurati e degli incensurati e l’esclusione del reato di clandestinità e degli altri reati connessi al testo unico sull’immigrazione. Forse si cercherà, adesso, di porre qualche rimedio al disastro normativo. Ma come ha rilevato la presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, ora ogni cambiamento rischia l'effetto paradosso: «Più si cerca di rendere il provvedimento conforme alla Costituzione, più si allarga l’impatto (negativo) del ddl sulla collettività».

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