sabato 5 dicembre 2009

CUCCHI, IL PESTAGGIO SEGNALATO IL GIORNO DOPO L’ARRESTO


Lo ha riferito ai pm un ispettore della penitenziaria L’inchiesta del Dap: mancata tutela dei diritti
di Silvia D’Onghia


La prima segnalazione su un presunto pestaggio è giunta alla Procura di Roma il 16 ottobre, quando Stefano Cucchi era ancora vivo. A farla è stato l’ispettore capo della polizia penitenziaria, A. L. R., alla guida della scorta degli 11 detenuti trasferiti dal Tribunale di piazzale Clodio al carcere di Regina Coeli subito dopo le udienze. L’ispettore ha raccontato ai pm, dai quali si è recato spontaneamente, di aver sentito i detenuti scherzare tra loro e prendere in giro Stefano per le tumefazioni: “Sì, ma tu hai fatto il sacco”, riferendosi evidentemente a un incontro di box.
Intanto sul tavolo della procura è giunta l’indagine della Direzione generale delle carceri, più complessa rispetto a quanto trapelato in un primo momento. Nella relazione della commissione, composta da Sebastiano Ardita, Maria Letizia Tricoli e Federico Falzone, si parla di una “incredibile, continuativa mancata risposta all’effettiva tutela dei diritti, in tutte le tappe che hanno visto Stefano Cucchi imbattersi nei vari servizi dei diversi organi pubblici”.
Ogni soggetto coinvolto – carabinieri, polizia penitenziaria, medici dell’ospedale Pertini – non avrebbe, dunque, tutelato i diritti di quel detenuto. “Non ci sono persone senza responsabilità – afferma Fabio Anselmo, uno dei legali della famiglia – il ragazzo è passato nelle mani di più soggetti senza che nessuno se ne curasse”
E ora, come ha denunciato ieri Ilaria, la sorella di Stefano, sulle pagine del Fatto, nessuno si assume la responsabilità dell’accaduto. “Sono i principi dell’altrove burocratico – spiega l’avvocato Dario Piccioni, l’altro legale della famiglia – laddove la burocrazia ha a che fare in generale col rapporto del cittadino con la Pubblica amministrazione. Non si spingono fino a dire che è stata una morte naturale, perché quello che è avvenuto è evidente. Ma questo ragazzo era affidato allo Stato, che avrebbe dovuto tutelare i suoi diritti”.
Quello che appare incredibile è che, a distanza di un mese e mezzo dal decesso, non se ne conosca ancora la causa. “Nelle perizie dei medici legali – prosegue Piccioni – ci sono però elementi inquietanti, a cominciare dalla elevata concentrazione di urina nella vescica di un paziente che era cateterizzato. Per non parlare della frattura vertebrale, e della perizia ortopedica richiesta 48 ore dopo l’ingresso in ospedale”.
Mercoledì prossimo verrà ascoltato, in sede di incidente probatorio, un detenuto albanese: “Ci aspettiamo che confermi quanto raccontato dal detenuto del Gambia (che ha accusato gli agenti penitenziari, ndr) – prosegue Anselmo – anche se nel suo verbale c’è confusione sugli orari”.
La famiglia Cucchi sta cercando di dare un contributo alle indagini per quanto riguarda gli ultimi giorni del giovane prima dell’arresto. “In particolare sull’incidente d’auto avvenuto il 29 settembre – conclude Anselmo – Stefano aveva dei lividi, 7 giorni di prognosi dal pronto soccorso, ma la sera stessa era a cena con i cugini per festeggiare un compleanno. Certo non erano quelli i lividi che abbiamo visto dopo la sua morte”.

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