martedì 8 dicembre 2009

De Balneis Puteolanis di Pietro da Eboli


De Balneis Puteolanis di Pietro da Eboli. (1)

a cura di Mariano Pastore.


“Manoscritto 1474” – Biblioteca Angelica, Roma.

Racconto per parole e immagini miniate, in un codice del XII sec. dedicato al “Sol mundi” Federico II. Testimonianza dell’amore per le scienze e le bellezze che coltivava il grande imperatore svevo Federico II figlio di Enrico VI e della normanna Costanza d’Altavilla”.

Il De Balneis Puteolanis è un trattato in forma di poema composto tra il 1211 e il 1221 da Pietro da Eboli -letterato e poeta presso la corte normanna e poi passato a quella sveva- che celebra le proprietà delle acque termo-minerali della zona tra Napoli. Pozzuoli e Baia, ed è dedicato a Federico II di Svevia.
Il poema attesta l’importanza della pratica della balneoterapia nella medicina medioevale, con riferimenti alla terminologia scientifica e al costume di vita che vi gravitavano attorno.
L’uso del bagno termale risale a periodi molto antichi. I romani ne stimavano le proprietà curative e, per soddisfarne la richiesta terapeutica, avevano creato diverse strutture che, dopo un periodo di oblio, dal 1200 in poi ripresero ad essere usate con regolarità. La frequentazione delle terme in età medioevale implicava l’impiego di terapie elaborate che, allo stesso tempo, concedevano ampio spazio al rilassamento e allo svago. Nonostante in alcuni casi, come nella stazione di Pozzuoli nel XIII sec., si usasse porre dei cartelli davanti ad ogni vosca per segnalare le proprietà curative delle fonti, la maggior parte dei malati, in larga misura agiati, ricorrevano alla consulenza di un medico. Vi era persino una vasta e accreditata letteratura specializzata, manuali che descrivevano l’insieme delle sorgenti italiane, con informazioni di ogni tipo, che riprendevano precetti di antichi medici come Galeno, Avicenna e Ippocrate. Il trattamento termale, che durava generalmente tre settimane, aveva luogo principalmente in primavera o in autunno, al riparo dagli accessi del clima. Il bagno era alla base di ogni cura: nei primi giorni si cominciava con pochi minuti di immersione, per prolungare il tempo man mano che il paziente si abituava al calore delle acque, e vi si associava una serie di prescrizioni dietetiche e igieniche basate, per la maggior parte, sui principi tradizionali codificati dal Regimen Sanitatis della Scuola Medica Salernitana.
Il codice 1474 della Biblioteca Angelica di Roma è un esemplare eccellente di produzione libraria di lusso, di carattere scientifico-divulgativo; perduto l’originale di mano di Pietro da Eboli, si tratta della copia più antica a noi giunta del De balneis Puteolanis.. .
I dati paleografici (la scrittura è una gotica italiana meridionale), unita a quelli stilistici delle miniature, concorrono a far datare il volumetto alla fine degli anni cinquanta del 1200 e ad attribuirlo ad una bottega napoletana. Risale dunque all’epoca di Manfredi (1232 – 1266), figlio di Federico II e, rispetto ai 35 epigrammi della versione originale, ne riporta solo diciotto che descrivono altrettanti “bagni” termali con le virtù attribuite ad ogni tipo di acqua; ciascun componimento è accompagnato da una miniatura a piena pagina, che illustra e amplifica il contenuto del testo. Il racconto figurato introduce una propria dimensione narrativa, mediata da allusioni a miti classici o a leggende medioevali che emergono fra le righe dei componimenti e accentuata dalla mancanza di un riferimento più esplicito alle patologie e alle terapie che appaiono, brevemente, espresse in forma poetica.
Dedicato a Federico II che apprezzava molto l’idroterapia e la pratica quotidiana del bagno, nel poema di Pietro da Eboli è possibile rintracciare diverse suggestioni. Tutto il lavoro appare, innanzitutto, imbevuto di classicismo. Traspare il tentativo, da parte dell’autore, di un recupero archeologico delle antiche strutture termali, di quelle maestose rovine che la tradizione medioevale legava a miti e divinità pagane, e gli stessi epigrammi sono il frutto di conoscenza degli antichi testi medici di Galeno (II sec. d.C.) e Oribasio di Pergamo (IV sec. d.C.), oltre che delle iscrizioni latine presenti negli stabilimenti flegrei. Un riferimento adeguato per un testo dedicato a Federico II e alla sua corte che, com’è noto, diedero gran peso al ritorno alla classicità e, insieme, allo sviluppo della cultura letteraria e scientifica.
L’Imperatore, particolarmente interessato alle scienze naturali, fu promotore della pubblicazione di numerose opere di varia natura scientifica, di cui volle assai curato anche l’aspetto estetico e ornamentale. Dalla qualità delle immagini e dal registro stilistico usato, il miniatore del codice della Biblioteca Angelica sembra essere stato un artista operante nell’ambito dei soggetti sacri. E ciò si confà alle vivaci scene che illustrano un testo come il De balneis Puteolanis.., se pensiamo che la mitologia popolare medioevale associava alle località termali, fra acque sulfuree e vapori, addirittura l’immagine inquietante del Purgatorio.
Dal momento in cui apparve, il De balneis.. ebbe un grande successo editoriale: se ne conoscono almeno 20 copie eseguite fra i secoli XIII e XIV numerose edizioni a stampa quattrocentesche, oltre a volgarizzamenti in italiano e in francese.

Note:
(1) Commento Editalia, sul De Balneis.. della Biblioteca Angelica Roma.

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