L’INCHIESTA SUL CAPO DELLA SECURITY CIRAFICI, I SOSPETTI SU UN SISTEMA PER INQUINARE LE INDAGINI
di Antonio Massari
di Antonio Massari
“Chiederemo chiarimenti al governo. Le schede Wind anomale potrebbero essere parecchie. E saremmo dinanzi a un grave buco nel sistema delle intercettazioni”.
Il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, vuole chiarezza sull’inchiesta che ruota intorno a Salvatore Cirafici, il capo della security Wind che, secondo le accuse, avrebbe favorito un indagato, rivelandogli che il suo telefono era intercettato dalla Procura di Crotone. Nell’inchiesta, condotta dal pm Pierpaolo Bruni, si scopre anche dell’altro: Cirafici era in possesso d’una scheda Wind che, secondo l’accusa, poteva eludere le indagini, poiché risultava “disattiva”.
Di Pietro, se Bruni non avesse insistito, quel numero sarebbe sfuggito alle indagini. Che ne pensa?
Il magistrato è stato abile: ha individuato il pericolo d’inquinamento delle indagini. Forse il pericolo non c’è più, ma l’inquinamento potrebbe esserci stato prima, ed è grave.
Potrebbe trattarsi d’un episodio isolato.
Tendo a escluderlo. Per un intervento del genere, bisogna servirsi di qualcuno, e se una struttura compie quest’operazione, per una sola persona, può realizzarla per molte altre. Invierò al governo e ai ministeri di Giustizia e delle Telecomunicazioni un’interpellanza urgente a risposta immediata. L’Idv vuole sapere quante sono, se ci sono, le schede “disattive” di cui parla l’inchiesta. Vogliamo sapere perché sono state realizzate.
Secondo lei, dati i sospetti, la struttura Wind può essere ritenuta responsabile e, nel caso, con quali conseguenze?
Se il magistrato, oltre che a Cirafici, dovesse contestare dei reati anche all’azienda, si potrebbe arrivare al ritiro della concessione del servizio.
Al momento, le contestazioni, riguardano Cirafici, che è agli arresti domiciliari, e non l’azienda.
Allora, considerati i gravi sospetti, e finché non viene fatta chiarezza, Cirafici dovrebbe essere sospeso.
Sul punto, interpellata dal Fatto Quotidiano, la Wind non ha risposto. Secondo le indiscrezioni, il direttore sarebbe stato sospeso, avrebbe soltanto un contratto di consulenza.
Potrebbe essere una scelta strategica della ditta. Se è ancora interno all’azienda, però, potrei pensare che Cirafici è in combutta con qualche superiore. O peggio: mi chiedo se non sia lui, in realtà, ad avere in mano le redini del “gioco”.
Secondo la versione d’un indagato, le schede in questione, sarebbero state offerte a personaggi delle istituzioni.
Sarebbe gravissimo. Temo che in questo paese, ormai, una fascia alta delle istituzioni si stia preordinando una serie di tutele, perché sa che deve delinquere. Non farmi intercettare, per non farmi scoprire: dobbiamo scoprire se è accaduto. E tentare di risolvere il problema.
Risolverlo, ma come?
La gestione del servizio d’intercettazione, il controllo della sicurezza investigativa, deve essere nelle mani del pm. Le compagnie telefoniche sono figure “terze”, sì, ma soltanto a una condizione: se non vengono interessate dalle indagini. Altrimenti, sono parte in causa. Non è accettabile. Bisogna escludere qualsiasi interferenza esterna: questo settore deve appartenere all’attività pubblica. All’attività giudiziaria. Avvieremo delle audizioni: bisogna elaborare una norma che assesti il sistema.
Cirafici avrebbe avvertito un indagato che il suo telefono era controllato dalla procura. Il punto, però, è che non si trattava di un’utenza Wind, bensi Telecom. E quindi ci si chiede: da chi l’avrebbe saputo?
Visto che non gliel’ha detto il pm, il caso diventa più grave. Saremmo vicini a un’associazione. Altro che episodio isolato.
Bruni s’avvale della consulenza di Gioacchino Genchi, ex collaboratore di Luigi De Magistris per Why Not e Poseidone, e poiché Genchi è stato indagato, per il presunto archivio segreto, c’è un’interrogazione parlamentare del Pdl: si chiede come possa collaborare con Bruni. Nell’inchiesta su Wind, inoltre, compaiono, sebbene non indagati, alcuni personaggi coinvolti in Why Not. Dobbiamo aspettarci un altro polverone?
L’avocazione di Why Not a De Magistris ha rappresentato una grave sconfitta della giustizia. E poiché i pm capaci d’indagare e trovare prove, ormai, sono sgraditi, non mi stupirebbe se anche Bruni, andando avanti, venisse attaccato duramente. Anzi.
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