Come se il Pd non riuscisse a farsi abbastanza male da solo, Galli della Loggia gli dà una mano. Ieri toccava a lui smentire la campagna pubblicitaria che reclamizza l’indipendenza del Pompiere della Sera e ha centrato l’obiettivo. Parlava del No B. Day che, essendo perfettamente riuscito, gli ha rovinato il weekend lungo.
Sperava in una parola di troppo, in una lattina di cocacola fuori posto, in una cartaccia per terra a cui appigliarsi per chiamare la pula e schedare i manifestanti come terroristi, brigatisti, jihadisti, talebani. Invece niente, manco una sbavatura. Così, dopo una giornata trascorsa a rosicare nella sua biblioteca di incunaboli, ha riversato la sua bile in quattro colonne di piombo intitolate “Il rinnegato Bersani. Le giuste ragioni del No alla piazza”.
Poteva dire subito la verità e sbrigarsela in poche righe: “Caro Bersani, noi berlusconiani travestiti da terzisti indipendenti siamo molto preoccupati: Silviuzzo sta andando a sbattere. I mafiosi han pure ricominciato a parlare, naturalmente di lui e di Dell’Utri (e di chi, se no?). Noi, che abbiamo sempre finto di non sapere definendo lui ‘statista’ e Dell’Utri ‘bibliofilo’, siamo in ambasce. Se non gli date un’altra mano voi del Pd, ci tocca inventarci un altro travestimento”.
Ma un discorso così franco sarebbe poco terzista, poco indipendente: tutti capirebbero tutto. Ecco allora Galli nonché Della Loggia inerpicarsi sull’alta politologia a base di “opposizionismo”, “massimalismo”, “radicalismo giustizialista”, “volontà di essere comunque contro” e spiegare quelle centinaia di migliaia di giovani cittadini in piazza non con la crescente vergogna di essere rappresentati da un gaglioffo rifatto, delirante e plurimputato, ma con “l’infinita transizione apertasi a sinistra con il crollo del comunismo”, con la “sinistra trotzkista”, col “venir meno della tradizione comunista” e “leninista”: roba che i ragazzi di facebook e dei blog non sanno nemmeno cosa sia.
Sono gente semplice, contemporanea e – non avendo mai avuto la fortuna di leggere Galli della Loggia – lucida.
Pensano che, per opporsi a Berlusconi, si debba opporsi a Berlusconi.
Non riescono a cogliere, diversamente dal politologo da pantofola, i valori del “dialogo”, del “compromesso”, dell'“accordo”, né tantomeno dell’“opposizione ragionata”. E quando qualcuno domanda loro col ditino alzato “ma allora voi siete contro?”, rispondono banalmente: “Sì, perché?”.
Non riescono a essere contro ma anche pro. Contro ma solo un po’.
Del resto, non hanno mai sentito di paesi dove l’opposizione sia pro.
E quando leggono che un Galli della Loggia o un Polli del Balcone suggerisce al Pd di non opporsi a Berlusconi, ma a Di Pietro (“marcare la propria distanza da Di Pietro”, “sottolineare la propria decisa avversione all’antiberlusconismo”), chiamano l’ambulanza.
Se poi il politologo chiede al Pd di “dare una spiegazione vera e plausibile alla fine ambigua della Prima Repubblica”, rispondono serafici: “Ma non sono caduti perché rubavano?”.
E se lui s’interroga pensoso sulle ragioni profonde della “comparsa di Berlusconi”, replicano candidi: “Ma non stava finendo in galera pure lui?”.
Galli della Loggia comunque non parla ai cittadini: mai conosciuti.
Parla al Pd, nella speranza che – dopo aver perso per strada milioni di elettori e mezza dozzina di leader e quadruplicato i voti a Di Pietro seguendo i consigli del Pompiere della Sera – perseveri.
In fondo è semplice: basta che i vertici Pd seguitino a schifare tutte le manifestazioni popolate e autoconvocate dai loro potenziali elettori, dal G8 al Palavobis, dai girotondi alla Cgil, da piazza Navona a piazza San Giovanni, e il gioco è fatto.
Fra qualche anno Bersani, o chi per lui, si ritroverà finalmente libero da quella zavorra vociante chiamata “elettori”. E farà il quarto a briscola con Galli della Loggia, Panebianco e Ostellino quando Romano starà poco bene.
Nessun commento:
Posta un commento