giovedì 24 dicembre 2009

La Corte dei Segreti di Stato


di Bruno Tinti


Se c’era bisogno di una prova che dimostrasse l’assurdità delle dichiarazioni di B circa la Corte Costituzionale composta da 9 giudici comunisti (vi ricordate l’indegno spettacolo messo in scena a Bonn?) eccola qui, involontariamente fornita dallo stesso B. che ha opposto il segreto di Stato al pm di Perugia che indaga su Pollari e Pompa.
Cominciamo con il dire che, per una volta, B. ha esercitato un potere che la legge gli riconosce.
Intendiamoci, che il segreto di Stato possa coprire informazioni quali chi pagava l’affitto dell’ufficio dove lavorava Pompa e chi era la persona che gli impartiva direttive è del tutto opinabile; così come è opinabile che il segreto di Stato possa coprire attività di dossieraggio ai danni di avversari, veri o presunti, della fazione politica che fa capo a B.
Ma il punto è che nessuno, e nemmeno l’Autorità giudiziaria, può dissentire: segreto di Stato. Punto.
Certo è preoccupante che il Presidente del Consiglio dei Ministri abbia un simile potere; però ce l’ha.
Il fatto è che, dopo la sentenza 106/2009 della Corte Costituzionale, quella che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Autorità Giudiziaria di Milano, la politica può legittimamente rivendicare il suo primato nei confronti della giurisdizione.
Il ragionamento della Corte è stato obbiettivamente incalzante: il segreto di Stato riguarda “il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l'interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e - al limite - alla stessa sua sopravvivenza”. E poiché questo interesse è palesemente superiore a ogni altro, ecco che anche la giurisdizione deve cedergli. Ma non solo: trattandosi di attività di natura esclusivamente politica, la valutazione sulla sussistenza del segreto di Stato non può che essere propria degli organi politici, con esclusione di ogni controllo di natura giurisdizionale. Insomma, dice la Corte, nessun Tribunale può ritenere non fondata l’opposizione del segreto di Stato e utilizzare comunque le prove per le quali esso è stato opposto; al massimo può ricorrere alla stessa Corte sollevando un conflitto di attribuzione, come appunto è avvenuto nel caso del processo Abu Omar.
Però, avverte la Corte, si faccia attenzione: gli spazi per disattendere il segreto di Stato sono ridottissimi perché la valutazione sulla sua sussistenza, proprio in quanto politica, è di natura discrezionale. Questo vuol dire che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha un’assoluta libertà nella decisione e che l’unico limite che incontra è costituito dalla necessità che il segreto opposto non riguardi “fatti eversivi dell'ordine costituzionale”.
Così è davvero difficile contestare formalmente l’iniziativa di B. nel processo in corso a Perugia. Egli ha agito nell’ambito di un diritto; anzi, se non si trattasse proprio di lui, di una persona che ha fatto dell’interesse privato l’unica ragione della sua attività politica, potrebbe dirsi che ha agito nell’ambito di un dovere: il segreto di Stato tutela i “supremi interessi dello Stato”, ricordate?; e dunque “deve” essere opposto; si capisce, quando ne ricorrano i presupposti.
E qui sta il punto, sempre lo stesso. B è persona che è stata coinvolta in numerosi episodi di criminalità, che ha collezionato un numero rilevante di assoluzioni per prescrizione (è stato ritenuto colpevole ma non era possibile condannarlo per via del troppo tempo trascorso), che si è costruito leggi fatte apposta per raggiungere questo risultato; che, alla fine, sfruttando la sua posizione politica istituzionale, ha evitato parecchie condanne e, probabilmente, un rilevante numero di anni di galera. Si può far credito a una persona di questo tipo e ritenere che utilizzerà un potere così assoluto nell’esclusivo interesse dello Stato?
E poi: un potere del genere è un’arma micidiale, lo capisce chiunque. Si può bloccare qualsiasi processo semplicemente eccependo il segreto di Stato; un Parlamento piegato ai voleri del Governo non troverà nulla da ridire; e nel successivo conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale si vedrà: intanto tutto fermo. Va bene, è un’arma necessaria; ma è indispensabile che sia nelle mani di persone affidabili. Come può essere ritenuto affidabile chi sta ricattando il Paese con la minaccia di distruggere il processo penale, di mandare liberi decine di migliaia di delinquenti, di negare ogni risarcimento morale e materiale a decine di migliaia di persone offese, il tutto per sfuggire all’ennesimo processo e a una sicura condanna?
Infine: la sentenza della Corte Costituzionale che ha dato ragione a B. quanto al segreto di Stato nel processo Abu Omar è stata emessa dagli stessi giudici (proprio gli stessi, tutti e 15) che hanno emesso la sentenza con cui il Lodo Alfano (quello che doveva servire ad assicurare l’impunità a B. per la corruzione dell’avvocato Mills e per alcune frodi fiscali) è stato dichiarato incostituzionale.
La sentenza sul segreto di Stato è dell’11 marzo 2009; e la sentenza sul lodo Alfano è del 7 ottobre 2009, 7 mesi dopo.
Ma che affidabilità può meritare uno che accusa di eversione gli stessi giudici della Corte Costituzionale che 7 mesi prima gli hanno consegnato un’arma così micidiale?
Allora, quando diciamo che per B. i giudici sono comunisti quando lo condannano e bravi, democratici e liberali quando emettono sentenze a lui favorevoli, non abbiamo ragione?

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