La luce che entra dai vetri della stanza del direttore di Repubblica non restituisce l’idea del covo dei mandanti morali. Come il discorso composto, pacato per via delle radici, fermo per via della convinzione. Eppure Ezio Mauro dovrebbe essere uno dei capi del network dell’odio, evocato da Fabrizio Cicchitto nell’aula di Montecitorio.
Direttore, che effetto le ha fatto essere indicato come istigatore?
Mi ha colpito molto per il momento e per la sede. Cicchitto non si è reso conto che parlava in un’aula parlamentare o ha questa concezione del Parlamento? Era interesse di Berlusconi raccogliere i segnali positivi, arrivati dall’unanime condanna del gesto di un folle, dalla tempestiva solidarietà di tutti. Ma Cicchitto non rappresenta una corrente del Pdl, quanto piuttosto una pulsione interna al partito.
L’ha anche rivendicato: “Ho dato voce al popolo del Pdl”.
Certamente l’istinto profondo di Berlusconi è questo. Ed è facile per queste persone mettersi al riparo di una pulsione. Così non fanno politica, salvo che non abbiano un disegno: far saltare il tavolo. E andare alle urne, tentando un’ennesima prova di forza. Come se l’agire politico della destra in Italia si realizzasse in una serie di forzature successive, nell’incapacità di esercitare la legittimità del governo per il quale hanno ottenuto mandato dagli elettori. Hanno una maggioranza straordinaria e la loro macchina non produce politica. In questi otto mesi, da Casoria in poi, si sono succedute diverse fasi. Prima quella della verità: Berlusconi ha mentito sui suoi scandali. Poi è diventata una questione di libertà: ha definito eversori i giornali di tutta Europa. E ora di legalità, perché attacca Corte costituzionale e capo dello Stato. E questo potrebbe essere ciò che muove i suoi verso il ribaltamento del tavolo. Andare alle elezioni con una piattaforma estrema: cambiamo la Costituzione e facciamola aderire all’anomalia Berlusconi. L’anomalia non è risolvibile: costituzionalizziamola. È come se Berlusconi dicesse al sistema politico: introietta la mia anomalia, sarai sfigurato per sempre. Ma così tutto diventa coerente. È la biografia del premier trasformata in ultima ideologia del paese. La tentazione suprema potrebbe essere andare al voto su questo.
Ma sarebbe un rischio per Berlusconi.
Certo. Potrebbe esserci una maggioranza alternativa. Berlusconi ha l’incarico perché ha un potere di coalizione. Il conflitto con Fini è ancora aperto: lo vogliono cacciare. Ma lui è un co-fondatore del partito e in questo momento ha tutto l’interesse a vedere se nel Pdl si può insediare una cultura diversa dal populismo leaderistico berlusconiano. Però, se questa prova di forza va avanti, Fini si troverebbe in difficoltà ad affrontare una campagna elettorale contro la Costituzione.
Fini è l’ultimo argine delle istituzioni democratiche?
Il presidente della Camera sta dando prova di regolarità istituzionale. E sembra eretico agli occhi del presidente del Consiglio. Almeno fino al discorso del 25 aprile di Berlusconi.
Poi il premier si è pentito.
Sì, ed è cominciata un’altra storia da cui non riesce palesemente a uscire e che gli costa consensi. Una stagione di scandali, di cui Berlusconi è protagonista, sceneggiatore e regista: ha confezionato tutto lui. Fino all’ultimo atto di cui lui è stato vittima.
Lei è stato molto chiaro nel condannare l’aggressione di Milano. Come tutti i giornalisti e i politici. Ma non è bastato. Perché?
Ho sempre distinto la persona dal politico. E dico che la sua politica è stata dannosa per il paese. Questo non significa avere odio. Assistiamo a una falsificazione per cui se non si accettano le norme di eccezione che il centrodestra sta pensando di portare avanti, allora si odia. Il premier dovrebbe rinunciare a trasformare le categorie laiche della politica, che si basano su consenso e opposizione, in categorie pre-politiche che si basano sull’emotività.
Sono i giorni dell’amore berlusconiano.
Quando il leader pretende di essere amato, dall’altra parte fatalmente c’è il rischio che qualcuno trasformi il dissenso in odio. Ma c’è un istinto di guerra permanente nella parte dell’ex Forza Italia che si considera rivoluzionaria, in senso tecnico, e sente di avere una missione di cambiamento. L’altra questione è che la destra berlusconiana è spinta dalla necessità, urgentissima, di trovare norme che strappino il Cavaliere al giudizio dei tribunali. Questa vicenda rischia di essere strumentalizzata e usata per ottenere un misero vantaggio: un salvacondotto per il premier.
Il centrodestra accusa giornali e opposizione di essere la fabbrica dei veleni. E loro sono i primi a urlare con violenza.
Attenzione: non bisogna farsi trascinare su questo terreno. Non ce n’è bisogno. La campagna d’odio la stanno facendo loro.
Intanto i danni sono già visibili.
Non c’è dubbio. Fare la lista di proscrizione in Parlamento è grave, farla contro i giornali è assolutamente inconsueto in democrazia. Chiamare Travaglio terrorista è insensato e gravissimo. Un gesto da incoscienti che può avere delle bruttissime conseguenze: Travaglio è una persona che al mattino esce di casa e va a lavorare. Si può non essere d’accordo con i linguaggi, con i progetti, con le idee. Però far passare tutto questo nella categoria dell’odio può avere effetti non prevedibili.
È preoccupato?
Io credo che la gente capisca. Sono preoccupato per la situazione di un paese dove dilagano corruzione e malavita organizzata.
Crede al golpe al ralenti?
Io non uso nemmeno mai il termine regime. Noi siamo una democrazia. In questa mia affermazione c’è ottimismo della volontà. Sono convinto che la democrazia abbia la forza di regolare le anomalie. Il problema è la qualità della nostra democrazia.
Siamo una democrazia scadente?
Una democrazia che sta degradando. Mi sembra già molto grave dire questo.
Cos’è cambiato dall’editto bulgaro a oggi?
La televisione è peggiorata più nell’informazione che nei talk show, sia nei canali Rai che Mediaset. Vedo nei telegiornali di adesso una decostruzione della realtà e una ricostruzione del paesaggio.
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