

È perché siamo impiombati, oltre che da vischiosissimi interessi costituiti, da un mare di pretesti senza capo né coda. Per dirne una, la tesi che i Paesi sottosviluppati devono essere risarciti per quel passato durante il quale gli «sviluppati » li hanno inquinati. Ma quando mai? Come si fa a sostenere che una persona è responsabile di avere trasmesso l’Aids prima che fosse scoperto? Alla stessa stregua, quando la società industriale fece proliferare le ciminiere alimentate a carbone nessuno sapeva che quelle ciminiere avrebbero minacciato il clima. Nel 1968 Paul Ehrlich denunziava l’esplosione demografica (a ragione), ma nemmeno lui sapeva della bomba ecologica. E lo stesso vale, a metà degli anni 70, per Aurelio Peccei e il Club di Roma, che concentrò la sua attenzione sulla limitazione delle risorse, non su un collasso ecologico che la scienza non aveva ancora captato. Dunque, nessuno può essere ritenuto responsabile di un evento non voluto e non previsto.
Eppure assistiamo allo spettacolo di un Occidente piagnone che si sente «colpevole» e promette risarcimenti non dovuti pagati con soldi che, tra l’altro, non ha. Ma passiamo al punto cruciale: la contabilità, come si conta che cosa. Oggi i Paesi che inquinano di più sono, nell’ordine, Cina, Stati Uniti, India. Ma Cina e India obiettano, a loro difesa, che chi sporca e spreca di più sono, pro capite, individuo per individuo, gli americani. Vero. Ma irrilevante. L’inquinamento è globale, aleggia su tutto il pianeta nel suo insieme. Pertanto quel che conta è il totale, soltanto il totale, delle emissioni inquinanti. La Cina (e l’India seguirà presto) fa più danno inquinante di tutti perché i cinesi sono un miliardo e trecento milioni. Che poi, singolarmente presi, siano più frugali degli americani, non sposta il problema di un millimetro. E il fatto resta che se negli ultimi 50 anni le emissioni di Co2 dei Paesi ricchi sono raddoppiate, quelle dell’India sono decuplicate. Ma non è più tempo di recriminare e di mercanteggiare. Chi arriva a Copenaghen con questi intenti vuole il male di tutti e anche il male proprio.
di Giovanni Sartori
06 dicembre 2009
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