Quando internet irrompe nella vita sociale, spesso scombinando regole del gioco consolidate, riemerge il tema della regolamentazione delle informazioni che circolano sulla rete e degli eventuali limiti della libertà di espressione. È successo puntualmente in questi giorni con gruppi di persone che plaudevano per l’attentato al Presidente del Consiglio e l’intenzione del Ministro Maroni di presentare un disegno di legge di provvedimenti restrittivi. Nel dibattito che si è sviluppato, Gian Antonio Stella sul Corriere sottolinea la necessità di porre dei limiti alle intemperanze che popolano «il lato oscuro della rete», mentre gli osservatori che frequentano più da vicino la rete come Luca Sofri o Beppe Severgnini sottolineano la necessità di conoscere più dall’interno le dinamiche on line e mettono in guardia contro il rischio di regolamentazioni inapplicabili e inappropriate. Stefano Rodotà su Repubblica ricorda che quello che è illegale off line è illegale anche on line. Per cui se vi sono dei reati è possibile perseguirli anche sulla rete.
PROBLEMI NUOVI - Il tema della governance della rete è molto ampio e coinvolge situazioni molto diverse tra loro, ma certo l’abbassamento dei costi di ricerca delle informazioni e l’immediatezza e l’ampiezza delle ricerche consentite da internet pongono problemi nuovi. Se parlando privatamente con un amico una persona dice hanno fatto bene ad attaccare Berlusconi, sta esprimendo un’opinione forse di cattivo gusto, ma non sta commettendo nessun reato. Se la stessa cosa viene fatta su un social network in un gruppo chiuso di utenti, la situazione è concettualmente simile, ma naturalmente le dimensioni in gioco sono diverse, come argomenta Marco Pratellesi su Corriere.it. Se infine il gruppo è aperto, cioè i contenuti sono visibili anche senza un’iscrizione e un’accettazione reciproca, allora scattano situazioni di ordine pubblico simili a quelle che si ritrovano su una piazza o in un giornale dove, poiché si parla pubblicamente, reati come l’apologia di reato o l’istigazione a delinquere possono essere invocati, previo un giudizio della magistratura, per limitare già oggi la circolazione di quelle informazioni. Non è facile collegare le diverse dimensioni di internet ai paradigmi di comunicazione consolidati e ai relativi apparati regolamentari.
LA STRADA DEI CONTROLLI PREVENTIVI - «I messaggi scambiati in rete – osserva Marco Orofino, professore di Informazione e Costituzione all’Università Statale di Milano – possono essere collegati all’articolo 21 della Costituzione che riguarda le comunicazioni al pubblico oppure all’articolo 15 collegato alla libertà di corrispondenza; e nel secondo caso le possibilità di intervento sono molto più limitate». La diffusione della rete e la facilità di accesso rendono molto visibili i danni o i reati che si compiono attraverso i siti, per cui alcuni osservatori hanno la tentazione di seguire la strada delle autorizzazioni o dei controlli preventivi, finora imboccata solo da regimi dove la libertà di espressione non è tra i valori più tutelati.
LA PRIVACY - Un problema analogo si presenta nella difesa della privacy. Informazioni invasive o talvolta false su una persona rimangono in rete molto a lungo, anche dopo che sono state superate e strumenti come la smentita o la rettifica, che già funzionano poco nell’informazione cartacea, sembrano di utilità assai dubbia nella rete. Ad esempio se una persona viene processata ma poi assolta, la seconda notizia, meno visibile e meno cliccata, scompare nelle gerarchie dei motori di ricerca mentre la prima rimane anche a distanza di anni. Certo ci sono organizzazioni che ripuliscono la rete da calunnie o notizie infondate, ma si tratta di servizi costosi riservati a chi li può pagare. Quando gli archivi dei giornali sono stati resi accessibili in rete questo problema è emerso con forza e si è trovata un ragionevole compromesso. Una semplice procedura consente di inibire ai motori di ricerca l’accesso a notizie pubblicate anni prima e superate oppure risultate infondate, senza però modificare o cancellare gli archivi dei quotidiani. In effetti gli interventi regolatori su internet pongono molti problemi. Se si utilizza un approccio ex ante dove si specificano in modo amministrativo comportamenti e possibilità di azione, sono richieste molte competenze specifiche, normalmente poco presenti nel ceto politico e le regole risultano invecchiate ancor prima di essere applicate. Inoltre molti siti hanno una collocazione geografica extranazionale che rende complessa l’applicazione dei provvedimenti. Infine soprattutto per i siti minori la minaccia di oscuramento rischia di essere facilmente bypassata con l’apertura di un nuovo sito in un’altra registrazione.
YOUTUBE E' UN EDITORE? - Per questo anche riconoscendo che le leggi ci sono già per situazioni analoghe off line non è sempre facile trasferire i principi e non e facile rendere esecutive le misure. Recentemente il tribunale di Roma ha dato ragione a Mediaset nella causa contro YouTube che sarà obbligata a rimuovere dal suo sito gli spezzoni del Grande Fratello. In questo caso YouTube è stato considerato come un editore che ha responsabilità per i contenuti che diffonde e non come un carrier simile alle poste o alle aziende telefoniche. Se l’orientamento si generalizzasse, i siti aggregatori semplicemente non potrebbero esistere perché al momento non ci sono le condizioni economiche che consentono loro di controllare le informazioni che veicolano. Se invece prevalesse un orientamento per cui il proprietario dei contenuti può ex post far cancellare spezzoni che altri hanno inserito senza autorizzazione la dinamica rimarrebbe gestibile.
AUTOREGOLAMENTAZIONE - Molti, come lo stesso ministro Maroni, nutrono speranze nei sistemi di autoregolamentazione, come accade nell’autodisciplina pubblicitaria. Naturalmente questi sistemi sono meno stringenti, ma consentono di gestire con flessibilità problemi differenti tra loro. Molti dei maggiori siti stanno promuovendo policy di comportamento che di fatto rappresentano un’autoregolamentazione. Normalmente le discutono informalmente con qualche governo e con alcuni stakeholders rilevanti, poi le applicano a tutti i loro siti su scala mondiale. L’impatto di queste scelte è molto elevato, ma naturalmente il processo di selezione delle policies si sottrae in questo caso alla normale dialettica democratica. Il tema della regolazione e della governance della rete appare complesso e andrebbe discusso ragionando pacatamente su obiettivi e strumenti, considerando con attenzione i possibili trade off tra interessi legittimi differenti, senza prestare troppa attenzione alle problematiche contingenti e alle polemiche che facilmente vi sono associate.
Marco Gambaro
17 dicembre 2009
PROBLEMI NUOVI - Il tema della governance della rete è molto ampio e coinvolge situazioni molto diverse tra loro, ma certo l’abbassamento dei costi di ricerca delle informazioni e l’immediatezza e l’ampiezza delle ricerche consentite da internet pongono problemi nuovi. Se parlando privatamente con un amico una persona dice hanno fatto bene ad attaccare Berlusconi, sta esprimendo un’opinione forse di cattivo gusto, ma non sta commettendo nessun reato. Se la stessa cosa viene fatta su un social network in un gruppo chiuso di utenti, la situazione è concettualmente simile, ma naturalmente le dimensioni in gioco sono diverse, come argomenta Marco Pratellesi su Corriere.it. Se infine il gruppo è aperto, cioè i contenuti sono visibili anche senza un’iscrizione e un’accettazione reciproca, allora scattano situazioni di ordine pubblico simili a quelle che si ritrovano su una piazza o in un giornale dove, poiché si parla pubblicamente, reati come l’apologia di reato o l’istigazione a delinquere possono essere invocati, previo un giudizio della magistratura, per limitare già oggi la circolazione di quelle informazioni. Non è facile collegare le diverse dimensioni di internet ai paradigmi di comunicazione consolidati e ai relativi apparati regolamentari.
LA STRADA DEI CONTROLLI PREVENTIVI - «I messaggi scambiati in rete – osserva Marco Orofino, professore di Informazione e Costituzione all’Università Statale di Milano – possono essere collegati all’articolo 21 della Costituzione che riguarda le comunicazioni al pubblico oppure all’articolo 15 collegato alla libertà di corrispondenza; e nel secondo caso le possibilità di intervento sono molto più limitate». La diffusione della rete e la facilità di accesso rendono molto visibili i danni o i reati che si compiono attraverso i siti, per cui alcuni osservatori hanno la tentazione di seguire la strada delle autorizzazioni o dei controlli preventivi, finora imboccata solo da regimi dove la libertà di espressione non è tra i valori più tutelati.
LA PRIVACY - Un problema analogo si presenta nella difesa della privacy. Informazioni invasive o talvolta false su una persona rimangono in rete molto a lungo, anche dopo che sono state superate e strumenti come la smentita o la rettifica, che già funzionano poco nell’informazione cartacea, sembrano di utilità assai dubbia nella rete. Ad esempio se una persona viene processata ma poi assolta, la seconda notizia, meno visibile e meno cliccata, scompare nelle gerarchie dei motori di ricerca mentre la prima rimane anche a distanza di anni. Certo ci sono organizzazioni che ripuliscono la rete da calunnie o notizie infondate, ma si tratta di servizi costosi riservati a chi li può pagare. Quando gli archivi dei giornali sono stati resi accessibili in rete questo problema è emerso con forza e si è trovata un ragionevole compromesso. Una semplice procedura consente di inibire ai motori di ricerca l’accesso a notizie pubblicate anni prima e superate oppure risultate infondate, senza però modificare o cancellare gli archivi dei quotidiani. In effetti gli interventi regolatori su internet pongono molti problemi. Se si utilizza un approccio ex ante dove si specificano in modo amministrativo comportamenti e possibilità di azione, sono richieste molte competenze specifiche, normalmente poco presenti nel ceto politico e le regole risultano invecchiate ancor prima di essere applicate. Inoltre molti siti hanno una collocazione geografica extranazionale che rende complessa l’applicazione dei provvedimenti. Infine soprattutto per i siti minori la minaccia di oscuramento rischia di essere facilmente bypassata con l’apertura di un nuovo sito in un’altra registrazione.
YOUTUBE E' UN EDITORE? - Per questo anche riconoscendo che le leggi ci sono già per situazioni analoghe off line non è sempre facile trasferire i principi e non e facile rendere esecutive le misure. Recentemente il tribunale di Roma ha dato ragione a Mediaset nella causa contro YouTube che sarà obbligata a rimuovere dal suo sito gli spezzoni del Grande Fratello. In questo caso YouTube è stato considerato come un editore che ha responsabilità per i contenuti che diffonde e non come un carrier simile alle poste o alle aziende telefoniche. Se l’orientamento si generalizzasse, i siti aggregatori semplicemente non potrebbero esistere perché al momento non ci sono le condizioni economiche che consentono loro di controllare le informazioni che veicolano. Se invece prevalesse un orientamento per cui il proprietario dei contenuti può ex post far cancellare spezzoni che altri hanno inserito senza autorizzazione la dinamica rimarrebbe gestibile.
AUTOREGOLAMENTAZIONE - Molti, come lo stesso ministro Maroni, nutrono speranze nei sistemi di autoregolamentazione, come accade nell’autodisciplina pubblicitaria. Naturalmente questi sistemi sono meno stringenti, ma consentono di gestire con flessibilità problemi differenti tra loro. Molti dei maggiori siti stanno promuovendo policy di comportamento che di fatto rappresentano un’autoregolamentazione. Normalmente le discutono informalmente con qualche governo e con alcuni stakeholders rilevanti, poi le applicano a tutti i loro siti su scala mondiale. L’impatto di queste scelte è molto elevato, ma naturalmente il processo di selezione delle policies si sottrae in questo caso alla normale dialettica democratica. Il tema della regolazione e della governance della rete appare complesso e andrebbe discusso ragionando pacatamente su obiettivi e strumenti, considerando con attenzione i possibili trade off tra interessi legittimi differenti, senza prestare troppa attenzione alle problematiche contingenti e alle polemiche che facilmente vi sono associate.
Marco Gambaro
17 dicembre 2009
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