Qualche giorno fa una mia cara amica mi ha telefonato chiedendomi se potevo occuparmi di quanto era capitato al suo compagno.
Costui, trasportatore di mestiere, era stato fermato dalla polizia stradale che gli aveva contestato la mancanza di un certificato prescritto per chi trasporta un certo tipo di merci: 150 euro di contravvenzione e sequestro del camion per 60 giorni.
La mia amica era disperata: il camion è lo strumento di lavoro del suo compagno: niente camion, niente lavoro, niente soldi per vivere. Ho detto che avrei visto di cosa si trattava e che avrei fatto il possibile. E in effetti mi sono messo a studiare, ho rintracciato le norme di legge contestate e verificato che, purtroppo, non c’era niente da fare: il codice della strada e una recente circolare imponevano questo documento e le sanzioni erano quelle applicate dalla polizia stradale. Nemmeno c’era spazio per chiedere una diminuzione dei giorni di sequestro perché la legge prevedeva un periodo secco di 60 giorni, non uno di più, non uno di meno.
Molto dispiaciuto per loro ho comunicato il risultato delle mie ricerche; ho detto che si sarebbe potuto fare un ricorso al giudice di pace e al prefetto ma che il risultato non poteva che essere la conferma di contravvenzione e sequestro perché questa era la legge.
La mia amica non è stata contenta; ha cominciato a prendersela con queste leggi del… che ce l’hanno con le persone perbene che hanno bisogno di lavorare, che sono pure leggi stupide perché questo documento sembra sia rilasciato da qualsiasi scuola guida dietro pagamento di una somma di danaro, che quindi non ha nulla a che fare con la sicurezza; insomma una serie di esternazioni anche condivisibili.
Mi sono dichiarato dispiaciuto e preoccupato per loro e la cosa è finita lì.
Almeno credevo. Ieri la mia amica mi ha telefonato inviperita. Mi ha raccontato che un collega del suo compagno aveva avuto la stessa disavventura: controllo, contravvenzione, sequestro del camion. Solo che lui, che era uno che sapeva stare al mondo, si era rivolto a un suo amico che aveva telefonato a chi di dovere che aveva provveduto ad annullare la contravvenzione e il sequestro. Mi ha accusato di non essermi “interessato” del suo caso, nonostante i nostri rapporti; mi ha detto che non riusciva a capire come, dopo aver fatto il magistrato per tanti anni non avessi un amico a cui chiedere un semplice favore come questo, che evidentemente io di lei me ne fregavo etc. etc.
A questo punto mi sono arrabbiato: le ho detto che io non facevo il padrino per nessuno, non lo avevo fatto per me, non lo avevo fatto per i miei parenti e certo non lo avrei fatto per lei. E anche che “padrini” si diventa con un lungo lavoro di favori scambiati, omissioni compiacenti e inciuci poco puliti e che, anche se avessi voluto aiutarla, mi mancavano gli strumenti.
Dopodiché ho chiuso con stizza il telefono.
Adesso: quanta gente c’è in Italia che ragiona come la mia amica? E questa gente può mai essere sensibile a discorsi di rispetto per le istituzioni, legalità, etica, democrazia, tutela delle minoranze, insomma tutto l’armamentario dell’opposizione (ops, dell’opposizione, mah...)? E ancora: sarà questo il tipo di persone che vota B&C, condividendone il disprezzo per le regole, la furbizia meschina, l’amoralità elevata a sistema di vita? E infine: sarà perché sono tanti a pensarla così che non riusciamo a liberarci di B&C?
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