martedì 22 dicembre 2009

Ultimo appello al premier


22/12/2009
FEDERICO GEREMICCA


Comincia a esserci qualcosa di fastidioso nel coro di elogi e consensi che fa puntualmente seguito a ogni importante discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica.

Non che, naturalmente, ci sarebbe da augurarsi il contrario: più semplicemente - e considerato il punto cui è giunta la parabola - sarebbe forse tempo di veder tradotti, almeno per una volta, quegli elogi e quel consenso in atti politici coerenti e conseguenti.

A un tale pensiero si è stati forzosamente indotti ieri, ascoltando appunto il Capo dello Stato rivolgere - nello splendido Salone dei Corazzieri - il suo preoccupato discorso di fine anno alle alte magistrature della Repubblica. Il motivo è assai semplice: nel suo intervento, Napolitano è stato costretto a citarsi più volte e a ricordare come alcuni suoi allarmi (intorno ai quali, naturalmente, registrò il massimo del consenso...) sono ormai vecchi di anni: le «severe considerazioni» intorno alle storture che accompagnano il percorso in Parlamento della legge finanziaria, per esempio, risalgono addirittura ai discorsi svolti di fronte allo stesso consesso nel dicembre del 2006 e poi del 2007. Anche in quelle occasioni, grande sostegno alle preoccupazioni presidenziali e poi pagina voltata e tutto come prima.

Pur evitando pessimismi - dei quali per altro non si sente affatto il bisogno - occorre però dire che, al momento, non par di scorgere novità tali da far ipotizzare sostanziali cambiamenti rispetto al copione di questi ultimi anni. Eppure, l’intervento del Presidente si è mosso con la consueta lucidità dentro quel quadrilatero di rapporti da tempo fonte di ogni problema: politica-giustizia-governo-opposizione. Si è trattato di un discorso severo e fermo, soprattutto nei confronti della maggioranza di governo e di Silvio Berlusconi, al quale - espressa solidarietà «istituzionale e personale» - non ha certo risparmiato rilievi: dall’evocare complotti contro il governo, che la Costituzione rende impraticabili; all’aver «compresso» il ruolo del Parlamento (con il continuo succedersi di decreti-legge: 47 dall’inizio della legislatura); fino a ritenere la nuova legge elettorale una modifica di fatto della Costituzione che ne farebbe addirittura un premier eletto dal popolo.

Secondo il Capo dello Stato non è percorrendo queste vie che si favorisce una distensione del clima e non è così, soprattutto, che si costruisce un terreno favorevole alla realizzazione di riforme condivise, per le quali «purtroppo ancora non si vede un clima propizio nella nostra vita pubblica». E se quello delle riforme - istituzionali, costituzionali ed economiche - rimane, per dir così, un chiodo fisso nei ragionamenti di Napolitano, va annotato che un altro elemento di fortissima preoccupazione vi si è aggiunto negli ultimi giorni: il dovere di «prevenire ogni degenerazione verso un clima di violenza». Può apparire scontato far riferimento a questo dovere oggi, dopo l’inaccettabile episodio dell’aggressione a Berlusconi: ma Napolitano ha ricordato che appena qualche giorno prima del 13 dicembre aveva rivolto un ennesimo appello affinché venisse fermata «la spirale di una crescente drammatizzazione delle polemiche e delle tensioni tra le parti politiche e le istituzioni».

Quell’appello - come purtroppo testimoniò anche il durissimo intervento contro la magistratura, la Corte Costituzionale e gli ultimi presidenti della Repubblica svolto da Berlusconi appena tre giorni prima dell’aggressione milanese - rimase inascoltato: l’auspicio del Capo dello Stato è che almeno ora tutti riflettano sulla china imboccata. «Stiamo attenti - ha chiesto ai leader e alle autorità presenti nel Salone dei Corazzieri - a non lacerare quel fondo di tessuto unitario» decisivo per la tenuta democratica del Paese e il suo sviluppo. Anche stavolta l’appello è stato rivolto a tutti con tono appassionato ed è stato da tutti, naturalmente, apprezzato e condiviso. Il solito copione, verrebbe da dire: anche se, soprattutto dopo l’aggressione subita da Silvio Berlusconi, c’è da sperare che alla solita trama fatta di polemiche e tensioni, uomini di buona volontà decidano di cambiare almeno il finale.

6 commenti:

Pupottina ha detto...

probabilmente non riuscirò a passare più nei prossimi giorni, quindi BUON NATALE

^_____________^

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grazie, anche a Te!

Francy274 ha detto...

Fur di dubbio Napolitano sembra avere preso coscienza della situazione, ci sarebbe da dire finalmente!
Sarà merito di internet e dei tanti appelli di cittadini seriamente preoccupati del futuro di questo Paese?
Speriamo che stavolta non faccia marcia indietro e che usi i poteri che la Sua carica Gli offre.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Francesca, i poteri che gli attribuisce la Costituzione li sta già usando, non può andare oltre.
Anche in tema di promulgazione delle leggi, l'interpretazione che ne fa il Quirinale non fa una piega, anche se a me non piace.
Non ha usato il potere di rinvio alle Camera di una legga approvata, questo sì, ma l'articolo di Geremicca parla di altro, del fatto che gli appelli di Napolitano sono inascoltati.
La Costituzione non gli dà strumenti politici ma solo istituzionali, di garanzia costituzionale, che prevedono l'alterità degli organi di garanzia (Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale).

Francy274 ha detto...

Forte e chiaro capo :)
Solo noto che negli ultimi tempi sembra farsi presente più spesso e in modo più deciso.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

:-)