giovedì 7 gennaio 2010

Come si dice “inceneritore” in inglese


NELLA TRADUZIONE RIBALTATI I RISULTATI DI UNO STUDIO SU RIFIUTI E TUMORI
di Giovanni Pasimeni


Una negazione di troppo, aggiunta dopo la traduzione dall'inglese all'italiano, ha capovolto il significato di uno studio scientifico sugli effetti dell'incenerimento dei rifiuti. La denuncia è dell'Associazione dei Medici per l'Ambiente, nata il 25 novembre 1990 per “fornire strumenti di conoscenza ai cittadini e tutelare la salute, la vita e il futuro di tutti”. L’oncologo Patrizia Gentilini – sul blog del comico genovese Beppe Grillo (www.Beppegrillo.it) si trova il testo integrale e il video dell'intervista al medico – denuncia la modifica di risultati in documenti utilizzati da associazioni pubbliche per attestare la presunta innocuità degli impianti di incenerimento. La Gentilini parte dall'analisi del Quaderno numero 45 di Ingegneria ambientale. Lo studio, firmato da Umberto Veronesi, Michele Giugliano, Mario Grasso e Vito Foà, è stato ripreso in un documento ufficiale dalla Regione Sicilia, da altre regioni tra cui la Toscana e da diverse province italiane. L’impatto sulla salute pubblica è sviluppato alle pagine 54 e 55 a firma di Vito Foà.
Nel documento sono presi in esame quattro studi, “tutti riportati in maniera non corretta”, sottolinea la Gentilini.
Per lo studio del professor Paul Elliott, condotto in Inghilterra in prossimità di 72 inceneritori, si dice che “non è stata trovata alcuna diversità di incidenza e mortalità per cancro nei 7,5 chilometri di raggio circostanti gli impianti di incenerimento” e che “non si è riscontrata nessuna diminuzione nel rischio mano a mano che ci si allontanava dalla sorgente emissiva”.
Ma nel lavoro di Elliott è scritto il contrario: “Allontanandosi dall'impianto di incenerimento si verifica una diminuzione statisticamente significativa per tutti i tumori: stomaco, colon retto, fegato e polmone”. E un ulteriore esempio sarebbe lo studio fatto in prossimità dei due termovalorizzatori di Coriano, in provincia di Forlì. In questo caso si riporta “solo la frase inizale delle conclusioni”, in cui si dice che “lo studio non ha evidenziato eccessi di mortalità generale e di incidenza per tutti i tumori”. Ma per la Gentilini si tratta di “un'interpretazione molto parziale”. E spiega la questione: “Con lo studio di Coriano si è valutata l'esposizione ai metalli pesanti, attraverso una mappa degli inquinanti fatta per valutare le ricadute sulla popolazione in base alle emissioni dei due impianti, rispettivamente per i rifiuti urbani e per quelli ospedalieri”. Si è analizzata la popolazione residente per 14 anni, dal 1990 al 2003-2004. In un grafico si è illustrato il trend di mortalità per cancro nelle donne in funzione dell'esposizione agli impianti. L'andamento della mortalità per tumore nelle donne raggiunge un aumento fino al 54 per cento. “C'è una coerenza innegabile – spiega la dottoressa Gentilini – tra aumento del rischio e aumento del livello di esposizione”. Ma questo risultato fondamentale “viene sottaciuto nel paragrafo che riguarda l'impatto sanitario dell'incenerimento, in modo da sottostimare questo rischio di rilievo”. L'oncologo ricorda che “non è la prima volta che l'uso artefatto e strumentale di studi scientifici ha costituito l'alibi per non adottare delle misure di protezione della salute pubblica, con un carico di sofferenza, morte e malattia che si poteva evitare”. Per la dottoressa “l'incenerimento dei rifiuti è una pratica da bandire”; occorre “riciclare e recuperare la materia, non bruciarla”.

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