
Forse quando leggerete questo articolo si saprà già come sono andate le cose nel Pd. Sapremo cioè se a sfidare Renata Polverini, candidata del centro-destra per la Regione Lazio, sarà Emma Bonino.
O se invece il Pd avrà deciso di puntare su qualcun altro, più gradito all’Udc. Io spero che a spuntarla sia Emma Bonino, non per ragioni strettamente politiche bensì per un motivo personalissimo, interiore, intimo mi verrebbe da dire. Un motivo che è più facile raccontare che spiegare.
Bene, ho appreso che Emma Bonino si candidava a governare il Lazio quasi per caso, accendendo distrattamente la radio in auto martedì pomeriggio. Lì per lì non ho capito che non era stato il Pd a candidarla, né che il Pd si fosse immediatamente messo alla ricerca di un altro candidato: alle ultime elezioni politiche i Radicali stavano nelle liste del Pd, quindi davo per scontato che a candidare Emma Bonino fosse stato il Pd stesso (naturalmente questo dipende anche dalla mia ignoranza: abito a Torino, e seguo poco le vicende romane). A un elettore normale non viene neanche in mente che il Pd possa non sostenere una persona - Emma Bonino - che aveva fortissimamente voluto nelle proprie liste meno di due anni fa, quando Veltroni tentava di dare un’identità al suo partito. La Bonino che corre senza l’appoggio del Pd, il Pd che, all’ultimo momento, le contrappone un candidato alternativo, sono scenari semplicemente incomprensibili, al limite del grottesco. Così grottesco che una simile eventualità a me, elettore un po’ distratto, non era neppure passata per la mente.
Ma il motivo vero, il motivo più profondo per cui spero che sia proprio Emma Bonino a sfidare la Polverini sta in ciò che quella notizia ha provocato nella mia mente di cittadino chiamato al voto: ho provato invidia per i romani, anzi per i laziali. E sapete perché?
Perché mi sono detto: se avessi la residenza nel Lazio sarei, per la prima volta nella mia storia di elettore, completamente sereno. E lo sarei perché a sfidarsi sono due persone come si deve, educate e appassionate, che hanno il rispetto di tutti, e si stimano fra di loro (la stima per Renata Polverini è fra le prime cose dichiarate da Emma Bonino nelle interviste). Due persone che, poste al governo del Lazio, ovviamente non farebbero le stesse identiche cose, ma difficilmente si rivelerebbero cattive amministratrici, animate dall’interesse personale o compromesse con clientele e comitati di affari: e l’esperienza insegna quanto, nei governi locali, la qualità complessiva dell’amministrazione sia l’elemento decisivo, ben più delle piccole differenze negli indirizzi politici generali.
Per un cittadino normale, non imbevuto di ideologia, vivere in Veneto o in Emilia, due regioni di opposto colore politico, è sostanzialmente la stessa cosa, perché sono regioni entrambe ben governate. Ed è diversissimo rispetto al vivere in una qualsiasi delle regioni di mafia, indipendentemente dal fatto che a mal governarla sia il centro-destra o il centro-sinistra. Naturalmente la scelta fra Polverini e Bonino non è indifferente, e se abitassi a Roma cercherei di capire le differenze fra i rispettivi programmi (innanzitutto sulle politiche familiari), ma alla fine non è più drammatica della scelta fra vivere in Veneto o in Emilia, in Lombardia o in Piemonte, in Friuli o in Trentino.
Queste cose pensavo a caldo. E poi, voglio confessare proprio tutto, nella mia mente è partita una fantasticheria, una sorta di sogno ad occhi aperti. Che bello sarebbe se, anche nelle altre regioni, anche nella competizione per le elezioni politiche, potessimo scegliere fra candidati così. Che bello sarebbe se, anziché parlare a vanvera di rinnovamento, si avesse un po’ più di cura nello scegliere i candidati. Che bello sarebbe se il rispetto che il nostro candidato riceve dagli «altri», ossia dall’elettorato che non lo voterà, fosse un metro importante per sceglierlo. Somiglieremmo un po’ di più alle grandi democrazie, il cui tratto distintivo, al di qua come al di là dell’Atlantico, è il fatto che la maggior parte degli elettori non esclude affatto di cambiare schieramento, né vive come una catastrofe la vittoria dello schieramento avverso: in Francia la vittoria di Sarkozy non è stata un dramma per gli elettori progressisti, negli Stati Uniti la vittoria di Obama non è stata un dramma per gli elettori repubblicani, in Germania la vittoria della Merkel non è stata un dramma per gli elettori socialdemocratici.
Come cittadino sono abbastanza stanco, e persino irritato, di ascoltare continuamente inviti ad «abbassare i toni». Più che abbassare i toni, alziamo la qualità dei candidati, e non ci sarà più bisogno di abbassare alcunché. Candidando Renata Polverini, il Pdl ha già fatto la sua parte. Presto vedremo se anche il Pd vorrà fare la sua.
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