22/1/2010
UGO MAGRI
UGO MAGRI
Può sembrare grottesco, forse lo è: nel mentre esatto che sulla pubblica arena volavano insulti anche pittoreschi tra governo e opposizione (per non dire tra ministro Guardasigilli e sindacato delle toghe), in quel preciso istante a tavola, nell’atmosfera ovattata dell’Hotel de Russie dietro Piazza del Popolo, si celebrava ieri la messa da requiem del «processo breve», madre di tutte le discordie.
Veniva pattuito di comune accordo, senza sfumature apprezzabili tra Berlusconi e Fini, che la legge appena approvata in Senato verrà subito inghiottita dalla Commissione giustizia della Camera. E lì se ne perderanno le tracce, quantomeno per i prossimi due mesi. Poi, una volta celebrate le elezioni regionali in data 28 marzo, pigramente l’Aula procederà all’esame dell’articolato. Viene dato per certo che ci saranno delle modifiche, magari addirittura il «processo breve» verrà purgato della norma «ad personam» che cancella i due processi del premier. Col risultato che la legge (a quel punto senza più clamore, è chiaro) verrà rispedita alla casella del «via», cioè in Senato, senza nemmeno escludere un quarto passaggio parlamentare...
Insomma, non se ne farà più nulla. Tranne che nell’ipotesi molto d’emergenza in cui Berlusconi si ritrovasse completamente inerme davanti ai giudici milanesi, privo di qualunque altro scudo contro le condanne incombenti. In quel caso basterebbe un attimo per riaprire il cassetto, tirarne fuori la legge già timbrata da un ramo del Parlamento e approvarla seduta stante. Sarebbe la classica ciambella di salvataggio, il Cavaliere stesso potendo eviterebbe di restarvi aggrappato poiché si rende conto dello sconquasso per l’intero sistema della giustizia. Ma si tratta di un rimedio da ultima spiaggia. La rotta tracciata ieri nel pranzo tra Berlusconi e Fini punta semmai sul «legittimo impedimento», l’altro cavillo escogitato per legare le mani ai giudici milanesi. La sostanza è che non potranno tenersi udienze ogni qualvolta il premier sarà impedito, appunto, da impegni istituzionali. Lunedì la legge arriverà in Aula alla Camera. Sette giorni di rinvio per definire gli emendamenti, quindi approvazione in un battibaleno. E stavolta niente «ammuina»: corsa contro il tempo al Senato, entro le Idi di marzo il «legittimo impedimento» sarà in «Gazzetta ufficiale». Quando i giudici convocheranno Berlusconi, lui potrà tranquillamente rispondere: oggi ho l’agenda piena, domani pure...
Fini non solleva obiezioni. Aveva forti riserve sul «processo breve», ci penseranno i suoi a presentarla come una vittoria. Berlusconi alza le spalle, l’importante per il Cavaliere è mettersi al riparo. Poi, in realtà, molto resta da definire, certi «dettagli» sono per niente chiari. Ad esempio, si sa che l’impedimento legittimo del premier durerà 18 mesi, il tempo necessario a varare una riforma della Costituzione che impedisca ai giudici di distrarre il conducente. Ma ancora non si capisce bene quali saranno gli «impedimenti» consentiti per legge (c’è discussione se ricomprendere nella lista quelli di natura internazionale), e tantomeno in che modo la Carta costituzionale verrà ritoccata.
Nei pochi minuti di ragionamento a tavola, in un clima giurano parecchio rilassato, l’idea prevalente è parsa quella di puntare sull’immunità per tutti i politici anziché sullo scudo per uno soltanto. Com’era prima del ‘93 e di Tangentopoli. A sua volta, qualunque riforma della Costituzione richiede forme di convergenza bipartisan. E’ la ragione niente affatto misteriosa per cui nella cerchia berlusconiana si ripete senza tregua il mantra del dialogo con l’opposizione. «Non crediamo affatto che la stagione delle riforme sia prematuramente finita», insiste il portavoce del premier, Bonaiuti. Bersani oggi manifesta sdegno, annuncia battaglia sul «processo breve» e pure sul «legittimo impedimento». L’interrogativo è se terrà duro anche dopo le Regionali.
2 commenti:
Insomma, se le cantano e se le suonano come vogliono loro! E le stelle stanno a guardare!
Solo le stelle? Anche i "buoi" nelle stalle :))
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