giovedì 14 gennaio 2010

GELA, UN CARCERE LUNGO 50 ANNI E 2 INAUGURAZIONI


Alfano annuncia piani mirabolanti ma le celle ci sarebbero già
di Giuseppe Lo Bianco



Quello giovane è in tuta, leggermente stempiato. Il più anziano è in divisa, con i gradi di maresciallo. Sono gentili e annoiati, sorridono e non parlano. “Dobbiamo essere autorizzati dal ministero”.

Si affacciano davanti la palazzina gialla perfettamente rifinita appena scorgono l’auto sconosciuta che entra tranquillamente dal cancello aperto nel cortile, schivando tubi elettrici, condotte fognanti e pezzi di lamiera in attesa di essere collocati.

“Ce la fate a finire entro luglio?” domandiamo agli operai. “Sempre che non piove”, rispondono sorridendo. Fuori una Panda blu notte con le insegne della Polizia Penitenziaria parcheggiata accanto a tre auto degli operai al lavoro in un cantiere aperto in contrada Balate, ci ricorda che siamo in un’area di reclusione.

Benvenuti nel carcere fantasma di Gela, dove il giovane ed il più anziano sono gli unici due agenti di custodia di una struttura vuota, perfettamente efficiente, eppure mai entrata in funzione. Sono i guardiani del tempo, più che dei detenuti, che qui non hanno mai messo piede. E quando il più giovane apprende che il carcere è stato progettato nel 1959, sorride ancora: “Non ero neanche nato”.

Inaugurato due volte in 50 anni, consegnato ufficialmente lo scorso anno all’amministrazione penitenziaria, ma oggi non ancora pronto, il carcere di Gela è il simbolo paradossale delle opere pubbliche incompiute siciliane. E una spina nel fianco dei governi di centrosinistra e di centrodestra che sulla città hanno vomitato promesse mai mantenute, lasciando il Comune a gestire un appalto infinito che non si è ancora concluso. Nella città teatro della più sanguinosa guerra tra Cosa Nostra e la “stidda”, dei 150 incendi dolosi l’anno, delle estorsioni a tappeto, dove chi viene offeso da una parola ingiuriosa attende ancora sotto casa l’avversario per sparargli ai piedi, il carcere desolatamente vuoto diventa paradossalmente una “presenza rassicurante”, come dice un funzionario di polizia: “L’idea del carcere, per i gelesi, ancora oggi non è un’idea concreta”.
E così i detenuti, decine a settimana, vengono trasferiti nella struttura vicina di Caltagirone “che lavora solo con noi”, dicono le forze dell’ordine, con notevole dispendio di tempo, uomini, e mezzi, costringendo anche i magistrati a lunghe trasferte per gli interrogatori.

Lo progettarono nel 1959, come un carcere mandamentale, perchè a Gela esisteva solo la Pretura, il progetto fu approvato nel 1978 e i lavori iniziarono solo quattro anni dopo, nell’82. Ma otto morti in una notte, nel novembre del ’90, consigliarono il ministero della Giustizia ad istituire il Tribunale, dimenticando però un dettaglio burocratico: da casa mandamentale, il carcere avrebbe dovuto essere adeguato agli standard di casa circondariale. E così lo Stato contro i delinquenti gelesi si mosse a due velocità: pensò alla pena, con il Tribunale, ma non alla sua applicazione. Fra progetti, autorizzazioni, ricerca di investimenti e nuovi appalti volarono gli anni: mentre Gela scalava le classifiche delle città a maggior rischio criminale, e il governo mandava plotoni di agenti e carabinieri per fronteggiare una criminalità mafiosa e comune sempre più agguerrita, ad occuparsi del completamento del carcere è rimasto il Comune, stretto dalle denunce contro i mafiosi e le infiltrazioni negli appalti pubblici.
Sono gli anni delle inchieste sul calcestruzzo depotenziato, e il sospetto sfiora pure il penitenziario mai aperto: ma le indagini non accertarono nulla. Nel ’92 l’amministrazione di centro sinistra riuscì infine ad appaltare il terzo lotto, con cui furono costruite la palazzina degli uffici direzionali, della mensa e del personale penitenziario e la restante parte del muro di cinta, ancora oggi incompiuto. Costo, 5 milioni di euro. Un’iniezione di entusiasmo, dopo anni di paralisi, che convinse il ministro Mastella ad organizzare una finta inaugurazione: il 26 novembre del 2007 si presentò a Gela per ricevere da Crocetta le chiavi del carcere, trasferito formalmente al demanio; chiavi che il Guardasigilli continuò, purtroppo, a non usare. Mancavano, infatti, la cucina, la lavanderia e altri servizi, per un costo di ulteriori due milioni di euro. Nuovo appalto, nuovi lavori e nuova attesa: al Dap hanno impiegato mesi interi per stabilire l’esatta qualificazione di un carcere del tutto sconosciuto, eppure esistente da circa 25 anni. Sui ritardi biblici non è mai stata aperta alcuna inchiesta. “Se ci sono reati sono ormai prescritti – dicono in procura – e lo stesso codice non offre molti appigli”. Oggi la conclusione dei lavori è prevista nel luglio prossimo: il carcere ospiterà 96 detenuti in 48 celle con bagno, avrà 80 agenti di custodia e altri educatori e personale amministrativo. Una piuma nel programma di interventi del ministero della Giustizia, che ha bisogno di 20 mila posti letto. “Gela – ha detto uno dei fedelissimi del guardasigilli, il deputato Alessandro Pagano – è la prima delle risposte volute dal ministro Alfano, che vanno in tale direzione”. Sempre, come dicono gli operai, che non piova.

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Va detto, per amore di verità, che la natura di 'carcere mandamentale' poneva in carico al comune sia la messa a dispozione di un edificio da adibire a carcere, annesso alla pretura, sia i cusotodi da impiegare. Personalmente, ho partecipato ad un concorso per due custodi.
La 'dimenticanza', se tale fu, di modificare la destinazione giuridica da "carcere mandamentale" in "casa circondariale" ha continuato a porre a carico dell'amministrazione comunale i lavori necessari.
Il giornalista non lo dice, ma adesso è sicuramente una casa circondariale, il che ha consentito all'amministrazione penitenziaria di intervenire con finanziamenti, sia pure a singhiozzo.
30 agenti sono sufficienti per gestire un'unica sezione di 40 celle per 80 posti, ma sia la necessità che alcune regole di convivenza poco note, sicuramente farà aumentare la capienza a 120, con tre detenuti (numero dispari) per cella.
Con 120 detenuti ci vorrano altri agenti, che non è possibile quantificare in base ai dati forniti dall'articolo.
Infine, Gela è un 'caso limite'.

Unknown ha detto...

Penso proprio che questo signore sia del posto e come al solito per pura forma di partigianeria non si permette minimamente di sentirsi offeso dell'ennesima stortura tipicamente Gelese fatta di strisciante accomodamento degli eventi su tutti gli appalti che si affacciano sul quel '' paesaccio '' con tacito accordo di tutti.
Nel frattempo sono passati e spalmati nonché inosservati vari miliardi di vecchie Lire dello stupido contribuente Italiano .

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non ho capito. Ti dispiace spiegarti meglio?