giovedì 14 gennaio 2010

Il Parlamento come audience


di Furio Colombo


Prima scena, martedì 12 gennaio, Camera dei deputati, aula gremita. Il programma reca “Carceri”. Ci sono tutte le regioni per restare col fiato sospeso. Quattro suicidi nei primi giorni del 2010 sono come una conferma di tragedia avvenuta (l’incredibile numero di suicidi finora) e di tragedia annunciata.
La mozione sulle carceri di Rita Bernardini, radicale Pd (carceri disumane da non tollerare un’ora di più) è la ragione della seduta. Entra in scena il personaggio che interpreta il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. È un buon interprete, alto, elegante, dizione chiara. Sostiene che fra poco costruiremo tante nuove carceri da contenere 60, 70 anche 80.000 detenuti.
“Nuovo” è una bella parola nel mondo dello spettacolo. In quel mondo non occorrono dodici anni per costruire un edificio carcerario come nella vita. Basta l’annuncio.
Il bravo attore s’inchina e se ne va fra gli applausi della sua numerosa claque.
Seconda scena, mercoledì 13 gennaio, stesso luogo, stessa ora, tutto esaurito nel settore Lega nord, qualche vuoto nei palchi della destra. L’argomento è rovente. La rivolta razzista di Rosarno. In scena un attore meno bravo che interpreta il ministro dell’Interno della Repubblica italiana. Ma si vede benissimo che quel che gli importa è di essere riconosciuto come uno dei capi di un partito secessionista, la Lega nord. Il copione dell’attore (si chiama Roberto Maroni) prevede non una scrupolosa relazione al Parlamento ma l’apertura della campagna elettorale leghista.
L’attore-ministro recita un copione in cui si sa tutto dei “negri”, quanti erano, dove erano, quanto il danno arrecato.
I luoghi fatiscenti in cui gli immigrati erano stipati nella fame e nel gelo sono stati definiti “gli edifici in cui risiedevano”.
La popolazione (i bianchi) “a un certo punto ha reagito”.
Ed è tutto. C’era l’opposizione in aula? C’era. Silenziosa, educata, una scolaresca esemplare.
Due interventi molto seri e rispettosi. Ma in un silenzio e in una compostezza da lezione di anatomia.
Il governo Bossi-Berlusconi sta buttando il paese in un precipizio, tra inizio orgoglioso e rivendicato di linciaggi e “leggi ad libertatem” che fra poco inonderanno Camera e Senato.
Sarà sempre così discreta, rispettosa, in silenzio l’opposizione? O si aspetta un segnale, una iniziativa, come per la candidatura nel Lazio?

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