domenica 31 gennaio 2010

Giornata frenetica, poi la resa tramonta l'era di Bassolino


di CONCHITA SANNINO


Quando la disfatta è davvero vicina, ti accarezza con parole di pietas. Un nuovo accento che affiora, per la prima volta in quindici anni, ieri sera, sulle labbra di Vincenzo De Luca, unico candidato ufficiale del Pd in Campania, quando si rivolge al suo acerrimo nemico e grande assente, Antonio Bassolino.

Dopo una giornata tesissima, che aveva sancito il ritiro dell'ultimo bassoliniano contro De Luca in un imbarazzante balletto sulle primarie - convocate, per tre volte rinviate e ieri, di fatto, vinte "a tavolino" dal rivale - il sindaco di Salerno può permettersi di non infierire. Gli basta promettere "rinnovamento radicale nelle politiche regionali". E poi: "Basta duelli, basta caricature, vorrei rivolgere un saluto a Bassolino", esorta. Prima di passare all'opera di archiviazione: "Al di là delle luci e delle ombre di quindici anni di governo, la vicenda di Bassolino appartiene alla storia democratica e civile di questo Paese e del Mezzogiorno. Lui stesso ha detto in passato una cosa importante: "Non ce l'abbiamo fatta". Noi tutti non ce l'abbiamo fatta, non solo lui". E così sia. Voglia di un nuovo inizio. In un Pd che resta diviso, ma sta già cambiando leadership.

La fine dell'era bassoliniana in Campania, comunque vadano queste elezioni regionali, è scoccata alle sei della sera, sotto un cielo piovoso, nella sala gremita di un albergo sul lungomare. Davanti a una platea trasversale ecco il calcio d'inizio di De Luca, il primo cittadino-sceriffo che dota di manganelli i vigili urbani di Salerno, l'amministratore outsider dei democratici, la spina nel fianco di Bassolino per quasi tre lustri, ma anche di Pierluigi Bersani negli ultimi due mesi. Combattente in cerca di sfide, il sindaco già si riconquistò la sua rielezione con una corsa tutta in salita, nel giugno del 2006: vincendo, con un cartello di liste civiche, contro il designato ufficiale di Ds e della Margherita, l'europarlamentare Alfonso Andria, voluto da Bassolino e De Mita. Accadeva una vita fa. Con Prodi che si apprestava a riconquistare Palazzo Chigi e il potere bassoliniano in sella. All'hotel Vesuvio, quando De Luca entra tra due ali di folla e dalla platea si alza proprio Andria per abbracciarlo, scatta la prima standing ovation. Un'ora di discorso a braccio, diciotto lunghi applausi.

De Luca non si fa "impressionare" dall'avversione già dichiarata dall'Idv e della Sinistra che considerano la sua candidatura "improponibile" e gli chiedono di fare un passo indietro per salvare "la coalizione". Ipotesi lunare per il candidato, soprannominato anche Vincenzo 'o pazzo da chi ne apprezza il piglio decisionista. Improbabile anche l'ultima ratio a cui si appellano i bassoliniani, quando argomentano che il regolamento delle primarie prevede che "in assenza di un'intesa con tutti gli alleati, il candidato rimetta l'ultima parola al partito". È l'esile speranza di Bassolino: un improbabile intervento da Roma. Mentre De Luca è già lanciatissimo contro il centrodestra, cui non lesina attacchi.

"In questi cinque anni l'opposizione c'era? Virtuale. Ora noi dobbiamo stare uniti, tutti", quasi grida. "Vincere qui e ora, ce la possiamo fare. Perché se non superiamo questa sfida, la Campania finisce in mano alla camorra". Sala in delirio. De Luca non chiude la porta ai potenziali alleati. "Ma prima di stare con i partiti, voglio stare con i cittadini, i giovani in cerca di lavoro, gli onesti padri di famiglia". Parole dure per Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris che gli avevano ricordato di essere rinviato a giudizio per vicende amministrative. "I magistrati non devono guardare in faccia a nessuno. Ma nessuno venga a darmi lezioni di legalità. Casomai, ne do". Nel suo pantheon di oggi, De Luca mette Napolitano e la Chiesa. "Dietro di me non ho correnti, non ho potentati economici, non ho burattinai. Sono un uomo libero. Se devo scegliere tra la verità e la bandiera di partito, scelgo la verità".

(31 gennaio 2010)

Nessun commento: