mercoledì 27 gennaio 2010

IL DIAVOLO E IL DETTAGLIO


di Oliviero Beha


Si dice che il Diavolo si nasconda nei dettagli. In questo paese è ormai il contrario. È un paese di diavoli e diavoletti in scala, che si nascondono in un dettaglio specifico, quello della lingua che parlano. Partiamo da quest’ultima. Una settimana fa Berlusconi (Diavolone) va a L’Aquila e il “Corriere della Sera” di De Bortoli (Diavoletto) racconta con chiarezza i particolari della sua visita. Compreso l’episodio di un gruppo di giovani che mostrano con giustificato orgoglio al premier la maglietta bianca con la scritta “L’Aquila per Berlusconi”. Solo che uno di loro (diavoluncolo) tra virgolette corrieresche chiosa: “Grazie presidente per averci garantito un terremoto di lusso”. Fine. Nessun commento del giornale, nessuno strascico, tutto normale.
Un terremoto di lusso? Ma sono tutti impazziti? Che lingua parlano, che lingua riportano e soprattutto in che lingua pensano quel ragazzo e chi ne dà conto professionalmente?
Qualche giorno dopo, venerdì scorso, abbuffata di immagini e didascalie sui telegiornali per la tragedia incontenibile di Haiti e l’arrivo di Bertolaso (Diavolo), Nostro Signore della Protezione. Un collega (Diavolino) alla domanda da studio para-bertolasica “ma c’è una buona notizia, vero, una donna sopravvissuta?” risponde testualmente: “Sì, una donna di 69 anni è stata trovata viva, ma le sue condizioni non sono eccellenti…”. Pausa breve. “I medici dicono che le speranze di sopravvivenza sono appese a un filo”. Le condizioni non sono eccellenti? A no? È moribonda, “quindi” anch’io penso che le condizioni non fossero eccellenti.
Di nuovo, ma che lingua pensano e parlano per dire cose del genere? E tanto per rimanere a Bertolaso, viene preso a male parole un po’ da tutti per le accuse agli Usa di non aver saputo coordinare i soccorsi e di essere lì più per mettersi in posa davanti a una telecamera che altro. Si risente la Clinton (Diavolastra) che lo tratta da giornalista sportivo (“chiacchiere da bar”) e dietro Hillary tutti gli altri in casa nostra, Pdl compreso. Pensare che Sarkozy (Diavolo) aveva detto qualcosa di analogo, eppure era passato in cavalleria. Quindi forse tutti i torti Nostro Signore delle Macerie non li avrebbe.
Dov’è che casca il Bertolaso? Nel fare raffronti mediatici. Gli americani in posa per la tv? A sì? E il terremoto de L’Aquila in diretta a “Porta a Porta” con Berlusconi ad abbracciare vecchiette meglio se di profilo per le telecamere promettendo loro “dentiere nuove”? Ne vogliamo parlare? Forse era l’ultimo paragone che doveva venire in mente a Bertolaso, oppure semplicemente Freud (Angelo) gli ha scompigliato i pensieri.
Infine Flavio Delbono (Diavolaccio), oggi sindaco dimissionario di Bologna, tre giorni fa era con ogni evidenza su tutti i giornali, radio e telegiornali, Internet e isole comprese, a dichiarare “non mi dimetto perché non sono ricattabile”. Solo questo il motivo? Non sei ricattabile? Che vuol dire nella tua lingua “ricattabile”? È un aggettivo che sostituisce tutto il resto, la morale, l’etica, la politica? È un modo per rovesciare come un clessidrone Giuliano Ferrara (Diavolissimo) che anni fa compuntamente affermò che “in Italia se non sei ricattabile non puoi fare politica”? È una semplice distorsione mentale, per una china che questo paese sta percorrendo fino in fondo? Lo so, questo ciclopico dettaglio, davvero un palo nell’occhio unico di Polifemo, questo Stato diseredato, insensato e irrispettato della lingua che parliamo e che pensiamo sembra nulla in confronto a quello che combina Berlusconi per salvarsi la ghirba stritolando il Legislativo dal pulpito dell’Esecutivo per mettere la mordacchia al Giudiziario. Nulla in confronto a “Zelig” (ma non il personaggio bensì il programma comico…) D’Alema (Fra’ Diavolo) nuovo presidente del Copasir un momento dopo la disfatta delle Puglie, a paragone della quale per i romani contro Annibale, Canne era stato un pareggio… Ma a pensarci un pochino è questo dettaglio a tenere insieme i Diavoli e a impedirci di esorcizzarli una buona volta. Perché in fondo ormai parliamo quasi tutti anche noi la loro lingua e finiremo per pensarla con loro, come loro, se non ci affretteremo a rovesciare la situazione. A partire dalla lingua, appunto.

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