Il Giornale di Vittorio Feltri e Libero di Maurizio Belpietro stanno conducendo una forsennata campagna d’aggressione ad Antonio Di Pietro accusato, sulla base di un dossier, di essere un uomo della Cia per cui, di fatto, le inchieste di Mani Pulite furono pilotate dagli americani.
Il sottinteso è che Tangentopoli non è mai esistita e che quelle inchieste non furono fatte per fini di giustizia ma per togliere di mezzo un certo numero di partiti politici. Tesi quanto mai in voga in un periodo in cui con le celebrazioni di Bettino Craxi si vuole liquidare definitivamente la stagione di Mani Pulite.
Il dossier ha tutta l’aria di essere una bufala e tale lo considera persino Fabrizio Cicchitto che pure di Di Pietro è un feroce avversario. Del resto non si capisce che interesse avrebbero avuto gli americani a far fuori partiti storicamente atlantisti (Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri) a favore di forze anti Usa quale la Lega di allora e il Pci, che pur essendo totalmente compromesso col sistema delle tangenti, come proprio la magistratura accertò, ne uscì meno malconcio.
La cosa curiosa è che Feltri e Belpietro allora direttore e vice dell’Indipendente furono, nel biennio 1992-94, i più assatanati fan di Di Pietro, che chiamavano affettuosamente Tonino, i più convinti sostenitori di Mani Pulite e i più “giustizialisti”, chiamando Craxi “il cinghialone”, dando così alle legittime inchieste dei magistrati il sapore di una “caccia sadica” e contribuendo a creare quel clima che poi porterà all’indegno linciaggio, a colpi di monetine, davanti all’hotel Raphael e all’inseguimento di Gianni De Michelis per le calli di Venezia. Accanendosi anche sui figli del leader socialista. Pubblicando, tutti goduti, la fotografia del segretario di Forlani, Enzo Carra, in manette.
Quando andarono a lavorare per Il Giornale di Berlusconi, inquisito a sua volta, i due divennero “garantisti” a 24 carati. Ma se si tratta di Di Pietro ritornano ad essere quello che sono sempre stati: dei forcaioli.
Ma ammettiamo, per ipotesi, che Di Pietro fosse un agente al servizio della Cia. Di Pietro era solo uno dei pm di Mani Pulite, il più visibile perché il suo capo, Borrelli, aveva deciso che sarebbe stato lui a sostenere in udienza le accuse del “pool” contando proprio su quella sua naivitè contadina che restituiva alle cose il loro nome di fronte al linguaggio da Azzaccagarbugli dei politici; i ladri tornavano ad essere chiamati ladri.
Quindi oltre a Di Pietro c’erano nel “pool” di Milano, Borrelli, Davigo, la Boccassini, Colombo, magistrati di prim’ordine con conoscenze tecnico-giuridiche molto superiori a quelle di “Tonino” che nelle inchieste portò soprattutto la sua enorme energia.
Tutti agenti della Cia anche loro? E i giudici che in sede di rinvio a giudizio, di sentenze di primo, di secondo grado, di Cassazione, avallarono le inchieste del pool? Tutti agenti della Cia anche loro? E le decine, le centinaia di piccoli e medi imprenditori che andarono a confessare di essere stati taglieggiati, su ogni appalto, dai partiti? Anche loro facevano parte del “complotto” organizzato dagli americani?
Non importa, oggi la favola convenuta, di cui Feltri e Belpietro si fanno vessilliferi, è che Tangentopoli non è mai esistita, fu solo una macchinazione DI QUALCUNO, n’importe pas (vedere americani, servizi, comunisti) in combutta con una magistratura corrotta.
Che gli infami non erano i ladri “eccellenti”, ma i magistrati che osarono inquisirli e condannarli.
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