Nessuno, neppure un fantuttone, può dividersi a metà specie se una metà è destinata a governare Venezia, che è una città del mondo, una specie di città Stato, come Parigi, Milano, Amburgo, Istanbul, New York. Città che richiederebbero, se mai, tre sindaci a tempo pieno e non un sindaco part time E invece Renato Brunetta è il candidato sindaco della Pdl e ha già annunziato che resterà ministro per la Pubblica amministrazione e l´Innovazione, terrà il doppio incarico. Dunque nei giorni pari Brunetta realizzerà la riforma dello Stato, «la più grande riforma mai progettata per l´Italia» (sono parole sue), e nei giorni dispari si occuperà dell´inquinatissima Marghera e delle raffinerie senza futuro industriale, del waterfront di Mestre, del porto turistico e della destinazione dei terreni, che erano agricoli, acquistati dall´amministrazione Cacciari nella zona di Tessera, del progetto di trasformare in appartamenti alcuni alberghi storici del Lido... E ovviamente asciugherà Piazza San Marco, sistemerà il turismo, le Biennali, il festival del cinema, il Mose, l´università, il Casinò.
Ma fermiamoci un attimo. Su Brunetta si può usare l´ironia, ma su Venezia no. E dunque, per una volta, abbiamo deciso di affrontare seriamente il ministro più rumoroso d´Italia e di invitarlo a non offendere la città straordinaria della quale legittimamente sogna di fare il sindaco, una delle città più amate del mondo. Non è più questione di prendere in giro la sua vanità, i suoi eccessi, i suoi insulti, l´idea che ha di se stesso come economista da Nobel, la voglia di mortificare tutti i mondi dove secondo lui ancora si annida la sinistra: gli statali, i professori, i magistrati, i giornalisti, i disabili, i donatori di sangue, i registi, gli attori, gli studenti, i poliziotti pancioni... Fingiamo che Brunetta sia un uomo politico animato da buone e sane intenzioni verso la città dove è nato, ammettiamo che davvero voglia il bene della sua difficilissima e bellissima Venezia. Ecco: Brunetta fa bene a concorrere ad una carica di forte responsabilità che da sola gli riempirebbe le giornate, ma deve dimettersi da ministro se non vuole diventare uno di quegli assenteisti che combatte. Gli assenteisti, citiamo testualmente Brunetta «in Italia sono quelli che fanno due lavori», quelli che fanno male due lavori, non potendone o non volendone fare uno bene.
Anche l´economista Francesco Giavazzi, in un editoriale del Corriere della sera di lunedì scorso, con passione e competenza veneziane, gli ha spiegato, e senza la nostra ironia, che l´amministrazione di «una città bizantina e complicata come Venezia» non è compatibile «con le sue responsabilità di ministro», e insomma Venezia non può avere «un sindaco a mezzo servizio».
A meno che Brunetta non abbia scoperto che il suo ministero è inutile, e che erano fuochi fatui e botti paesani tutte quelle dichiarazioni con la baionetta inastata contro i collassatori dello Stato e i fannulloni, contro i terroristi molli del doppio lavoro che rubano lo stipendio e in realtà si occupano d´altro... Brunetta ne converrà: quando farà il ministro sarà un sindaco fannullone, e quando farà il sindaco sarà un ministro fannullone.
Pure il conflitto di interessi dovrebbe spaventare Brunetta perché governo ed enti locali hanno spesso esigenze contrapposte o difformi e il governo stanzia (o non stanzia) finanziamenti che i sindaci contestano, e non c´è città d´Italia che non abbia una questione aperta con il governo. E basterà qui ricordare che la riforma federalista, che è stata già approvata, trasferisce la proprietà dei beni culturali (cioè l´intera Venezia) dallo Stato alla Città. Come si vede stavolta non è solo questione di fannulloni e fantuttoni. È in gioco l´amministrazione di uno dei pezzi di territorio più importanti d´Italia. A Brunetta piace fare come Figaro, e pensare che tutti lo vogliono e tutti lo cercano. Ma qui finisce che non lo trovano.
(21 gennaio 2010)
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