venerdì 8 gennaio 2010

Immunità, la nuova strategia del centrodestra. "Puntiamo sulla proposta della senatrice Pd"


di LIANA MILELLA


Meglio un "lodone" di un "lodino", devono aver ragionato i luogotenenti berlusconiani quando, a ridosso della Befana, hanno deciso di tuffarsi nell'ultimo poker sulle riforme. Loro hanno in mano tre carte: il legittimo impedimento, il processo breve, lo scudo ter. Ne pescano una quarta sull'immunità, il lodo Chiaromonte-Compagna, che vogliono giocare per cercare di incastrare tutto il Pd e ripiegare poi, di fronte al loro inevitabile rifiuto, su una delle prime tre carte che salvi comunque Berlusconi.

Buttare sul tavolo una proposta inaccettabile, sfascia-processi, per poi incassare almeno una leggina di comodo, la tattica è sempre la stessa. Ha funzionato, nel 2008, con il tandem tra norma blocca-processi e lodo Alfano; rieccola nel 2009 con il processo breve, "inedita amnistia" (parola di Csm), e il legittimo impedimento; rispunta in apertura del 2010 con un lodo ter (Quagliariello-Centaro) che congela i processi delle alte cariche in pratica per sempre visto che è reiterabile e non rinunciabile, ma subito viene messo in alternativa, sul piatto della bilancia, con il "lodone" Chiaromonte-Compagna. Il primo, il "lodino", vale solo per i presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato; il secondo, il "lodone", è per tutti i parlamentari, una sospensione generalizzata autorizzata dalle Camere quando il pubblico ministero finisce le indagini e manda gli atti in Parlamento per sapere il destino della sua inchiesta, se sarà "scudata" oppure potrà proseguire.

Un fine settimana di trattative. Da una parte i berluscones, pronti a svendere il "lodino" a patto che il Pd sottoscriva il "lodone". Eccoli che dichiarano: "Lo scudo congela processi in veste costituzionale per ora è una bozza, ma all'80% siamo pronti a ritirarla se Bersani e i suoi convergono sulla soluzione Chiaromonte-Compagna". A quel punto, spiegano, "il legittimo impedimento resterà sempre una legge ponte, ma in vista di un ritorno all'immunità per tutti e non per le sole alte cariche". Giocando a poker si chiama "vedo", e loro vogliono "vedere" prima che arrivi lunedì, il giorno del nuovo vertice per mettere a punto la manovra sulla giustizia. Forse con lo stesso Cavaliere in rientro dopo l'aggressione di Milano, per certo con il Guardasigilli Alfano, i coordinatori Pdl La Russa, Verdini, Bondi, i capigruppo (e vice) Cicchitto e Bocchino, Gasparri e Quagliariello.

Ma la via della trattativa, che pure starebbero conducendo i due Letta (Gianni ed Enrico) per ciascuna delle parti, è assai stretta perché solo una parte, il Pdl, ha "autorizzato", come dice ufficialmente, la proposta Chiaromonte-Compagna. Lo dice Gaetano Quagliariello che benedice una soluzione che arriva "da due cognomi illustri che rimandano ad altre stagioni politiche". Sono quello di Franca Chiaromonte, figlia di Gerardo, figura storica del Pci, e quello di Luigi Compagna, figlio del repubblicano Francesco. Ma se il Pdl ha "autorizzato e benedetto" Compagna, altrettanto non ha fatto il Pd con la Chiaromonte. "È una proposta che arriva dalla senatrice, tutto qui" dicono nell'entourage di Anna Finocchiaro. Luciano Violante ribadisce la sua posizione, detta e ridetta in decine di interviste: "Ci si può ragionare ma soltanto nella cornice più ampia delle riforme costituzionali, e comunque in una versione che non si risolva in un'immunità a vita, per cui l'Italia è già stata bocciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo". Dal segretario Bersani, giusto nel giorno in cui le leggi ad personam vengono paragonate a uno "tsunami", ecco la conferma che il Pd non ha alcuna intenzione di mettere mano all'immunità, in nessuna forma, se prima non si affronta il capitolo complessivo delle riforme.

Mentre gli uomini del Cavaliere giocano allo scoperto il poker in cerca di una protezione legislativa contro i processi, dietro le quinte gli avvocati del premier sperano nel miracolo giudiziario della Cassazione sul processo Mills. In queste ore arriva al palazzaccio il ricorso dei legali di David Mills contro la sentenza che lo ha condannato a quattro anni e sei mesi. Lì c'è il nodo della "corruzione susseguente", della data del delitto posticipata di un anno, dal '99 al 2000, puntando alla prescrizione. Per certo alla Suprema corte già si sa che il processo finirà alle sezioni unite, giusto dove lo vogliono gli avvocati. A mandarlo lì sarà il presidente Vincenzo Carbone che sarà premiato con la proroga di un anno dell'età pensionabile data ormai per certa nei prossimi emendamenti al decreto mille-proroghe. Se quel processo fosse fermato tutta la partita della giustizia, e quindi delle riforme, cambierà faccia e tempi perché Berlusconi non avrà più l'angoscia di bloccare subito il dibattimento Mills.

(08 gennaio 2010)

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