PELLEGRINO TENUTO ALLA FIRMA OBBLIGATORIA IN TRASFERTA AD ARCORE: “LÌ PER GLI AUGURI”
di Sandra Amurri e Rino Giacalone
di Sandra Amurri e Rino Giacalone
Durante la convalescenza - coincisa con le feste natalizie - Berlusconi nella sua villa di Arcore ha ricevuto, ovviamente, molte visite. Compresa quella di un “sorvegliato speciale”, cioè di un soggetto ritenuto dal Tribunale per le misure di prevenzione socialmente pericoloso a causa delle sue relazioni con una serie di soggetti mafiosi. Trattasi dell’onorevole Bartolo Pellegrino di Trapani, ex vicepresidente della Regione Sicilia ai tempi di Totò Cuffaro, ed ex assessore al Territorio, agli arresti domiciliari per 20 mesi, prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa in quanto gli elementi a suo carico non sono stati ritenuti sufficienti, mentre l’accusa di corruzione aggravata per mafia è caduta in prescrizione, da non confondere con un’assoluzione. Ad attestare la sua visita al premier è la carta di permanenza dove vengono registrati i suoi spostamenti di cui vengono muniti i sorvegliati speciali, e dove tutte le sere entro le 21 i carabinieri appongono il bollino di avvenuto controllo. Pellegrino, infatti, è obbligato a recarsi alla stazione dei carabinieri del luogo dove si trova per comunicare i suoi spostamenti e l’indirizzo di dove dormirà in quanto deve essere rintracciabile in ogni momento. Ma il 29 dicembre scorso, l’ex deputato regionale, preso da un motto di orgoglio politico, ha fornito alla compagnia dei Carabinieri di Arcore anche la ragione per cui si trovava lì: gli auguri natalizi al presidente Berlusconi. Atto che è stato trasmesso per competenza al Tribunale delle misure di prevenzione attraverso la Questura della città dove il sorvegliato risiede, cioè Trapani. Mentre il 30 dicembre ha firmato presso una stazione dei carabinieri di Roma - dove tra l’altro ha denunciato lo smarrimento della carta di permanenza - mentre la sera di San Silvestro è andato a controllarlo la Polizia in un albergo di Livorno.
Il solo fastidio è che l’on. Pellegrino ha dovuto salutare il premier, diversamente da Cenerentola, molto prima della mezzanotte, per andare a firmare dai carabinieri e ritirarsi nel luogo dove alloggiava entro le 21. Disguidi dei tempi moderni in cui un presidente del Consiglio riceve a casa sua anche politici con obbligo di firma. Persone come Pellegrino che nel 2000, quando occupava la seconda poltrona di Palazzo d’Orleans e quella di assessore al Territorio, fu costretto a dimettersi perché definì “sbirri” i poliziotti. La nobile espressione venne carpita da un’intercettazione telefonica nell’ambito dell’inchiesta sulla “famiglia” mafiosa di Monreale che portò all’arresto di una decina di persone. Il suo nome emerse in una conversazione in cui si faceva riferimento ad un incontro con un indiziato mafioso in cui l’allora vicepresidente regionale definì, appunto, “sbirri” gli investigatori. Durante l’interrogatorio di fronte al pm Salvo De Luca, Pellegrino confermò di aver partecipato a un pranzo nelle campagne di Monreale a cui sarebbe stato presente anche Benedetto Bongusto - un meccanico poi arrestato per associazione mafiosa - ritenuto vicino al boss latitante Giuseppe Balsano spiegando di aver accettato l’invito in quanto amico del padrone di casa, Salvatore Sciortino: “Sciortino lo conoscevo da quando era assessore comunale nella giunta di centrosinistra guidata da Salvino Pantuso” aggiungendo che “sbirro ha un significato positivo, sta ad indicare la devozione con cui i carabinieri onorano la loro divisa”. Finì con un’archiviazione, giuridicamente parlando, mentre il senso oltraggioso di quell’espressione e la sua grave valenza politica conservano tutto il loro peso, non sufficiente per non essere ammessi alla Villa di Arcore abituata a ben altri “eroici” servitori delle stalle.
Quando l’on. Pellegrino venne arrestato era il 2007. Accusato di corruzione aggravata dalla mafia e concorso esterno in associazione mafiosa. A dicembre scorso è stato assolto per il primo “reato”. La corruzione, senza l’aggravante mafiosa (i giudici hanno ritenuto “non provato il fatto che aveva coscienza di aver appoggiato gli interessi di Cosa Nostra trapanese”) è stata prescritta. Mentre per lo stesso reato, consumatosi in una speculazione edilizia - come ha raccontato il collaboratore di giustizia Nino Brittella e altri quattro tra cui l’ex sindaco di Trapani, l’architetto Mario Buscaino - sono stati condannati a 5 anni il boss Francesco Pace e l’ing. Leonardo Barbara. “Alice nel Paese delle meraviglie” lo ha definito il pm Andrea Tarondo durante la requisitoria per i suoi contatti con il boss Francesco Pace, con Francesco Orlando e con Mimmetto Coppola che hanno fatto parte della sua segreteria politica, il primo condannato per mafia, il secondo fratello di Filippo, condannato definitivamente per associazione mafiosa. Ma anche per i rapporti con l’imprenditore Tommaso Coppola, condannato in Appello per mafia in quanto regista degli appalti pilotati e rinviato a giudizio per “intestazione fittizia dei beni” perché dal carcere continuava ad occuparsi di lavori pubblici e a tessere rapporti con la politica.
Dalle intercettazioni emergono sollecitazioni di Coppola ad un suo nipote affinchè contatti il senatore del Pdl, Antonio D’Alì e un esponente di FI Camillo Iovino (ora sindaco di Valderice) perché si occupino della sorte delle sue imprese. Impianto accusatorio, quello a carico dell’on. Pellegrino non ritenuto sufficiente per supportare una condanna, ma che avanza, o meglio dovrebbe avanzare, per emettere un giudizio politico. Invece, dopo l’assoluzione e la prescrizione, come svela egli stesso, all’emittente Canale 2, è pronto per tornare nell’agone politico con tante idee per la fondazione di un nuovo partito che dovrebbe nascere dalla fusione di Nuova Sicilia e Democrazia Cristiana per le Autonomie, del Ministro per l’attuazione del Programma Rotondi, con uno sguardo interessato a Bossi, definito da Pellegrino “un politico sensitivo” che in fusione con il mago di Arcore darà vita ad una nuova pozione miracolosa per l’Italia e utile per opporsi al governo Lombardo. Argomento di punta della conversazione natalizia con Berlusconi con cui l’on. Pellegrino si era già incontrato nel 2001 quando gli portò in dono il "ribaltone" alla Regione Sicilia. Pellegrino, ex socialista, ai tempi assessore con casacca “diniana” della Giunta del diessino Angelo Capodicasa, concordò con FI la fine di quel governo, ritrovandosi, al termine della cena a Palazzo Grazioli, vice presidente nel governo Cuffaro.
1 commento:
Della serie: se non sono delinquenti non li vogliamo!
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