lunedì 11 gennaio 2010

Medioriente, gli errori della Cia e la schizofrenia americana


di Robert Fisk


Nel grande edificio che ospita l’ambasciata americana sulle colline in prossimità della capitale giordana, Amman, un ufficiale superiore delle Forze Speciali americane gestisce un ufficio altrettanto speciale. L’ufficiale compra informazioni dagli ufficiali dell’esercito e dei servizi della Giordania – in contanti, ovviamente – ma contribuisce anche ad addestrare soldati e agenti di polizia afgani e iraniani. Le informazioni che cerca non riguardano esclusivamente Al Qaeda, ma anche gli stessi giordani, la lealtà dell’esercito al re Abdullah II nonché gli insorti anti-americani che vivono in Giordania, per lo più iracheni, ma anche i rapporti tra membri iracheni di Al Qaeda e l’Afghanistan.

In Medio Oriente è facile comprare ufficiali dell’esercito. Gli americani hanno passato gran parte del 2001 e del 2002 a mettere a libro paga i signori della guerra in Afghanistan. Hanno pagato le truppe giordane perché si unissero all’esercito di occupazione americano in Iraq – e proprio per questa ragione l’ambasciata giordana a Baghdad è stata bombardata dai nemici di Washington.

Quanto ha fatto l’agente doppio della Cia, Humam Khalil Abu-Mulal al-Balawi – anch’egli medico come molti seguaci di Al Qaeda - era del tutto normale. Lavorava per entrambi gli schieramenti in quanto da tempo i nemici dell’America hanno infiltrato loro agenti nei servizi segreti dei Paesi arabi «alleati« di Washington. Anche Abu Musab al-Zarqawi, un giordano che è stato alla testa dell’insurrezione di Al Qaeda in Iraq, ha mantenuto i contatti con i servizi di Amman, il cui ufficiale superiore Sharif Ali bin Zeid, è stato ucciso questa settimana insieme ad altri sette americani in quello che è stato il più grave colpo subito dalla Cia dopo il bombardamento dell’ambasciata americana a Beirut nel 1983.

Tuttavia lo spionaggio in Medio Oriente non ha alcunché di romantico. Numerosi agenti della Cia uccisi in Afghanistan erano stati ingaggiati come mercenari mentre le spie giordane del «mukhabarat» (NdT, servizio segreto), per cui lavoravano sia bin Zeid che al-Balawi, torturano regolarmente i presunti nemici della Giordania e hanno torturato uomini che erano stati «trasferiti» ad Amman dalla Cia durante la presidenza Bush.

Il mistero tuttavia non consiste tanto nella presenza di agenti doppi all’interno dell’apparato di sicurezza degli Stati Uniti in Medio Oriente, quanto nell’utilità, tutta da dimostrare, di una «talpa» giordana in Afghanistan. Pochissimi arabi parlano Pashtun o Dari o Urdu, mentre al contrario sono numerosi gli afgani che parlano arabo. La cosa, tuttavia, induce a ritenere che ci siano stati legami molto più stretti tra gli insorti iracheni anti-americani ad Amman e gli insorti afgani.

Quindi sul piano squisitamente logistico è del tutto chiaro che – malgrado tra i due Paesi si trovi il vasto territorio dell’Iran – gli operativi iracheni e afgani di Al Qaeda sono in condizione di collaborare. In altre parole, così come la Cia riteneva sconsideratamente di poter stringere rapporti amichevoli e di potersi fidare degli agenti dei servizi dei Paesi musulmani, la stessa cosa pensavano gli insorti. La presenza in Afghanistan di una spia giordana anti-americana – disposta a correre il rischio di perdere la vita a molta distanza dalla sua patria – è la prova di quanto stretti siano i legami tra in nemici dell’America ad Amman e nella parte orientale dell’Afghanistan. Non sarebbe azzardato ipotizzare che i giordani anti-americani abbiano contatti che arrivano fino ad Islamabad.

Se vi sembra una ipotesi troppo fantasiosa non dimenticate che se fu la Cia ad appoggiare i combattenti arabi contro l’esercito sovietico in Afghanistan, fu il denaro saudita a finanziare la resistenza. All’inizio degli anni 80, il responsabile dei servizi segreti dell’Arabia Saudita incontrava regolarmente Osama bin Laden nell’ambasciata saudita di Islamabad e aveva rapporti con il servizio segreto pakistano che forniva aiuto logistico ai «mujahidin» come poi fece - e continua a fare ancora oggi - con i talebani. Se gli americani credono che i sauditi non stiano inviando denaro ai nemici dell’America in Afghanistan – o agli altri nemici fondamentalisti in Iraq e in Giordania – allora vuol dire che la Cia non capisce nulla di quanto accade in Medio Oriente.

Ma disgraziatamente le cose stanno proprio così. Il desiderio dell’America di essere amata e al contempo temuta ha erroneamente indotto i suoi servizi segreti a fidarsi di quanti appaiono amici, criminalizzando quelli che si suppone siano nemici. È esattamente quanto è accaduto in Libano prima che l’attentatore suicida sciita facesse saltare in aria, nel 1983, l’ambasciata americana di Beirut durante una riunione di quasi tutto il personale della Cia impegnato in operazioni in Medio Oriente. La maggior parte degli agenti morirono nell’attentato. L’ingresso agli uffici della Caia nell’edificio dell’ambasciata situato sul lungomare di Beirut era strettamente sorvegliato, ma tra gli operativi in Libano c’erano uomini e donne che lavoravano sia per gli israeliani che per la primitiva versione di Hezbollah e gli addetti alla sicurezza dell’ambasciata americana uscivano con donne libanesi che non erano state sottoposte a nessuna seria verifica.

Ma l’asse giordano-americano è di ben altra natura. In questo caso la Cia agiva in un ambiente quasi completamente musulmano sunnita tra giordani che, pur accettando il denaro della Cia, avevano molte ragioni per contrastare le politiche di Washington e del re di Giordania. Un minoranza consistente di agenti dei servizi segreti giordani sono di origine palestinese e sono del parere che l’acritico, servile appoggio di Israele da parte degli Stati Uniti abbia distrutto la «nazione» palestinese e schiacciato il suo popolo. Il desiderio della Cia di fidarsi dei «collaboratori assunti sul luogo» non è dissimile dalla fiducia che i britannici nutrivano nei confronti dei Sepoy (NdT Parola di origine persiana che indicava qualunque militare indigeno dell’India facente parte dell’esercito britannico) alla vigilia della ribellione degli indiani contro la dominazione della Gran Bretagna.

I «loro» reggimenti locali non si sarebbero mai opposti al comandante; i «loro» ufficiali indiani sarebbero rimasti leali. Ma non andò così. La vittima giordana di Balawi, bin Zeid, ha avuto onoranze funebri da martire alla presenza del cugino, il re Abdullah. Vediamo chi presenzierà alla sepoltura del suo assassino – sempre che sia rimasto qualcosa da seppellire.

© The Independent
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
10 gennaio 2010

Nessun commento: