Nonostante la Cassazione abbia confermato l’ordine di arresto dei magistrati di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica, il sottosegretario Nicola Cosentino per Silvio Berlusconi può restare al suo posto. Non ci si poteva aspettare altro da un premier che considera Vittorio Mangano un eroe. Il governo, dopo avere messo giovedì nel suo programma la lotta alle mafie, il giorno dopo ha confermato un presunto amico della Camorra – che per i giudici dovrebbe stare in galera – nella sua compagine. Per ironia della sorte l’unica dichiarazione in tal senso è stata fatta alle agenzie di stampa ieri dal ministro Gianfranco Rotondi, l’uomo che dovrebbe controllare l’attuazione del programma (compresa la lotta alla Camorra) del Cavaliere.
Di fronte a questa situazione sconcertante, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha detto parole chiare ad Annozero giovedì scorso: “Cosentino dovrebbe dimettersi”. Contro il sottosegretario all’Economia, il Pd e l’IdV a novembre hanno anche presentato una mozione di sfiducia respinta dal Senato. Quando la Camera ha rispedito al mittente la richiesta di arresto, l’opposizione ha votato contro. Apparentemente il centrosinistra avrebbe fatto tutto il possibile e dovrebbe rassegnarsi ad avere un simile personaggio nel governo. Per di più delegato per decreto a occuparsi di materie delicate come i contributi alle imprese radiotelevisive o le sedute del Comitato che decide la politica economica, il Cipe. Ma non è così.
Tra le deleghe di Cosentino c’è anche quella che gli permette di andare in Parlamento in rappresentanza del governo per rispondere alle interrogazioni. Bene. Lo spettacolo di un politico (secondo i giudici eletto con i voti della Camorra in cambio dell’impegno ad aiutare i clan) che entra in aula e risponde ai quesiti più disparati dei parlamentari, anche di sinistra, è intollerabile. Se il ministro Tremonti invierà ancora Cosentino in aula, tutti i parlamentari dell’opposizione, coerentemente con le loro dichiarazioni e mozioni, dovranno semplicemente alzarsi e uscire dall’aula. Non servirà a farlo dimettere. Ma almeno a farlo arrossire.
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