Quattro detenuti suicidi in otto giorni. La tragica sequenza è culminata nelle ultime 24 ore con due impiccati alle sbarre della cella e un terzo, salvato in extremis dagli agenti di custodia.
Il primo suicidio a Verona, gli altri due a Sulmona nel tristemente noto “carcere dei suicidi”. La nostra piccola Guantanamo.
Qui, negli ultimi dieci anni, si sono tolti la vita in quindici. Anonimi pregiudicati, boss famosi, picciotti pentiti.
Ma anche il sindaco di Roccaraso Camillo Valentini, politico locale emergente, trovato morto in cella il 16 agosto del 2004 soffocato da un sacchetto di plastica. Era stato arrestato poche ore prima per una storia di mazzette.
Ma a Sulmona, record dei record, si è uccisa anche la direttrice, Armida Miserere. Alla vigilia di Pasqua, il 19 aprile 2003, si è chiusa nell'appartamento di servizio e dopo essersi stesa sul letto si è sparata in bocca una pallottola calibro nove. Anche in questo caso l'inchiesta fu chiusa in fretta addebitando il tragico gesto alla “depressione”.
La morte è tornata a bussare in via Lamaccio alle 17,45 di giovedì. Il carcere di Sulmona è un brutto cubo di cemento grigio, che riflette i bagliori della montagna innevata. Il detenuto suicida si chiamava Antonio Tammaro, 28 anni, di Villa Literno. Non si sa perché sia finito lì, non aveva alcuna pena da scontare, era soltanto un “soggetto socialmente pericoloso”.
La morte è tornata a bussare in via Lamaccio alle 17,45 di giovedì. Il carcere di Sulmona è un brutto cubo di cemento grigio, che riflette i bagliori della montagna innevata. Il detenuto suicida si chiamava Antonio Tammaro, 28 anni, di Villa Literno. Non si sa perché sia finito lì, non aveva alcuna pena da scontare, era soltanto un “soggetto socialmente pericoloso”.
Il carcere di Sulmona ospita invece ergastolani, boss, terroristi, assassini, gente da “fine pena mai” o sottoposta al 41 bis.
Il povero Tammaro aveva solo qualche disturbo psichico, niente a che fare con terroristi come Nadia Lioce, transitata qui un paio di anni fa. O mafiosi come quel Guido Cercola, condannato all'ergastolo per la strage di Natale del 1984.
Anche lui si è tolto la vita il 4 gennaio 2005 impiccandosi alla spalliera del letto.
Tammaro, ad onta della pericolosità, era appena rientrato da un permesso premio. Forse non ce l'ha fatta a riaffrontare via Lamaccio. La notizia è rimbalzata da un braccio all'altro e, poche ore dopo, un altro detenuto ha provato a togliersi la vita. Per fortuna questa volta gli agenti sono arrivati in tempo.
L'altro detenuto, suicida nelle ultime ore, si chiamava Giacomo Attolini, aveva 48 anni, era un pizzaiolo di origini siciliane residente da tempo a Villafranca di Verona.
L'altro detenuto, suicida nelle ultime ore, si chiamava Giacomo Attolini, aveva 48 anni, era un pizzaiolo di origini siciliane residente da tempo a Villafranca di Verona.
Il 2 gennaio, ad Altamura, vicino Bari, si è ucciso Pierpaolo Ciullo, 39 anni. E tre giorni dopo si è impiccato nel carcere Buoncammino di Cagliari, Celeste Frau, 62 anni. Tutti italiani. “Adesso è davvero emergenza”, denuncia l'Osservatorio permanente sulle carceri. Se nel 2009 i suicidi nelle prigioni sono stati 72, una media degna dello Spielberg di Silvio Pellico, nel 2010 potrebbe andare peggio. Questo il giudizio unanime dei sindacati degli agenti penitenziari.
La frequenza dei suicidi in carcere è in Italia 20 volte più alta rispetto ad altri paesi, anche meno “'democratici”. In Romania, ad esempio, dove ci sono 40mila detenuti i suicidi non più di cinque l'anno. In Polonia, su 80mila, è meno della metà. E negli Stati Uniti il numero dei suicidi si è ridotto del 70 per cento grazie al lavoro di una sezione ad hoc del Dipartimento federale.
Dice Donato Capece, segretario del Sappe che “quattro suicidi in otto giorni sono cosa indegna di un paese civile”. Per Luigi Manconi, presidente dell'associazione Buon Diritto, “bisogna fermare questa strage”.
Ma sono davvero tutti suicidi?
L'interrogativo si è più volte proposto soprattutto a Sulmona, dove ieri sera i detenuti hanno dato vita a proteste battendo con le pentole contro le sbarre, chiedono che sia aperta un'inchiesta sulle condizioni di vita interne al carcere.
Perché si è suicidata Armida Miserere? Cosa aveva scoperto?
In verità i casi più sospetti avvennero dopo la sua morte: nel 2005 Nunzio Gallo, camorrista con la passione di fare il cantante, aveva in effetti cominciato a “cantare”. Pochi giorni dopo lo trovarono impiccato.
Poi toccò a Cercola, che in quel carcere ci stava da 20 anni, un detenuto “stabilizzato”, tranquillo. Ma pochi mesi dopo sarebbe cominciato il processo Calvi e lui era stanco di stare in carcere. Il primo a manifestare dubbi sul suicidio del sindaco Valentini fu Ottaviano Del Turco: “Camillo non era uno che si ammazzava”. Poi toccò a lui di finire in quel carcere e a preoccuparsi fu Marco Pannella: “Bisogna trasferire Del Turco, quando in un carcere ci sono stati troppi suicidi, vuol dire che ci sono omicidi”.
Ma per molti la storia del carcere di Sulmona è solo un caso limite. Una maledizione nella maledizione che incombe su tutte le carceri d'Italia.
7 commenti:
Gentile dr.ssa Di Giovacchino,
probabilmente l'estrema sintesi di un articolo mirato sui suicidi nel carcere di Sulmona non ha bene evidenziato quanto Lei mi partecipa con la lettera allegata a questo messaggio, dando prova e testimonianza che i giornalisti de IL FATTO QUOTIDIANO sono giornalisti seri.
Ricordo a tal proposito che Bruno Tinti in un suo articolo di alcuni giorni addietro dichiarò di doversi fermare per non approfittare dello spazio che il quotidiano, pagato di tasca propria dai giornalisti che ne sono anche i proprietari, gli concedeva.
Cosa dirLe. Direi che più che dirle forse è meglio offrire alla Sua attenzione qualcosa da leggere, in allegato e tramite i link che ho sopra indicato.
Sono in pensione da cinque anni e mi sono scoperto la voglia di scrivere delle carceri, avendone conosciuti tantissimi.
La morte della collega Miserere per suicidio era qualcosa che nell'ambiente nostro ci si aspettava potesse accadere, ciò che l'ha tenuta in vita tanti anni dall'uccisione del suo compagno è stata la necessità , incoercibile, di trovare le prove dei mandanti e degli esecutori materiali di tale efferato omicidio, intento che la Miserere perseguì con una volontà, con un accanimento manifestazione di una vera e propria ossessione.
Indagò prima a Pianosa, poi all'Ucciardone (dove Sabella la conobbe, ma anche Caselli) e in altri carceri fra Pianosa e l'Ucciardone.
Certo è che fu spremuta dall'amministrazione penitenziaria come un limone, inviandola laddove nessuno voleva andare, poi, cambiati i vertici fu trasferita a Sulmona, il capo del DAP era Tinebra, già procuratore della repubblica a Caltanissetta, dove fu archiviata una indagine a carico di Silvio Berlusconi, archiviazione che poi ricevette il suo riconoscimento, come sopra.
Fu Tinebra a metterla da parte. Il carcere di Sulmona, impropriamente definito "super-carcere" o "carcere di massima sicurezza" (definizioni destituite di ogni fondamento, sono solo strutture moderne sicure, e basta) è incastonato fra le montagne dell'Abruzzo, panorama che dovrebbe propiziare la serenità, ma in chi sereno già lo è, altrimenti quello scenario stride violentemente con la 'clausura' forzata cui la detenzione, meglio la esecuzione di pena detentiva sottopone le persone, sia al là che al di quà della mura.
Armida Miserere era un soggetto a mio giudizio sofferente di una psicosi maniaco-depressiva del tipo unipolare, una forma particolare di sindrome bipolare, che si manifesta di norma nella sola forma maniacale.
Senza le opportune compensazioni un soggetto così prima o poi si spezza.
La marginalizzazione (se così si può dire, ma sicuramente vissuta così dalla Miserere) ha segnato la sconfitta del suo proposito di rendere giustizia al suo compagno.
Il paradosso è che poco dopo il suo suicidio furono individuati gli esecutori materiali dell'agguato e poi il mandante, ma la Miserere non c'era più per sentirsene appagata.
Se mi ha seguito fin qui Lei è sicuramente una eroina.
Per concludere, avrà notato che il messaggio cui Lei risponde l'ho scritto alle ore 2,24 della notte del 9 gennaio, avevo appena dato come mia consuetudine una prima lettura veloce al suo quotidiano.
Non è inutile dirLe che è una voce straordinariamente efficace.
Mi consenta di inviarle un cordiale saluto.
luigi morsello
LINK N. 1: http://ilgiornalieri.blogspot.com/2009/12/stefano-cucchi-un-destino-segnato-dalle.html
LINK N.2: http://ilgiornalieri.blogspot.com/2009/12/il-caso-di-stefano-cucchi-le-parole-di.html
LINK N.3: http://ilgiornalieri.blogspot.com/2009/10/il-direttore-del-carcere.html
LINK N. 4: http://ilgiornalieri.blogspot.com/2009/03/la-morte-di-umberto-mormile-una_26.html
La dr.ssa Di Gioacchino mi ha scritto questa lettera:" Roma 9-1-2010
Caro Direttore,
sono molto dispiaciuta dal tono della sua lettera, ma soprattutto di averle dato l'impressione di aver trattato in modo cinico la vicenda del carcere di Sulmona nel mio articolo sui suicidi dei detenuti. Non ho conosciuto Armida Miserere, in vita, ma le assicuro che conosco bene la sua storia per essermene occupata dal momento in cui la direttrice è morta. Mi è tuttavia difficile capire in che modo avrei offeso la sua memoria e trattato in modo irrispettoso il fatto che si sia suicidata. Il mio obiettivo era del tutto diverso. Mi sono limitata ad avanzare qualche prudente dubbio sul fatto che il suo, come altri suicidi avvenuti all'interno del carcere maledetto, siano stati davvero tali. E penso che un giornalista abbia non solo il diritto, ma anche il dovere di coltivare dubbi a fronte di inchieste archiviate in fretta sulla base di ipotesi suggestive quanto indimostrabili. Soprattutto in presenza di altri eventi luttuosi all'interno di un medesimo contesto. Che si tratti di un carcere non basta a spiegare tutto e in definitiva il carcere non può essere considerato un terreno “off-limits” dove tutto ciò che accade all'interno va preso per quel che ti raccontano.
E' vero, la dottoressa Miserere aveva subito un lutto devastante, ma 13 anni prima Nel frattempo aveva diretto, con la capacità e il rigore che le aveva fatto guadagnare la fama di “dura”, altre carceri difficili, come l'Ucciardone e Pianosa. Perché escludere che la sua morte possa essere il frutto di una vendetta da parte di ambienti mafiosi? Armida era venuta a contatto con ambienti pericolosi, con la peggiore risma di criminali esistenti, e il mestiere di direttore di un carcere può essere molto pericoloso: basta stilare un profilo che rende più difficile la concessione di un permesso premio o imporre una perquisizione di troppo. E come si può escludere che non abbia scoperto qualche traffico segreto, pericoloso. A questo mi riferivo e non altro. L'ipotesi che questa donna provata da una vita difficile possa aver deciso di farla finita resta la più probabile, ma questo non significa che non si debba indagare anche sulle ombre che avvolgano una vicenda come questa. Contrariamente a quanto lei afferma conosco il penitenziario di Sulmona, ci sono stata più volte, ho parlato con direttori venuti dopo, come Vincenzo Siciliano, medici e agenti di custodia. Purtroppo non mi è stato permesso di visitarlo, ma non è colpa mia. Il carcere non è un giardino d'infanzia e lei lo sa bene. In ogni caso sono a sua disposizione per ogni altro chiarimento e se ritiene opportuno che la lettera venga pubblicata lo faremo con una mia risposta.
Cordiali Saluti.
Rita Di Giovacchino.
La e-mail che ho inviato alla segreteria del quotidiano:"L'articolo scritto in data odierna da Rita di Giovacchino sul carcere di Sulmona parla della collega Armida Miserere, morta suicida nell'alloggio del direttore, in modo irrispettoso, irriguardoso e cinico.
E' semplicemente sgradevole questo articolo, invito la sig.ra Di Giovacchino a documentarsi meglio, prima di spargere veleno su un carcere che ha questo triste primato e su quella che è stata un grande direttore, del quale anche Alfonso Sabella parla con ammirazione.
Sono abbonato al vostro giornale, nella versione online, ne condivido l'impostazione e il lavoro egregio di firme giornalistiche di tutto rispetto, non ultima quella di Bruno Tinti e di Lorenza Carlassere, ma questo 'pezzo' è una caduta di stile imperdonabile da parte di una giornalista che del carcere non sa un bel niente.
Avendo conosciuto la collega Miserere, prendo le difese a tutela della sua onorabilità, se lei fosse viva avrebbe fatto analogamente con un collega, uomo o donna, svillaneggiato proprio perchè morto suicida.
Se il carcere nella sua totalità è mal gestito, come lo è in genere l'amministrazione della giustizia, ciò non è da imputare solo agli operatori, che nelle ultimi ampi si sono lasciati andare a nefandezze, ma a chi fa mancare loro anche l'ossigeno per respirare, solleticandone gli istinti più primitivi.
Invito la sig.ra Di Giovacchino a scrivere un articolo che ristabilisca la corretta informazione sul direttore Armida Miserere e sulla sua morte, non le sarà difficile documentarsi.
Non mi sono piaciute nell'articolo le seguenti frasi:" Ma a Sulmona, record dei record, si è uccisa anche la direttrice, Armida Miserere. Alla vigilia di Pasqua, il 19 aprile 2003, si è chiusa nell'appartamento di servizio e dopo essersi stesa sul letto si è sparata in bocca una pallottola calibro nove.
Anche in questo caso l'inchiesta fu chiusa in fretta addebitando il tragico gesto alla “depressione”.".
"Perché si è suicidata Armida Miserere? Cosa aveva scoperto?"
NIENTE DI CIO' CHE CERCAVA!
NON SI E' SPARATA IN BOCCA MA ALLA TEMPIA, anche se non fa gran differenza.
" Il carcere di Sulmona è un brutto cubo di cemento grigio...".
SONO TUTTI COSI', CUBI, DI CEMENTO, GRIGIO O OCRA.
Busto Arsizio è grigio, Pavia è ocra: li ho messi in funzione io.
E sono moderni, ma brutti: è vero.
Bella corrispondenza.
Sulla Miserere ormai concordo con Te, la voce di chi l'ha conosciuta e conosce bene i fatti ha sempre una grande valenza rispetto a chi, se pur in buona fede, va a tentoni nel capire l'accaduto, quindi è giusto che Tu abbia detto la Tua su questa collega, Ti fa onore.
Un giornalista, se pur armato di buone intenzioni, deve essere più che sicuro delle notizie che da, altrimenti manda egli stesso all'inferno l'intento di attirare l'attenzione pubblica su le incongruenze di accaduti in un settore come quello carcerario.
Bisogna però riconoscere a questa giornalista che con il suo articolo ha gettato un bel sassolino nell'acqua, penso che sia d'accordo anche Tu nel dubitare che alcuni suicidi suonano in modo sinistro. Se in questo l'Italia ha superato Nazioni meno "democratiche" c'è da interrogarsi davvero su come mai avvengono tanti suicidi nelle nostre carceri, addirittura con sacchetti di plastica , che a me, cittadina disinformata sulla reale situazione carceraria, mi sa più di esecuzione mafiosa.. forse perchè ho letto e visto troppi film sulla mafia?
Certo che sono d'accordo, da qualche tempo (quattro-cinque anni a questa parte) accadono cose strane nelle carceri, ma Sulmona è un caso a sè, il periodo preso in esame di dieci anni è molto ampio.
Quanto alla pratica, rarissima, di soffocarsi (o essere soffocati) con una busta di plastica, la stessa è stata 'inaugurata' a San Vittore da Gabriele Cagliari. Suggerisco di acquistare e leggere, ovviamente, "Tre suicidi eccellenti. Gardini, Cagliari, Castellari" di Mario Almerighi (magistrato di grande valore, già 'Pretore d'assalto' ai tempi).
Apre scenari inquietanti.
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