

Contro De Gennaro schemi di relazioni con imprenditori sospetti
di Marco Lillo
di Marco Lillo
Dossier su Romano Prodi e Gianni De Gennaro, schemi improbabili sulle relazioni tra il capo della Polizia e alcuni manager chiacchierati e centinaia di pagine tratte da atti giudiziari e documenti raccattati su Internet per mettere in cattiva luce l’ex premier del centrosinistra. Dalle carte dell’inchiesta di Perugia contro l’ex capo del Sismi Nicolò Pollari e contro il suo fido collaboratore, Pio Pompa, appena chiusa dal pm di Perugia Sergio Sottani con una richiesta di rinvio a giudizio per peculato e altri reati minori, si scopre il retrobottega del Sismi. Era questo il modo di procedere del servizio segreto militare, negli anni in cui era diretto da Nicolò Pollari.
Durante la precedente era Berlusconiana (dal 2001 al 2006) il Sismi non aveva di meglio da fare che raccogliere informazioni contro il futuro rivale del Cavaliere. Il duo Pollari-Pompa aveva messo in piedi, con i soldi pubblici, una macchina diffamatoria in grado di mettere in circolo tanto fango per chiunque si opponesse al Cavaliere o comunque non fosse prono ai suoi voleri.
La legge che disciplina il servizio segreto militare è chiara: “Il Sismi assolve a tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa sul piano militare dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Ai fini suddetti il Sismi svolge funzioni di controspionaggio”. Punto. Tra i compiti del servizio non figura il monitoraggio degli affari giudiziari del rivale del premier né i legami personali del capo della Polizia. Eppure di questo si occupavano in via Nazionale Pompa e la sua fedelissima segretaria Jenny. Finora si conoscevano vagamente i contenuti di questi dossier. Il Fatto Quotidiano ha visionato l’intero archivio e ne vien fuori uno scenario inquietante del quale si sarebbe dovuto occupare con ben altra attenzione il Copasir. Invece il Comitato parlamentare che dovrebbe tutelare i cittadini dalle deviazioni del servizio, nella precedente legislatura non è riuscito nemmeno a stilare una relazione critica su questo uso politico e partigiano di un’istituzione così delicata.
Fa impressione per esempio leggere nel “reperto Fc-5” sequestrato dalla Digos in via Nazionale uno schema (pubblicato sotto) che accomuna il faccendiere socialista protagonista di Mani pulite, Ferdinando Mach di Palmstein, al capo della Polizia dell’epoca Gianni De Gennaro. Anche perché a unire l’attuale capo dei servizi segreti a questo mondo a lui così lontano, secondo il grafico in questione, sarebbero due personaggi tutt’altro che secondari: Luciano Scipione (già indagato e poi assolto per lo scandalo della cooperazione negli anni novanta) e Luciano Pucci, un ex manager Telecom che dopo essere stato consulente del ministero dell’interno è ora a capo della Seicos, la società di Finmeccanica in pole position per rilevare il grande business delle intercettazioni telefoniche.
Tra le carte sequestrate nel 2006 nell’ufficio di via Nazionale che secondo i pm milanesi provavano le attività abusive svolte in via Nazionale, oltre a quelle su De Gennaro, molte riguardavano Romano Prodi. I dossier risalivano al 2003 e miravano a mettere in cattiva luce il futuro rivale di Berlusconi su due vecchie vicende: Telekom Serbia e il caso Cirio-Bertolli-De Rica. La cessione del polo alimentare pubblico nell’epoca in cui Prodi era presidente dell’Iri, era stato oggetto di un’inchiesta chiusa con un’archiviazione nel 1999. Ma Pompa conservava tutti gli atti giudiziari che potevano imbarazzare il professore, reperiti chissà come. Proprio il 5 maggio del 2003 Silvio Berlusconi aveva attaccato il suo futuro rivale sulla cessione della Cirio nell’aula del processo Sme, durante la sua audizione. E Prodi era stato costretto a pubblicare sul sito dell’Ue una replica (conservata nell’archivio di via Nazionale). L’altra operazione nel mirino del Sismi era l’acquisizione della società serba di telecomunicazioni, avvenuta quando Prodi era presidente del consiglio nel 1997, e al centro di un’inchiesta giornalistica pubblicata da Repubblica nel 2001. Quando era stato assunto con la benedizione di Berlusconi, nello staff del capo del Sismi come consulente, nel novembre 2001, Pompa aveva scritto al Cavaliere: “Voglio impegnarmi a fondo nella tutela e difesa della straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza. Sarò, se lei vorrà anche il Suo uomo fedele e leale”. Non c’è da stupirsi poi se questo funzionario che si proclama servo di chi lo ha assunto e non servitore dello Stato, raccoglie dossier contro Prodi sul caso Telekom Serbia.
A stupire è invece il metodo. Giornali amici, servizi deviati e commissioni parlamentari si muovano come un sol uomo per infangare i rivali del Cavaliere. Nel febbraio del 2002 “Libero”, diretto da Vittorio Feltri apre a tutta pagina con il titolo: “Milosevic parla, l’Ulivo trema”. Pompa prende spunto dall’editoriale di Renato Farina (consulente retribuito dal servizio) per scrivere: “Non a caso l’editorialista sottolinea di volersi riferire agli affari intrattenuti con l’ex presidente ‘dagli italiani e più precisamente dal governo Prodi’. Governo di cui faceva parte “Carlo Azeglio Ciampi, il quale è materialmente il ministro che versò i denari”. Pompa cita l’“asse Prodi-Micheli” per poi elencare i manager Stet al centro dell’Affaire. Manager che poi ovviamente saranno tutti convocati dalla commissione parlamentare diretta dal centrodestra. Pompa già allora dettava la linea: “I vertici di Stet International e della Telecom, da indiscrezioni, risultavano informati che il contratto corrispondeva formalmente a 1.500 miliardi mentre di fatto ne sarebbero stati versati 2.500”. Tutte cifre poi smentite dalle inchieste. Ma buone per far girare il ventilatore della calunnia.
Durante la precedente era Berlusconiana (dal 2001 al 2006) il Sismi non aveva di meglio da fare che raccogliere informazioni contro il futuro rivale del Cavaliere. Il duo Pollari-Pompa aveva messo in piedi, con i soldi pubblici, una macchina diffamatoria in grado di mettere in circolo tanto fango per chiunque si opponesse al Cavaliere o comunque non fosse prono ai suoi voleri.
La legge che disciplina il servizio segreto militare è chiara: “Il Sismi assolve a tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa sul piano militare dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Ai fini suddetti il Sismi svolge funzioni di controspionaggio”. Punto. Tra i compiti del servizio non figura il monitoraggio degli affari giudiziari del rivale del premier né i legami personali del capo della Polizia. Eppure di questo si occupavano in via Nazionale Pompa e la sua fedelissima segretaria Jenny. Finora si conoscevano vagamente i contenuti di questi dossier. Il Fatto Quotidiano ha visionato l’intero archivio e ne vien fuori uno scenario inquietante del quale si sarebbe dovuto occupare con ben altra attenzione il Copasir. Invece il Comitato parlamentare che dovrebbe tutelare i cittadini dalle deviazioni del servizio, nella precedente legislatura non è riuscito nemmeno a stilare una relazione critica su questo uso politico e partigiano di un’istituzione così delicata.
Fa impressione per esempio leggere nel “reperto Fc-5” sequestrato dalla Digos in via Nazionale uno schema (pubblicato sotto) che accomuna il faccendiere socialista protagonista di Mani pulite, Ferdinando Mach di Palmstein, al capo della Polizia dell’epoca Gianni De Gennaro. Anche perché a unire l’attuale capo dei servizi segreti a questo mondo a lui così lontano, secondo il grafico in questione, sarebbero due personaggi tutt’altro che secondari: Luciano Scipione (già indagato e poi assolto per lo scandalo della cooperazione negli anni novanta) e Luciano Pucci, un ex manager Telecom che dopo essere stato consulente del ministero dell’interno è ora a capo della Seicos, la società di Finmeccanica in pole position per rilevare il grande business delle intercettazioni telefoniche.
Tra le carte sequestrate nel 2006 nell’ufficio di via Nazionale che secondo i pm milanesi provavano le attività abusive svolte in via Nazionale, oltre a quelle su De Gennaro, molte riguardavano Romano Prodi. I dossier risalivano al 2003 e miravano a mettere in cattiva luce il futuro rivale di Berlusconi su due vecchie vicende: Telekom Serbia e il caso Cirio-Bertolli-De Rica. La cessione del polo alimentare pubblico nell’epoca in cui Prodi era presidente dell’Iri, era stato oggetto di un’inchiesta chiusa con un’archiviazione nel 1999. Ma Pompa conservava tutti gli atti giudiziari che potevano imbarazzare il professore, reperiti chissà come. Proprio il 5 maggio del 2003 Silvio Berlusconi aveva attaccato il suo futuro rivale sulla cessione della Cirio nell’aula del processo Sme, durante la sua audizione. E Prodi era stato costretto a pubblicare sul sito dell’Ue una replica (conservata nell’archivio di via Nazionale). L’altra operazione nel mirino del Sismi era l’acquisizione della società serba di telecomunicazioni, avvenuta quando Prodi era presidente del consiglio nel 1997, e al centro di un’inchiesta giornalistica pubblicata da Repubblica nel 2001. Quando era stato assunto con la benedizione di Berlusconi, nello staff del capo del Sismi come consulente, nel novembre 2001, Pompa aveva scritto al Cavaliere: “Voglio impegnarmi a fondo nella tutela e difesa della straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza. Sarò, se lei vorrà anche il Suo uomo fedele e leale”. Non c’è da stupirsi poi se questo funzionario che si proclama servo di chi lo ha assunto e non servitore dello Stato, raccoglie dossier contro Prodi sul caso Telekom Serbia.
A stupire è invece il metodo. Giornali amici, servizi deviati e commissioni parlamentari si muovano come un sol uomo per infangare i rivali del Cavaliere. Nel febbraio del 2002 “Libero”, diretto da Vittorio Feltri apre a tutta pagina con il titolo: “Milosevic parla, l’Ulivo trema”. Pompa prende spunto dall’editoriale di Renato Farina (consulente retribuito dal servizio) per scrivere: “Non a caso l’editorialista sottolinea di volersi riferire agli affari intrattenuti con l’ex presidente ‘dagli italiani e più precisamente dal governo Prodi’. Governo di cui faceva parte “Carlo Azeglio Ciampi, il quale è materialmente il ministro che versò i denari”. Pompa cita l’“asse Prodi-Micheli” per poi elencare i manager Stet al centro dell’Affaire. Manager che poi ovviamente saranno tutti convocati dalla commissione parlamentare diretta dal centrodestra. Pompa già allora dettava la linea: “I vertici di Stet International e della Telecom, da indiscrezioni, risultavano informati che il contratto corrispondeva formalmente a 1.500 miliardi mentre di fatto ne sarebbero stati versati 2.500”. Tutte cifre poi smentite dalle inchieste. Ma buone per far girare il ventilatore della calunnia.

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