ANTONIO DI PIETRO
23 Febbraio 2010
Il balletto pre-elettorale è penoso e appare una macabra danza della morte sul cadavere della politica. Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha una concezione dell’amministrazione pubblica e della politica simile a quella del Gioco dell’Oca, dove “se cadi nel pollaio, salti il turno”.
Infatti sostiene che chi è condannato in terzo grado per reati contro la pubblica amministrazione non debba essere candidato “per 5 anni”: è cerchiobottismo elettorale.
Alfano, come diretto dipendente del Premier, sa benissimo che se la proposta di Fini passasse, il Pdl si fermerebbe subito.
Fini sa altrettanto bene che il sistema clientelare fittissimo su cui viaggia il partito, di cui è co-fondatore, non si basa su valori ideologici ed etici ma esclusivamente sul voto di scambio e su una rete clientelare che ha radici tanto nella criminalità organizzata quanto nel sistema economico, finanziario e lobbistico italiano. Se questa rete venisse messa in discussione, il consenso di Berlusconi crollerebbe verticalmente. Per capirci: senza i Cosentino, i Fitto, i Dell’Utri, i Miccichè, Forza Italia, oggi Pdl, non esisterebbe nemmeno. E’ per questo motivo che io preferisco il giudice Nicastro, al suo indagato, Fitto. E’ per questo che Fitto non potrebbe stare un sol giorno nell’Italia dei Valori, mentre Berlusconi ne ha bisogno per supportare Palese.
La politica non è un gioco, né una professione in sé. Ci sono milioni di persone oneste in Italia che sono da preferirsi a qualsiasi condannato, a qualsiasi rinviato a giudizio e perfino a molti degli intercettati, non ancora rinviati a giudizio, ma semplicemente perché hanno tenuto comportamenti inadatti a gestire e collaborare con l’amministrazione pubblica e lo Stato.
La politica non è una professione da sposare per trent’anni né un parcheggio per amici dentisti e avvocati personali. Il politico ideale è una figura che nasce dalla società civile prestata allo Stato per un tempo limitato e non a vita.
Questo concetto di politica ha due vantaggi fondamentali: il primo consente un più facile ricambio generazionale nel Paese, governato oggi dai capelli bianchi; il secondo impedisce che il tempo possa favorire il consolidarsi di una rete di connivenze che, oltre a distogliere illegalmente risorse pubbliche alla comunità, soffochi il tessuto imprenditoriale locale e nazionale.
Montezemolo e Marcegaglia hanno parlato della corruzione prendendone le distanze e ignorando che è il sistema di cui sono alla guida che presenta questa malattia. Una parte della platea di Confindustria, che non ha aperto bocca quando si trattava di approvare lo scudo fiscale di Tremonti, che ha applaudito l’attacco di Berlusconi ai giudici, è oggi corresponsabile del degrado del rapporto tra politica e tessuto economico del Paese.
Da loro avremmo voluto sentire parlare di giustizia e di competitività del sistema, di fuga degli investimenti esteri e di multinazionali dal Paese, di corruzione e di strozzinaggio politico più spesso e prima che il problema emergesse in tutta la sua dimensione.
L’Italia dei Valori ha presentato, già all’inizio di questa legislatura, un disegno di legge nel quale si stabilisce che coloro che sono stati condannati non possono essere candidati, le persone rinviate a giudizio non possono ricoprire incarichi di governo e gli imprenditori che hanno commesso reati contro la pubblica amministrazione non possono più partecipare a gare pubbliche. Regole-base che noi abbiamo adottato per le liste dell’IdV. Ben venga se ora qualcuno è disposto ad approfondire e prendere provvedimenti reali per risolvere alla radice la questione, anche se, per ora, chi è parte del problema continua a definire “giustizialista” questa visione di una politica pulita.
PS: solidarietà all'avvocato ed ex-parlamentare An Enzo Fragalà rimasto ferito gravemente i seguito ad una vile aggressione messa a segno questa sera da uno sconosciuto nei pressi del suo studio legale al centro di Palermo.
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