Il quadro della situazione, brutalmente, lo descrive un passaggio del «Mattinale» di ieri, il bollettino riservato di commento alla rassegna stampa preparato per il premier a palazzo Chigi: è in atto un’offensiva di «magistratura e centrosinistra», soprattutto sul caso Lombardia e gli arresti eccellenti degli ultimi mesi, per «dare l’impressione che c’è un sistema che funziona solo a suon di bustarelle». E le conseguenze di quello che sta succedendo, dallo scandalo Bertolaso al caso Verdini, dalle tangenti di Pennisi agli appalti sospetti, sono gravi: «Si rischia — segnalano i collaboratori del premier — che la situazione degeneri pesantemente, al punto da condizionare la campagna elettorale e il risultato del Pdl».
È dunque questa la vera emergenza che Silvio Berlusconi si trova ad affrontare: il rischio che sia alle porte una «nuova Tangentopoli», o che comunque si faccia strada ormai questa convinzione tra gli italiani. Il rischio che il malumore per una classe politica che, come dimostrano i sondaggi, viene percepita sempre più lontana, privilegiata, smodata negli atteggiamenti pubblici e privati, finisca per penalizzare governo e maggioranza. Il rischio infine che, si è sfogato il premier in una delle sue tante telefonate di ieri, «casi di corruzione spicciola, di piccole volpi colte a rubare nel pollaio» facciano perdere consensi anche «a me che non ho mai rubato una lira». Furioso, preoccupato, amareggiato, è di questa nuova «questione morale» che il premier da Arcore ha parlato ieri a lungo e a fondo con i suoi più fedeli collaboratori.
Perché, ameno di un mese e mezzo dalle Regionali, il terremoto provocato dalle inchieste incrociate o distinte che toccano i massimi gangli del potere del partito e del governo — dalla giunta milanese al vertice della Protezione civile, al coordinamento del partito nella persona di Denis Verdini— non può non preoccupare seriamente il premier. Che pure continua a pensare ad un attacco preordinato, ad una «giustizia ad orologeria», che difende ancora Bertolaso sul quale non gli sembra siano usciti fatti penalmente rilevanti, ma che sa benissimo come l’aria sia sempre più pesante, e sa altrettanto bene come tanti nel Pdl ormai si chiedano «fino a quando Bertolaso potrà resistere senza dimettersi». Come reagire? «Bisogna far capire che si tratta di singoli casi di corruzione, di singole persone che sbagliano, non di un sistema generalizzato come quello di Tangentopoli», è stato il refrain del Cavaliere, peraltro su questo punto in linea con Gianfranco Fini.
Una linea che verrà adottata da tutti e da lui stesso, che ieri ha voluto partecipare a una cena per la raccolta di fondi per il partito lombardo a villa Gernetto (e qui secondo alcuni partecipanti avrebbe difeso Guido Bertolaso: «È un galantuomo»), e che oggi presenterà le candidate presidenti delle Regioni. Ma nessuno sa se basterà a fermare la marea montante che — temono nel Pdl— potrebbe «non fermarsi qui». Si sussurra infatti di un allargamento dell’inchiesta di Firenze a vette inimmaginabili, si teme un coinvolgimento di altri personaggi di spicco nell’inchiesta milanese, il che potrebbe addirittura mettere in dubbio — dicono gli amici più stretti del Cavaliere— la vittoria nella blindatissima Lombardia.
Per questo tutti chiedono a Berlusconi di prendere in mano la situazione: mettendo in riga i vertici del partito milanese, non limitandosi ad attaccare la magistratura che perseguita il centrodestra perché stavolta ci sono le intercettazioni che parlano da sole, ci sono le foto che provano. E soprattutto, bisogna subito dare corpo all’operazione «liste pulite», come ha promesso
Paola Di Caro
16 febbraio 2010
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