"L'elezione del senatore Nicola Di Girolamo è stata fatta anche attraverso il contributo determinante di una famiglia della 'ndrangheta, in particolare la famiglia Arena di Isola di Capo Rizzuto". Con queste parole il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, ha dato la notizia del coinvolgimento del parlamentare del Pdl eletto nella circoscrizione estera Europa, nell'operazione Broker contro il riciclaggio condotta dal Ros e dalla Guardia di finanza, per cui è stato disposto l'arresto nei confronti di 56 persone (tra le quali anche Silvio Scaglia, ex amministratore delegato di Fastweb). Anche per Di Girolamo è stato chiesto l'arresto.
E non è la prima volta. Questa, per il senatore, è la seconda richiesta di una misura cautelare sempre legata a pesanti illeciti elettorali. Subito dopo l'elezione vennero contestate grosse irregolarità e contro di lui arrivò anche il ricorso del primo dei non eletti del Pdl. Ma furono proprio i senatori del Pdl che lo difesero fino alla decisione di rinviare ogni atto alla conclusione in giudicato del processo.
Ora il gip ha inviato una nuova richiesta alla giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato. Per Di Girolamo l'accusa è quella di violazione della normativa elettorale, con l'aggravante mafiosa prevista dall'articolo 7 della legge del '91. Il senatore è anche accusato di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio transnazionale, per aver fatto parte di un gruppo criminale che, tra il 2003 e il 2006, avrebbe riciclato oltre 2 miliardi di euro.
Avvocato e imprenditore, Di Girolamo è nato il 25 giugno 1960 a Roma e risiede a Bruxelles. E' stato eletto a Palazzo Madama alle ultime consultazioni politiche del 2008 ed è componente della commissione Esteri e del comitato per le questioni degli italiani all'estero. In particolare, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la stessa elezione del senatore sarebbe stata sostenuta da persone legate alla malavita.
Uno dei principali datori di lavoro dell'avvocato-senatore - ha continuato il capo della procura nazionale antimafia presente alla conferenza stampa, Piero Grasso - il signor Gennaro Mokbel, legato in passato ad ambienti della destra eversiva, era uno dei catalizzatori dell'operazione di riciclaggio con le società di tlc. "Nel corso delle passata campagna elettorale, le indagini hanno documentato che esponenti della 'ndrangheta si sono recati in Germania, nel collegio di Stoccarda, ed hanno raccolto i certificati elettorali dei nostri immigrati. In questo modo hanno poi espresso i voti in favore di Di Girolamo. E' uno dei profili più inquietanti che sono emersi da questa indagine".
Mokbel, dopo aver assunto l'incarico di segretario regionale del Lazio del movimento 'Alleanza Federalista', a seguito di contrasti con i vertici nazionali, si è fatto promotore di una nuova piattaforma politica denominata 'Partito Federalista', con sedi in diversi municipi del comune di Roma, attribuendo ad alcuni sodali incarichi di responsabilità. In occasione delle elezioni politiche dell'aprile 2008, Mokbel ha lavorato per conto dell'avvocato Di Girolamo, suo stretto collaboratore, già utilizzato per la costituzione delle società internazionali di comodo funzionali al riciclaggio. Dalle indagini si è scoperto che si sono tenute alcune riunioni ad Isola di Capo Rizzuto, con esponenti della 'ndrangheta, per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Agli incontri, oltre a Di Girolamo e Mokbel, avrebbero partecipato esponenti della cosca Arena, tra cui il reggente Fabrizio Arena e Franco Pugliese, già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Nell'occasione, Pugliese avrebbe incaricato una persona di sua fiducia affinché si mettesse a disposizione di un emissario del gruppo Mokbel per sovrintendere nel distretto di Stoccarda alle fasi finali della propaganda e alla materiale compilazione delle schede elettorali recuperate dagli emigrati italiani. Secondo gli investigatori, il gruppo era riuscito ad appropriarsi di un cospicuo numero di scehede elettorali di quel distretto, sulle quali aveva fraudolentemente espresso la preferenza per Di Girolamo, inviandole successivamente al competente Consolato italiano.
Dopo la sua elezione, la procura ha avviato un procedimento parallelo per verificare la regolarità delle operazioni di voto e il possesso del requisito indispensabile della residenza in Belgio da parte del neo senatore. In dettaglio all'indirizzo belga indicato nel modulo di autocertificazione di accettazione della candidatura, il parlamentare non risultava avere alcuna residenza. Ecco perché il 7 giugno del 2008 il gip aveva emesso nei confronti di Di Girolamo una misura cautelare, con contestuale richiesta di autorizzazione agli arresti domiciliari, alla Giunta delle elezioni e delle Immunità. Autorizzazione negata dalla Giunta e dall'Aula del Senato.
Contemporaneamente il Senato ricevette un ricorso da parte del primo dei non eletti nella circoscrizione Europa, Raffaele Fantetti sempre del Pdl, il quale richiedeva al Senato di valutare la legittimità della candidatura e quindi dell'elezione di Di Girolamo. La questione venne dibattuta in un giudizio pubblico dalla Giunta (il senatore era difeso dall'avvocato Taormina) e il procedimento si concluse con una delibera che proponeva all'Aula del Senato di dichiarare decaduto Di Girolamo.
In Aula il dibattito ci fu il 29 gennaio 2009. Ma in Senato ci fu una netta levata di scudi da parte del Pdl in difesa del collega: "Approvando con una votazione a scrutinio segreto un ordine del giorno presentato dal senatore De Gregorio (PdL) e da altri senatori in difformità dalle conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari - si leggeve in un comunicato di Palazzo Madama - il Senato ha deliberato di rinviare, fino a quando non sia stato conseguito un accertamento con autorità di cosa giudicata sui fatti oggetto del relativo procedimento penale, l'annullamento dell'elezione del senatore Nicola Di Girolamo". In sintesi venne deciso di rinviare gli atti alla Giunta affinché la prosecuzione dell'attività di verifica fosse subordinata all'esito del processo, una volta passato in giudicato. Oggi, quella del gip Morgigni è una seconda misura cautelare che non sarà eseguita.
(23 febbraio 2010)
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