martedì 9 febbraio 2010

SCARTATO, COME FALCONE


La mancata elezione di Roberto Rordorf al ruolo di Presidente della Corte d’Appello di Milano

di Bruno Tinti

Nel 1987 il CSM doveva scegliere il nuovo capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo. Tra i candidati c’era Giovanni Falcone. Venne scelto Antonino Meli, più anziano di Falcone, magistrato di Cassazione e Presidente di sezione di una Corte d’Appello. Esperienza in fatto di criminalità mafiosa zero. Tutta l’attività investigativa del pool antimafia ebbe una battuta d’arresto e, poco dopo, Meli smantellò il pool di Falcone che si trasferì al Ministero della Giustizia. Il 3 febbraio di quest’anno il CSM ha scelto il nuovo Presidente della Corte d’Appello di Milano. Si tratta di un incarico di grande importanza: Milano è il distretto giudiziario in cui si concentrano i processi più delicati ed importanti in materia civile e penale per quanto riguarda l’economia; è anche il distretto in cui si sono concentrati e si concentreranno i processi concernenti Berlusconi, sia in materia civile che penale.

Anche qui c’erano molti candidati e tra questi Renato Rordorf. Naturalmente questo magistrato non ha la notorietà che ebbe Giovanni Falcone perché egli si è sempre occupato di diritto dell’economia: bancario, finanziario, societario, fallimentare; e non si tratta di materie che appassionano il grande pubblico né le cronache se ne occupano con frequenza. Così due parole su Rordorf vanno spese: è il maestro dei giuristi che si occupano di questa materia; ed è stato il riferimento dei magistrati italiani in genere e milanesi in particolare in ogni processo di questo tipo; è stato chiamato a far parte di Consob, dove è rimasto 5 anni; ha scritto libri fondamentali in diritto dell’economia ed ha partecipato a incontri nazionali ed internazionali di altissimo livello. Insomma una persona di valore straordinario e di competenza giuridica eccezionale. Ma anche un magistrato di grande esperienza, per anni giudice in Cassazione, dopo la consueta carriera in Tribunale e Corte d’Appello.

Il CSM ha deciso che il nuovo Presidente della Corte d’Appello di Milano sarà Ignazio Marra, già Presidente di sezione di Tribunale e di Corte d’Appello e, per 6 mesi, Presidente di Corte d’Appello a Brescia. Un magistrato onesto e diligente. Proprio come Antonino Meli.

Che è successo? Credo si possano ipotizzare tre scenari.

La maggioranza del CSM era convinta che Marra fosse più idoneo di Rordorf per l’incarico in questione. Il profilo professionale dei due candidati non consente di ritenere fondata questa ipotesi. La nomina di Marra è stata il frutto di logiche “correntizie”. Come tutti sanno, il CSM è composto da magistrati che appartengono, tutti, nessuno escluso, ad una delle 4 “correnti” in cui è divisa la magistratura: Unità per la Costituzione, Magistratura Indipendente, Magistratura Democratica, Movimento. Quando si tratta di decisioni importanti, e la nomina del Presidente della Corte d’Appello di Milano è importantissima, le “correnti”si schierano: ognuna appoggia il suo candidato, in una logica di appartenenza che può essere definita in un solo modo: clientelare. Le correnti vivono per questo, in un perverso circolo vizioso: acquisiscono consenso dimostrando la propria capacità di “premiare” chi glielo ha concesso. Maggiore è il consenso, maggiore è la possibilità della corrente di assistere il magistrato nei momenti importanti della sua vita professionale, trasferimenti, promozioni, procedimenti disciplinari. E, ovviamente, la “vittoria” nella competizione con le altre correnti in occasione di una nomina prestigiosa è evento che garantisce ulteriore consenso per il futuro. Tutto questo pare avvenuto nel caso della bocciatura di Rordorf. A favore di Marra hanno votato Unità per la Costituzione e Magistratura Indipendente (con due eccezioni, Berruti per la prima e Patrono per la seconda); a favore di Rordorf, Magistratura Democratica e Movimento.

E che l’ipotesi non sia poi peregrina è confermata dalle parole dello stesso Berruti, in contrasto con la sua corrente, che ha così motivato il suo dissenso (benedetta Radio Radicale che segue in diretta i lavori del CSM): “Credo di dovervi dire con chiarezza che la spinta verso Marra risponde anche, non dico esclusivamente, ma anche ad una diffusa domanda di riequilibrio dei direttivi di Milano. Il riequilibrio. Perché, a fronte di nomine già avvenute e di altre da venire, le quali sono, o si immaginano, di una certa caratura culturale, si chiede che la nomina di oggi debba avere una caratura, appunto, equilibratrice”.

Per i non addetti ai lavori, un discorso incomprensibile; ma proviamo a tradurlo. Nel distretto di Milano, dice Berruti, ci sono capi di uffici che non appartengono ad Unità per la Costituzione; altri presumibilmente saranno nominati nel prossimo futuro, e anche questi, da quanto si sa, non apparterranno ad Unità per la Costituzione. E allora basta; adesso il Presidente della Corte d’Appello di Milano deve essere un UNICOST (come si chiamano in gergo); e quindi si vota Marra. E, dice Berruti, io a questa logica non ci voglio stare. C’è una terza ipotesi: le pressioni politiche. Ne ha parlato un altro consigliere del CSM, Pepino, senza fare nomi. E però non può escludersi che qualcosa di vero ci sia. Rordorf è ciò che si dice un magistrato rigoroso. Né potrebbe essere diversamente: uno scienziato applica i principi della scienza di cui è maestro; e li applica senza curarsi delle persone, degli ambienti, delle forze che vengono in gioco. E Milano è un distretto complicato sotto il profilo del diritto dell’economia. È possibile che avere Rordorf come Presidente della Corte d’Appello che deve trattare, per non dirne che uno, il processo CIR-Finivest, non sia uno dei sogni più belli della maggioranza.

Alla fine restano depressione e rabbia. Sono passati 23 anni da quando Falcone venne ritenuto non idoneo (ma pensate un po’) ad essere il capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo; e siamo sempre allo stesso punto. E’ difficile essere ottimisti. Ma soprattutto: come può la magistratura, in momenti come questi, farsi male da sola?

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